Il titolo italiano fa pensare a una commedia, ma La mia vita è uno zoo è una storia drammatica che affronta un tema difficile, la difficoltà di ricostruirsi una vita e di crescere i figli dopo la morte della persona amata. Basato sul romanzo autobiografico di Benjamin Mee, il film diretto da Cameron Crowe ripercorre lavventura umana e professionale dello scrittore inglese, che ha comprato uno zoo per dare una svolta alla propria esistenza.
Il protagonista, interpretato da Matt Damon, è un giornalista specializzato in storie avventurose che, dopo avere perso la donna che amava, si ritrova da solo con il suo dolore e con due figli ancora piccoli. Sperando di restituire uno spiraglio di serenità alla famiglia con un nuovo inizio, Benjamin si licenzia dal giornale per cui lavora e decide di cercare una casa in campagna. Assecondando lentusiasmo della saggia (e adorabile) figlia minore, compra una vecchia casa con un parco immenso, Rosemoor, che in realtà è uno zoo in decadenza in cui vivono tigri, leoni, orsi, serpenti e pavoni.
Nonostante la mancanza di esperienza, lopposizione del secondogenito Dylan e le scarse possibilità finanziarie, Benjamin si lancia nellimpresa di riaprire il parco zoologico, contando sullaiuto della bella e determinata responsabile Kelly Foster (Scarlett Johansson) e del suo gruppo di custodi coraggiosi. Come diceva il poeta latino Orazio, però, fuggire non muta lanimo e un trasloco, un lavoro diverso e dei nuovi amici non cancellano la sofferenza, né appannano il ricordo di chi, in fondo, non vuole dimenticare. Forse non è necessario farlo, forse bisogna trovare unaltra strada, un modo perché il passato confluisca nel presente e aiuti a costruire il futuro, senza annullarlo.
Perché comprare uno zoo? chiede Kelly a Benjamin, che risponde con un sorriso: Perché no? Ricordatevi questa frase, perché torna in una bellissima e commovente scena nella parte finale del film, restituendoci il suo messaggio profondo.
Chi se ne va non ci lascia mai del tutto. Resta dentro di noi, nelle decisioni che prendiamo e nei rischi che corriamo. Nel cinema di Cameron Crowe (che ha diretto anche Elizabethtown) si trovano sempre delle persone che cambiano la vita altrui senza saperlo, con piccoli gesti, mostrando semplicemente se stesse. Così accade con la cassiera del supermercato, che si entusiasma all’idea della riapertura dello zoo e, inconsapevolmente, infiamma Benjamin di una nuova speranza.
La mia vita è uno zoo è la storia della faticosa riconquista di sé dopo una perdita e, allo stesso tempo, della riscoperta del legame tra un padre e un figlio distanti e chiusi nelle loro gabbie invisibili. A differenza della sorellina, ancora fiduciosa nella vita e aperta agli altri, Dylan non si consola più come i bambini, ma non ha ancora il senso di responsabilità degli adulti, segue malvolentieri il padre, quasi sperando che il progetto fallisca e che si torni indietro. Ma le nuove presenze femminili nella sua vita risveglieranno in lui la fiducia nell’amore e nella possibilità di un rapporto più sincero con il genitore, lasciando spazio alla stima e al rispetto reciproci.
Ci sono momenti in cui il ritmo cala e il racconto sembra avere meno mordente; alcune battute o soluzioni narrative possono suonare scontate. Eppure, questo è un film che tocca le corde del cuore e commuove, tracciando il percorso di un essere umano che attraversa il dolore, la nostalgia, il senso di fallimento, senza perdere tuttavia il desiderio di lottare per se stesso e per le persone che ama.
Vivere è un rischio, ci si butta a capofitto senza alcuna certezza, se non quella che l’amore è l’unica cosa che conta. Amare ed essere amati. Ma soprattutto, credere che l’amore è vivo anche nell’assenza, si sente anche nella distanza e ci sostiene lungo il cammino, se abbiamo il coraggio di osare e di aprirci agli altri.