Semplicemente incantevole. Il film, che nella sua dolce lentezza permette di sfiorare la fragilità di Marilyn. Michelle Williams, brava – anche se non perfetta come la Monroe – a fermare il tempo e a bucare damore lo schermo e lo sguardo di tutti, proprio come sapeva fare lei. A cinquantanni dalla morte dellattrice, Simon Curtis celebra lessenza della diva con un film biografico che non intende raccontare solo il mito Marilyn Monroe, ma il punto – e il modo – in cui Norma Jeane Baker e Marilyn Monroe si sono incontrate. Permettendo alla donna di trasformarsi in mito. E sottolineando che sì, è il mito Marilyn ad aver sfondato il grande schermo e gli obiettivi fotografici. Ma è solo il cuore di Norma Jeane ad aver dato anima alla leggendaria Monroe. Ad averla resa quello che è.

Per cui, è doveroso ammetterlo, si può tentare di criticare la performance attoriale di Michelle Williams, un tantino impacciata nelle prime scene e lontana dallinconsapevole malizia che le movenze della Diva conquistavano nel loro ondeggiare. Vien da chiedersi, però, se ci sia unattrice in grado di interpretare ciò che è inimitabile. Quindi, seppur con qualche sbavatura, un plauso alla Williams, convincente soprattutto nel rendere concreta e palpabile la fragilità di Norma Jeane.

Perché è questo il punto. Il cuore della storia. E la scelta del regista di render su pellicola ciò che Colin Clark – allepoca giovane addetto al guardaroba – affidò alla carta nel suo libro My week with Marilyn è quanto mai azzeccata e ben riuscita. Per diverse ragioni. Perché il film abbraccia e condivide laspetto, raccontato dal libro, più personale e intimo di Marilyn. E perché lo fa attraverso lo sguardo giovane e puro di Colin, chiave daccesso a questa vicenda, ambientata, come già il libro, nel 1956 sul set inglese de Il Principe e la Ballerina. Dove il giovane Colin Clark (Eddie Redmayne) arriva, fresco di studi, desideroso di lavorare nel mondo del cinema. E così, dopo varie ed efficaci insistenze, Sir Laurence Olivier (Kenneth Branagh) gli affida dapprima solo il ruolo di terzo aiuto regista. Poi, quando le riprese rallentano a causa dei capricci di Marilyn, limportantissimo compito di stare accanto allattrice. Soprattutto dopo la partenza – inattesa – per gli Usa di Arthur Miller, sposo della Monroe da appena tre settimane.

Noi spettatori, grazie a Colin, viviamo l’umanità di Norma Jeane in tutta la sua naturale e verace essenza, liberi dalle luci del set e dalle paillettes che vi gravitano attorno. Ingenui, in qualche modo, e smaliziati. Simon Curtis racconta a se stesso e a noi la vera Marilyn. Attraverso gli occhi del giovane Colin capiamo che cosa fece di Norma Jeane il mito che fu già anche in vita. Mito che fu per lei una meta e nello stesso tempo un rifugio, un’ancora di salvezza, un modo per scappare e sopravvivere. Una maschera costruita con precisione sulle sue qualità innate. Leggiadria, ingenuità, il suo bisogno di essere amata e che, nel personaggio, Marilyn nascondeva – o evidenziava – con un pennellata di rossetto rosso.

È bravo Curtis a sottolineare come proprio queste sue debolezze furono il punto di partenza nella creazione del mito. Ciò che rese Marilyn amabile e che a tutt’oggi la rende desiderabile sono proprio la sua sensualità e la sua leggera ingenuità, che hanno fatto trapelare una fragilità a tratti maliziosa. Tutto questo, però, appartiene alla maschera, ciò che l’ha resa eterna, la venere dell’amore, il sogno proibito. La donna da proteggere e salvare. Ed è ciò che ha mantenuto Norma Jeane in vita.

Il modo in cui Colin ama Marilyn, però, ci dice anche altro. Così come il fastidio con cui Sir Olivier la tratta, “schiacciato” e reso inerme da quelle che crede siano solo bizzarrie. Senza Norma Jane, senza di lei e i suoi vuoti, Marilyn Monroe non sarebbe mai esistita. Anzi, si illumina proprio quando la parte più dolce, solare, sbarazzina e sensuale di Norma Jeane emerge e sfonda la maschera che indossa.

È per questo che Marilyn merita di essere guardato. Perché non è una descrizione della carriera dell’attrice. Né della sua vita privata. È un assaggio di come i sogni e i desideri della bella ragazza di provincia si siano trasformati e abbiano preso forma nel mito di Marilyn Monroe. Facendo innamorare il mondo, da una parte, ma lasciandola in uno stato di progressiva solitudine, dall’altra.