Chi l’ha visto?: gli amici rivogliono Roberta Ragusa e si scava in un cimitero. A Chi l’ha visto, in onda ieri sera in diretta su Rai Tre, nuovi aggiornamenti sul caso di Roberta Ragusa, che a quanto risulta da nuovi indizi potrebbe essere nascosta in un cimitero non molto distante dalla sua abitazione. Federica Sciarelli si collega con San Giuliano Terme, dove un inviato racconta novità sul caso sullo sfondo dell’associazione “Amiche di Roberta”. Come spiega il giornalista, pare che il pm abbia dato l’ordine di cercare e scavare sul terreno di un cimitero non molto distante dall’abitazione di Roberta a Gello. Il motivo non è ancora chiaro, ma pare che un’intervista al marito Antonio Logli dei primi tempi della scomparsa della donna abbia portato alla luce che anch’egli aveva suggerito di scavare in quella zona. E poi, l’appello dell’associazione: “riportateci Roberta, viva o morta”. A Chi l’ha visto si affronta il caso della ragazza stuprata al di fuori di una discoteca a Pizzoli (l’Aquila): pare infatti che il ragazzo che ha compiuto l’atto ( il militare Francesco Tuccia) sia stato posto agli arresti domiciliari in quanto ritenuto non abbastanza pericoloso da ricompiere il fatto. Rosa, proprio per questo, ha deciso di lasciare l’Italia, viste le ingiustizie subite e il cambiamento che in lei questa storia ha creato. Pur non continuando a ricordare, infatti, questo tragico evento le ha cambiato la vita, e lei ne parla così: “non ricordo nulla di cosa è successo quella sera, ricordo solo una camicia bianca, poi il resto nulla. Fino a prima di entrare ricordo che siamo arrivati con la navetta davanti alla discoteca, siamo entrate, io e una mia amica, ci siamo messi a fare una fotografia e abbiamo usufruito della consumazione alcolica gratuita legata al biglietto. Dopodiché, un nostro amico ci si è avvicinato e ci ha dato un’altra consumazione in due. Che però il barista ha sbagliato a farci e ha fatto a doppio. Poi io ho perso il cellulare. Ma purtroppo non ricordo più nulla”. Poi, non tradendo l’emozione, la ragazza, a viso coperto, continua: “quando mi sono risvegliata ero in ospedale, e la dottoressa mi ha chiesto: sai cosa ti hanno fatto? Ed io cascavo tra le nuvole, anche perché ero sotto anestesia. E lei mi ha spiegato che mi hanno dovuto fare una ricostruzione vaginale ed anale. Ed io ho pianto, soprattutto quando sono arrivati i miei genitori. Ma ho pianto perché avevo bevuto, era più quella la mia paura davanti ai miei genitori”. Infatti, la ragazza continua a dire di non riconoscersi nella storia: “quando guardavo voi, e quando ho parlato con i magistrati, pensavo e continuo a pensare che la persona a cui è successa la vicenda non sia io. Non riesco a credere sia successo tutto a me”. Quindi, la ragazza ribadisce di voler trovare un po’ di tranquillità fuori dall’Italia, lontano dal caos mediatico. E una sua amica commenta la cosa con le seguenti parole: “è incredibile il fatto che si debba permettere i domiciliari per un animale come lo stupratore di Rosa. Gli hanno spento lo sguardo alla mia amica. Non è più la ragazza di prima”. Quindi, anche i genitori di Rosa (rimasti anonimi volutamente), fanno un appello in studio affinché sia fatta giustizia. L’ultimo caso trattato è quello di Palmina, ragazza bruciata viva a Fasano (Brindisi) nel 1981, all’età di 14 anni. Il motivo per cui la ragazza ha subito questo barbaro trattamento va ricercato in due uomini: Enrico Bernardi e Giovanni Costantini. Sarebbero stati loro due, più di venti anni fa, ad aver appiccato fuoco alla piccola, ritrovata dal fratello in bagno, agonizzante, e portata in ospedale. La trasmissione ripercorre la vicenda, già affrontata in diverse puntate, attraverso un video. Continua alla pagina seguente.
Nel video vi sono anche i momenti della confessione stessa di Palmina, quando, ridotta a un carbone, intubata e anestetizzata in ospedale, viene interrogata dal Pm sul letto di ospedale dell’Umberto I di bari, dove perderà la vita alcuni giorni dopo. Nella circostanza, la ragazza è riuscita a pronunciare solo poche parole: le prime due sono, appunto, “Giovanni ed Enrico”, dette con un filo di voce, mentre le altre sono semplici: “alcool e fiammifero”. Ma purtroppo, queste parole non contano per la corte d’assise di Bari, che ha si condannato gli uomini, ma che lo ha fatto solo per sfruttamento della prostituzione. Incredibilmente, come spiega la sorella Giacomina in studio, le testimonianze di Palmina non sono mai state credute attendibili da parte del tribunale, che ha obiettato spiegando come le parole della morente non possano essere ritenute lucide. L’appello è quello a riaprire un caso complesso, e a farlo è proprio la sorella e, in collegamento, il fratello.