Quello che (non) ho, ultima puntata, monologo di Roberto Saviano (video) In occasione della terza e conclusiva puntata di Quello che (non), programma ideato e condotto con Fabio Fazio, Roberto Saviano ha regalato al pubblico diversi momenti carichi di emozione. Lo scrittore ha innanzitutto letto un passo dell’intervista realizzata da Gianni Minà ad Antonino Caponetto. Ricorre quest’anno il ventesimo anniversario della strage di Capaci, in cui perse la vita il giudice Falcone, e sempre nello stesso anno la mafia decise di eliminare anche Borsellino. Il magistrato Caponetto, 4 anni dopo la strage di Capaci, risponde alle domande di Minà raccontando alcuni aspetti della vita di Falcone che forse in pochi conoscevano. Un giorno, mentre parlavano al telefono, Falcone gli disse di essere felice perchè aveva ricevuto in regalo un’agenda elettronica, una cosa preziosissima per lui. Perchè? Perchè sopra ci avrebbe scritto tutto: il suo lavoro non doveva avere segreti e voleva che tutti sapessero quello a cui stava dedicando la sua vita. Ma qual è stata la vita di questo magistrato, che è morto per l’amore verso il suo paese? Si è trattato di delegittimazioni, questa è la convinzione di Caponetto. Falcone doveva sempre difendersi da tutti e dimostrare di essere uno che il suo lavoro lo faceva bene. L’incarico a Roma doveva salvarlo da quella che era diventata una vera e propria “tagliola palermitana”. Lui non ha pensato ad altro che a servire lo Stato: questo è quello che ha fatto per tutta la vita, mettere al primo posto il suo lavoro. Mai ha reagito di fronte alle ingiustizie eppure di motivazioni per farlo ne avrebbe avute davvero tante; mai una polemica, mai un dissapore nonostante tutti gli remassero contro. Neppure la stampa lo ha mai aiutato: i giornalisti lo hanno sempre attaccato ma lui mai si è ribellato a questo, almeno mai con la polemica. Ha sempre reagito con il silenzio, quello degli uomini dignitosi. Caponetto parla poi di Borsellino e del fatto che lui sapesse di essere il prossimo bersaglio della mafia. Lo aveva capito tanto da chiamare il suo confessore e chiedere comunione e confessione, visto che sapeva che presto anche per lui il tritolo sarebbe entrato in funzione. “Non so cosa siano stati per me Falcone e Borsellino, ma credo siano stati la parte più importante della mia vita”. Queste le parole lette da Saviano. Eternit è una delle parole che ha deciso di spiegarci Saviano nella terza puntata del programma. Per farlo parte dalla seconda guerra mondiale, da quello che gli aerei vedevano dal cielo. Una macchia bianca: era Casale Monferrato e quella macchia bianca erano le polveri di amianto. Queste polveri sono state prodotte dall’Eternit dal 1906 al 1986 da una industria che produceva manufatti di amianto e cemento. Ma cos’è davvero l’eternit? Pensare che la parola viene dal latino e vuol dire eternità: è un pò quello che è davvero l’eternit. Qualcosa di indistruttibile che non sarà piegato dal passare del tempo, dagli agenti atmosferici o da altro. Quante cose che incontriamo nella nostra vita sono fatte di Eternit? A volte magari non ci facciamo caso eppure la fioriera che abbiamo sul balcone potrebbe essere fatta di questo materiale per non parlare degli stucchi o dei rivestimenti di palazzi. Abbiamo mai pensato che l’amianto potesse anche essere nei filtri delle sigarette? Forse no, ma l’amianto è davvero ovunque: dal sipario di un teatro in cui andiamo a vedere un’opera al tostapane che magari usiamo quotidianamente per preparare la cena. Davvero non si sapeva però che questa sostanza fosse pericolosa? Forse a qualcuno ha fatto comodo credere che l’amianto non fosse dannoso mentre invece entra lentamente nei tuoi polmoni e ti porta alla morte. Le polveri che non sono pericolose portano anche un tumore, eppure a Casal Monferrato tutti volevano lavorare all’Eternit pensando di avere un lavoro onesto e sicuro, non curandosi però del fatto che l’amianto avrebbe cambiato per sempre la loro vita. E pensare che in queste industrie l’amianto entrava senza troppi problemi, nelle fabbriche non c’era neppure nessun tipo di prevenzione. Eppure in quella fabbrica si muore, le polveri fanno morire. Laogai è l’altra parola che ha scelto Saviano per questo appuntamento. Per capire di cosa si tratta viene mostrato un tavolo che ha sopra ogni tipo di oggetto. “Tutto quello che vedete qui sopra potrebbe esser stato fatto in Cina, in un laogai”. Saviano sottolinea come forse la parola sia nota a pochi. Si tratta di campi di lavoro, una sorta di Gulag. In un laogai ci finisce chiunque si ribelli al governo, chi infrange la regola del figlio unico o chi è sospettato di un qualcosa.



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