Dopo due settimane di vacanza ritorna Servizio pubblico e si cimenta su un problema cruciale, niente meno che lantipolitica. Michele Santoro, bontà sua, esordisce con un paragone tra la vecchia nomenklatura dellUnione Sovietica che stava implodendo e quello che sta avvenendo nella Lega Nord. Parte con un panorama ampio il teleguru: Cè un governo di tecnici che a me pare un poco di destra, però è sostenuto dalla sinistra. Siamo solo al prologo di una trasmissione, che sotto diverse testate e con diversi nomi è stata uno dei templi italiani dellantipolitica in questi ultimi 25 anni. E infatti Servizio pubblico non si smentisce neppure questa volta.



Dopo il prologo irrompe sullo schermo una predica di Beppe Grillo, leffetto più macroscopico dellantipolitica militante, che sta invadendo lelettorato italiano. Il prodotto dello schematismo più volgare, lasciato crescere da una sinistra moribonda fin dallinizio degli anni Novanta. Per fortuna che qualche anticorpo anche in Servizio pubblico esiste. Parla infatti il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che in soldoni spiega che non è Grillo il problema, ma sostanzialmente i partiti che sembrano fuori dalla realtà, che sono oggetto di una critica ormai spietata da parte dellopinione pubblica.



solo uno sprazzo di lucidità nellaeropago di personaggi che di fatto hanno fatto il tifo per abbattere la prima repubblica, per creare o sperare di creare una virtuosa seconda repubblica che doveva risolvere quasi tutti i problemi italiani. Nessuno dei presenti si ricorda di quello che ha detto e sostenuto anni fa. Non i politologi Giovanni Sartori e Ilvo Diamanti, non i maestri della casta, un business editoriale di vasta portata, come Gianantonio Stella e Sergio Rizzo, non Norma Rangeri, barricadiera solitaria de Il Manifesto.

Hanno la memoria cortissima. Erano felici quando franò la classe dirigente della prima repubblica, addirittura euforici e festaioli quando è andato a casa Silvio Berlusconi, mentre festeggiavano con caroselli per le strade. Ora sembrano che stiano gestendo il funerale della seconda repubblica, quella della speranza purificatrice. Sono tramortiti dalle tasse del governo dei tecnici di Mario Monti, sono impauriti dal successo mediatico e probabilmente elettorale di Beppe Grillo che, secondo vecchio schema bolscevico e comunista, era un utile idiota da usare, ma che adesso è da scaricare. Questa è limpressione che fornisce la sinistra.



Uno dei tecnici della politologia (ormai siamo arrivati anche a questo) dice che il 60% degli italiani è talmente deluso che, effettivamente, vorrebbe un uomo forte. Lo dice con tranquillità, probabilmente non rendendosi nemmeno conto di che cosa significhi la richiesta popolare di un uomo forte. Forse studiando un poco la storia, potrebbe comprenderlo e lanciare un allarme, magari anche tecnico.

Guardando “Servizio pubblico” in verità, ci si rende conto del cortocircuito che ha investito la società italiana da venti anni a questa parte. Tolto Berlusconi dalla circolazione politica, non c’è più neppure uno schema di informazione militante. Ci sono solo cronache fatte di ondate di scandali (usando anche i cartoons per ricostruire i regolamenti di conto all’interno della Lega Nord, che era il “piatto forte” della serata), non c’è più neppure un’idea politica da appoggiare mediaticamente.

Va in onda la cronaca di uno sfascio con alla regia degli sfascisti di lunga militanza. Il “centro di gravità permanente” della trasmissione resta sempre l’impareggiabile Marco Travaglio, che puntigliosamente e didascalicamente ripercorre la storia del finanziamento pubblico, sotto varie forme, ai partiti dal 1993 a oggi. Mette tutto nel “calderone”, Travaglio, orientato più contro la sinistra che contro la destra. In questo si dimostra il più onesto, o il più ottuso antipolitico che tira la volata a Beppe Grillo.

Che significato possa avere una trasmissione simile non è dato sapere. Ognuno può ovviamente mettere in onda qualsiasi cosa gli venga in mente, può sposare qualsiasi causa. Ma non si riesce a comprendere perché si debba far passare “Servizio pubblico” come uno dei punti centrali di informazione politica. Che in questi momenti potrebbe essere ben diversa. Lo spaccato di un malcostume dilagante, di una corruzione radicata, dovrebbe essere l’antefatto per analizzare una disarticolazione politica che è ormai dilagante, per analizzare l’incapacità dei partiti a confrontarsi su problemi reali, su idee e soluzioni rispetto alla crisi sistemica, totale, che stiamo vivendo.

L’impressione che invece si ricava da “Servizio pubblico” è quella che in questa disarticolazione, che non viene nemmeno esaminata, ci si sguazza, quasi ci si diverta. A questo punto qual è lo scopo informativo? Il ritratto, molto di parte, di una confusione generale che alla fine fa solo il gioco dell’antipolitica militante. Come sempre, un intrattenimento di bassa lega.