Si può decidere di vivere stressati dalle sovrastrutture di una metropoli. Scossi dalla sua complessità, annichiliti dalla competitività che serpeggia tra le sue vie. Intontiti dal rumore sordo e cieco del suo brulicare. Oppure si può scegliere di essere Ned. Semplicemente e deliziosamente Ned. Barba incolta e capelli lunghi, con un abbigliamento più da ragazzino che da uomo pressoché maturo. Eppure Ned con quel suo modo di vivere spontaneo e sgraziato ci conquista e cancella in un secondo le aspettative racchiuse nel titolo (Quell’idiota di nostro fratello).

Che farebbe pensare a una commedia ai limiti del demenziale. Una di quelle made in Usa che non lasciano il tempo di riprender fiato tra una gag e l’altra. Invece così non è. Si metta il cuore in pace, dunque, chi pensava di godersi novanta minuti di comicità sfacciata. piuttosto ironia amara a velare questa storia – certamente non troppo complessa, né articolata – rendendola in qualche modo profonda e godibile.

Tutto merito di Ned, dicevamo, che nella vita vende prodotti biologici al mercato. Un giorno, però, al bancone si presenta un amico poliziotto. Dice di essere stanco e affaticato. Uno di quegli stati d’animo in cui ci vorrebbe dellerba per tirarsi un po’ su. Ned ci casca. Regala all’amico verdura fresca e un buon sacchetto di droga. E la galera lo aspetta. Questo è solo il primo di una lunga serie di guai in cui si caccia, e che, effettivamente, lo fanno sembrare un preciso idiota. Quand’è solo, perché spesso e volentieri coinvolge nel suo vortice anche chi lo circonda. Le tre sorelle, soprattutto. Tutte prese dalla frenesia della Grande Mela.

Miranda, caschetto alla Louise Brook, gonne super attillate e tacchi a spillo per sfondare nel giornalismo, dove niente conta più del raccontare, a discapito anche dei diretti interessati, scomode verità. Poi c’è Natalie, che nella confusione di una vita privata altalenante, cerca di sfondare come comica. E infine Liz. Povera Liz, un tempo uno schianto, ora si trova madre di due bimbi e moglie di un regista di documentari. Buona d’animo, ma completamente soggiogata alle effimere certezze che il marito le dà, cieca al punto da non vedere l’evidenza.

Nessuno sembra volerlo ospitare a casa dopo che, uscito di galera, è tornato dalla sua Jennifer. Una hippy pacifista che infarcisce le frasi di due parolacce ogni tre parole. E che l’ha già rimpiazzato. Tutti lo evitano. Incapaci di vedere che i guai in cui si caccia sono semplicemente la conseguenza dell’incontro/scontro tra il suo animo buono, semplice e genuino con le strutture sociali di una grande città.

Troppo impegnata ed impegnativa per godersi le cose davvero importanti della vita. Troppo competitiva per viverci con onestà. Troppo complessa per accorgersi di ciò che è palese. Troppo rumorosa a qualsiasi ora del giorno e della notte per riuscire a parlare e ad ascoltare chi ti sta accanto. Certo, Ned combina un sacco di pasticci ovunque vada. Ma alla fine è la dimostrazione che il suo modo di vivere è l’unico che ti possa rendere davvero felice. Tutto il resto è vuoto.

Sarà perchè in una grande metropoli come New York tutti sembrano davvero molto confusi. Mentre Ned, nella sua semplicità – che non vuol dire stupidità, solo saper dare alle cose il giusto valore – pare avere le idee  chiare. Sicuramente è chiaro e onesto l’amore incondizionato che prova verso i propri cari. Quell’affetto che non chiede nulla in cambio. Quello che va bene così, anche se alla fine si resta a mani vuote. Sarà perchè il suo motto è dare fiducia alla gente, perchè solo così le persone danno il meglio di sé per meritarsela e diventano migliori.

Ci piace molto questo motto. Ed è una delle ragioni per cui Ned, nella sua bizzarria, e il suo splendido cane, nella loro stravaganza, ci sembrano gli unici due normali dell’intero film.