Sulla rete comincia a esserci un’epidemia di condivisioni tramite Facebook di una insolita campagna sociale, fatta di tanti “pezzi” diversi. È l’ultima campagna della Fondazione Pubblicità Progresso, dedicata al difficilissimo tema della donazione degli organi. IlSussidiario.net ha chiesto al presidente di Pubblicità Progresso, Alberto Contri, di spiegare l’origine dell’idea e di illustrare la struttura della campagna che appare assai innovativa.
Come mai avete scelto questo tema per la campagna annuale?
Un po’ è stato a causa di un incontro con il professor Antonio Gasbarrini, epatologo al Policlinico Gemelli di Roma e presidente di Fire, la fondazione italiana per la ricerca in epatologia, che ci ha rappresentato il dramma di tanti malati in attesa di trapianto. Un po’ perché ci è parso significativo celebrare i 40 anni di Pubblicità Progresso occupandoci di un tema simile a quello della prima campagna del 1971, dedicata alla donazione del sangue. Il tema del dono ci è molto caro, in quanto noi stessi definiamo Pubblicità Progresso un gesto di gratuità della comunità dei comunicatori.
Il tema non è certo dei più facili, come lo avete affrontato?
L’argomento è veramente tra i più difficili da trattare, sia perché obbliga l’eventuale donatore a pensare alla propria eventuale, e sempre possibile, morte prematura, sia perché occorre fornire molte informazioni. E poi perché – da ultimo – occorre anche aiutare a superare le barriere burocratiche alla formalizzazione della decisione di donare gli organi. Abbiamo così ritenuto necessario costituire un comitato scientifico che coinvolgesse la massima istituzione del Paese in questo campo, il Centro Nazionale Trapianti, e l’Aido, l’associazione di donatori più strutturata e presente capillarmente sul territorio nazionale.
Nella conferenza stampa di presentazione lei l’ha definita una campagna cross-mediale integrata, studiata per cogliere le opportunità dei cambiamenti in atto nel mondo dei media.
Vero. Se pensiamo cosa è successo nell’ultimo secolo, c’è da sbalordire: nella stampa si è passati dalla linotipìa alla fotocomposizione, nelle telecomunicazioni abbiamo visto la nascita della radio, poi della tv, poi il passaggio dall’analogico al digitale, la nascita della telefonìa cellulare, la grande esplosione di internet con la nascita dell’interattività e del social networking.
In brevissimo tempo i mezzi di comunicazione si sono moltiplicati in forma esponenziale, dalla comunicazione da-uno-a-tutti si è passati alla comunicazione da-tutti-a-tutti. La comunicazione pubblicitaria sta subendo straordinarie trasformazioni: si scopre che ogni medium ha una sua sintassi peculiare, che i target non sono più individuabili solo in base a caratteristiche socio-demografiche, ma in base ad atteggiamenti mentali, che la logica di fruizione sta passando da push (l’emittente che ti vuol convincere) a pull (il destinatario della comunicazione che sollecita informazioni ed emozioni).
Altro fatto rivoluzionario è il nuovo atteggiamento dei nativi digitali – sempre più protagonisti sulla nuova scena mediatica – dediti a un bricolage quotidiano che prevede l’impiego di molti mezzi di comunicazione contemporaneamente (televisione, radio, computer, playstation, cellulare, iPad, ecc.), una sorta di atteggiamento multitasking. Tutto questo significa che stiamo entrando nell’era dell’economia della costante attenzione parziale, fatto non così positivo, perché si vive sempre più di frammenti, ma fatto oggettivo con cui il moderno comunicatore deve sapere fare i conti.
In questo contesto il diagramma della comunicazione si modifica: dato che sta finendo l’epoca in cui si sta tutti-insieme-davanti-alla-tv, ma nasce l’epoca in cui ciascuno si fa il suo palinsesto (grazie a internet, youtube, catch-up tv), il peak time si trasforma in my time. Ciò significa che comunicare a tutti contemporaneamente diventa troppo oneroso e inevitabilmente inefficiente. Diventa necessario comunicare a cluster ristretti di popolazione (un tempo venivano definiti “opinion leader di base” o “early adopter”) lasciando a loro il compito di divulgare ad altri ciò che hanno appreso e vissuto. Mutuando il concetto dalla fisica, siamo di fronte a una vera e propria reazione a catena: un’esplosione atomica generata dalla fissione di un nucleo di pensiero forte e ben strutturato. Solo così sarà in grado di essere veicolato in forma virale senza perdere la forza del messaggio iniziale. La nascita dei social network offre ulteriori opportunità su questo fronte.
In questo nuovo contesto, cosa si salva del tradizionale modo di comunicare?
Ci sono strutture del processo logico di comunicazione che non solo vanno mantenute, ma addirittura rafforzate. È fondamentale quindi avere ben chiari alcuni obiettivi strategici, che nel nostro caso sono commuovere e coinvolgere emotivamente, informare accuratamente su una tematica complessa e sensibile, aiutare a superare le barriere tecniche all’adesione. Mentre l’obiettivo di comunicazione è far diventare “cool” donare gli organi. Sono state così progettate una serie di attività tradizionali e innovative, integrate tra loro, operanti su diverse orbite coordinate e concomitanti, in grado di far avvenire la reazione a catena e promuovere la viralità positiva.
Qual è l’agenzia di pubblicità che ha realizzato la campagna?
