L’intervista a Marco Pontecorvo – Una vera e propria strage silenziosa che ogni anno miete vittime: è la violenza sulle donne. Questo è il tema di quattro film dautore trasmessi da Raiuno in prima serata, nel ciclo Mai per amore. Quattro storie che trattano di stalking, violenza, maltrattamenti e prostituzione, trasposti da tre noti registi: Liliana Cavani, Marco Pontecorvo e Margarethe Von Trotta. già stato trasmesso martedì 27 marzo il primo film, Troppo amore con Antonia Liskova e Massimo Poggio diretti da Liliana Cavani. Oggi sarà invece la volta di Ragazze in web con Carolina Crescentini e Francesca Inaudi per la regia di Marco Pontecorvo che ha diretto anche lultimo degli quattro film, Helena e Glory con Barbora Bobulova e Thomas Trabacchi in onda martedì 17 aprile. Il terzo episodio La fuga di Teresa con Stefania Rocca e Alessio Boni, in onda il 10 aprile, è stato, invece, affidato a Margarethe Von Trotta.  Abbiamo sentito in esclusiva per Il Sussidiario.net il regista Marco Pontecorvo.

Cosa l’ha spinta a sposare un progetto che tratta di un tema così forte, ma così presente nella società di oggi: la violenza sulle donne?

 un tema troppo spesso trascurato, ma molto importante e che va portato alla luce. Se ne deve parlare, discutere e questo spero che serva. Ad esempio, nel mio primo film Parada, si raccontava di un clown francese che salvava due bimbi che vivevano nelle fogne. incredibile che una cosa così folle potesse accadere nella nostra civilissima Europa. Ecco, la violenza sulle donne, in tutte le sue forme, è la stessa cosa. Mi provoca la stessa indignazione.

In particolar modo i due film di questa serie che lei ha diretto trattano dei pericoli della rete, troppo spesso ignorati dai più giovani, e del racket della prostituzione.

Il primo film Ragazze in web parte dalla rete, pensando falsamente che uno schermo ti possa proteggere, ma non solo. Questo gioco, se così si può chiamare, provoca una sorta di sdoppiamento della personalità che confonde il vero io e lio virtuale che si spoglia in rete per comprarsi vestiti di marca. Limpressione che investe le protagoniste, interpretate da Crescentini e Inaudi, è che la propria dignità non venga, quindi, mai compromessa. Addirittura, una delle due ragazze esce dalla rete per diventare quella che oggi chiamiamo escort. In realtà è una prostituta tanto quanto il personaggio della Bobulova nel secondo film. Questo è uno dei punti di contatto fra le due storie che, sembrano a prima vista, così diverse.

Di cosa si parla in “Helena e Glory”?

Di un altro tema molto presente nelle nostre cronache: il racket della prostituzione, in genere perpetrato su ragazze più giovani. Noi, invece, abbiamo voluto una protagonista più adulta e con una storia particolare: questa donna, arrivata in Italia per cercare lavoro, è costretta a prostituirsi e ha avuto un figlio da quello che pensava un amore e invece è diventato il suo aguzzino. La butterà sulla strada, rubandole il passaporto e usando suo figlio come arma di ricatto.

Un film dove, fra laltro, impegno sociale e giallo si mescolano.

Esattamente. È un film a doppio binario: inizia con una misteriosa donna che cade da una finestra. Non è dato sapere, se non più avanti come un puzzle che si ricompone, se si è buttata o è vittima di qualcuno. Su questo indagherà l’ispettore, Thomas Trabacchi. Dall’altra parte, c’è la vicenda di questa donna che tenta disperatamente di liberarsi dai suoi  “carcerieri”.

Forse nel secondo film è più chiara la distinzione fra vittima e carnefice. Nel primo, invece, secondo lei, a chi vengono attribuiti questi due ruoli?

Il secondo film in fase di lavorazione presentava meno insidie: forse si poteva sbagliare adottando un registro troppo melodrammatico, ma è subito chiaro chi è il cattivo. Nel primo, invece, la ragazza universitaria che si vende sul web per comprarsi paia e paia di scarpe firmate può essere considerata una vittima, non solo di un hacker che la molesterà, ma di una società che rende indispensabili cose che non lo sono affatto. Dall’altra parte, può essere considerata carnefice di se stessa. L’importante era non giudicarla e lasciare che a farlo sia il pubblico.

C’è un rapporto di amicizia particolare che mescola complicità ma anche gelosia fra le due ragazze, diverse nella vita ma anche negli affetti.

Rappresentano due solitudini che si incontrano. C’è un rapporto troppo intimo per due ragazze fondamentalmente solitarie che bruciano le tappe in un’amicizia, che non si è ancora sviluppata, e che è troppo immatura. Si ritroveranno più avanti deluse e scottate dalle circostanze e si salveranno grazie proprio alla loro amicizia.

Come ha preparato le attrici Francesca Inaudi, Carolina Crescentini e Barbora Bobulova?

Abbiamo discusso molto sulla sceneggiatura correggendo in corsa alcuni dettagli e cucendo i personaggi sulle loro intuizioni. In particolar modo, con Carolina abbiamo visitato i siti di queste web-girl, le abbiamo contattate e ci siamo fatti raccontare le loro vite.

È stato complicato rendere in prima serata su Raiuno un tema che mette in mostra, per forza di cose, la fisicità delle due protagoniste?

Soprattutto il film del web, che per assurdo, sarà quello senza bollini. Mentre quello con la Bobulova mostrerà esplicitamente violenza fisica, incensurabile perché parte integrante del suo incubo, per l’altro film andava trovata una chiave per alcune scene troppo scabrose. Abbiamo reso esplicito ciò che non abbiamo comunque mostrato: in alcuni casi l’immaginazione colma maggiormente il gap suggerendo o ammiccando situazioni particolari. In questo Carolina è stata bravissima. 

 

(Federica Ghizzardi)