Contrariamente al nostro solito, per progettare il tutto abbiamo costituito un super-gruppo di creativi ed esperti di ogni branca della comunicazione, con il supporto delle migliori società di produzione e post-produzione: in totale sono stati coinvolti oltre 40 tra professionisti e tecnici che hanno lavorato gratuitamente, e che ho avuto il piacere e l’onere di coordinare per ottenere un risultato che mi pare veramente notevole. La squadra dei creativi è formata da Andrea Concato-copy, Roberto Fiamengh-art, Matteo Righi-new media. Per la produzione, hanno collaborato, tra le altre, primarie società come Bedeschi Film, BB Productions, Banzai, PostAtomic.
Come si articola la campagna?
A due spot diffusi via tv e sul web è affidato il compito di raccontare una storia in due puntate, che raccontano i pensieri di un donatore e di un ricevente. (https://www.youtube.com/watch?v=q21ukXFoTbY). Un’armonica a bocca lasciata e ritrovata diventa la metafora dell’organo trapiantato. Tutto è trattato con commovente delicatezza, con la colonna sonora della canzone Tu che sei parte di me, messaci a disposizione da Pacifico e dalla Sugar (con la canzone intera stiamo montando un videoclip con le immagini del backstage per le tv musicali). Alla fine si invita ad andare sul sito www.doniamo.org, che costituisce la struttura portante della campagna. È costruito in modo da facilitare un percorso guidato verso l’auspicabile decisione; infatti all’inizio compare l’annuncio: «Un sito per farsi domande, ottenere risposte, prendere una decisione». Il sito contiene un importante elemento di innovazione: le Faq (le domande più frequenti) non trovano le solite risposte scritte, ma rapide interviste video girate in sala operatoria o in ospedale, fatte ad alcuni autorevoli chirurghi dei trapianti. Le risposte sono così molto più convincenti, rassicuranti, e i singoli video si prestano a essere diffusi anche viralmente tramite i social network.
A ogni risposta si propone – nel caso si sia convinti – di cliccare sul bottone che consente di “atterrare” sulla pagina del sito di Aido dalla quale poter scaricare il modulo di adesione. Altrimenti si suggerisce di esaminare altre domande con le conseguenti risposte. Poi si propone di guardare gli spot. Quindi si propone di guardare la campagna stampa con i testimonial.
Testimonial? Ricordiamo che in varie dichiarazioni lei non si è mai espresso in maniera lusinghiera sull’uso del testimonial…
Verissimo. A Pubblicità Progresso non ne amiamo l’uso, che spesso è una facile scorciatoia per sopperire alla mancanza di idee. In questo caso invece il testimonial risponde all’obiettivo “far diventare cool” donare gli organi. Autorevoli personaggi del mondo dell’impresa, della musica, del cinema, del giornalismo, dello sport, della ricerca, della moda, del design eccetera, mostrano con un certo orgoglio una grande tessera dell’Aido, definita «La card del club più prestigioso d’Italia».
I primi testimonial che hanno accettato sono Claudia Gerini, Diego Della Valle, Concita De Gregorio, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Caterina Caselli, Maria Latella, Luisa Todini, Irene Ferri, Roberto Natale, Barbara Carfagna. Le foto sono curate da due maestri della fotografia contemporanea: Chris Broadbent, e Gerald Bruneau (già assistente di Wharol). I banner per il web sono stati studiati per far conoscere i sempre nuovi testimonial che stiamo cercando e trovando, scelti non solo per la loro adesione alla campagna, ma anche come rappresentanti di un’Italia che si impegna per uscire dalla crisi offrendo in estrema analisi anche il dono di sé, qualora se ne presenti l’occasione. Dal banner si atterra su una “landing page” che raccoglie via via l’intera galleria dei personaggi.
Abbiamo letto di un vostro tentativo di coinvolgere Facebook. A che punto siete?
Un anno fa abbiamo scritto ai loro vertici per proporre di inserire nei parametri di ogni profilo la voce “donatore di organi”: un intervento assai semplice, ma suscettibile di grande forza di emulazione. Poi abbiamo visto che Marc Zuckerberg ha promosso in alcuni Paesi la raccolta delle adesioni on-line, che in Italia non è ancora possibile. Finalmente abbiamo incontrato il Country Manager dell’Italia, e stiamo promuovendo un successivo incontro con il Centro Nazionale Trapianti: se arrivassimo anche in Italia a poter aderire on-line, otterremmo enormi risultati, come sta succedendo dove questa prassi è stata approvata.
State anche coinvolgendo giovani studenti. In che modo?
Ai docenti del network Athena (i docenti amici di Pubblicità Progresso) abbiamo proposto di coinvolgere i propri studenti in laboratori di studio di iniziative ed eventi capaci di promuovere la campagna. Abbiamo proposto anche che i ragazzi cercassero sul loro territorio i possibili testimonial locali (il giovane ricercatore, il giovane industriale, il conduttore di una start-up…) fotografandoli a modo loro. Con la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (NABA) stiamo progettando per il prossimo anno scolastico un concorso di sceneggiature per fiction sul tema dei trapianti da pubblicare sul web.
Una vera e propria esplosione di iniziative…
Sì, altre ne stiamo studiando. E adesso aspettiamo che programmi televisivi e radiofonici, contenitori, giornali e telegiornali si impadroniscano del tema e lo rilancino: di argomenti ce ne sono. E penso che tra poco potremo dare qualche numero eclatante, se pensiamo che a quattro giorni dall’inizio della campagna la pagina Facebook di Aido ha visto quadruplicare le visite, pur in assenza di attività specifiche per i social network…