Michael Sucsy, con La memoria del cuore, porta sul grande schermo una bella storia d’amore. Che, se anche non è struggente fino alle lacrime, ha consentito alla produzione di sfondare il muro dei 100 milioni di dollari al botteghino americano. difficile, infatti, non lasciarsi coinvolgere dalla vicenda, basata su una storia realmente accaduta, di Paige (Rachel McAdams) e Leo (Channing Tatum).
Artista lei e musicista lui, i due giovani si amano alla follia, certi di essere fortunosamente inciampati nel vero grande amore della loro vita. Un sentimento inevitabile. Semplice nella sua unicità e per questo destinato a durare in eterno. C’è un pezzo di questo idilliaco puzzle, però, che si disconnette, determinando un evento imprevisto e per certi versi catastrofico.
I due ragazzi, infatti, una sera d’inverno restano vittime di un incidente stradale in seguito al quale Paige perde la memoria. Non totalmente. Solo quella degli ultimi anni. I più belli, i più veri. Quelli in cui ha incontrato Leo, se ne è innamorata e ha consapevolmente deciso di iniziare una vita insieme a lui. La ferita del buio, però, va oltre. Perché Paige non ha perso soltanto la memoria della sua quotidianità con Leo. Ha anche – molto più gravemente – dimenticato chi lei sia veramente.
Come se quell’incidente, con un colpo di spugna, avesse lavato via non solo i ricordi e sentimenti recenti, ma anche la forza e la tenacia che l’avevano portata a compiere certe scelte, seppur dolorose. La decisione, per esempio, di abbandonare la facoltà di giurisprudenza per seguire il suo istinto verso l’arte. La sua passione. Ora che non sa più di essere un’artista affermata, né chi sia Leo Paige, precipita nella vita che fu sua prima di lasciarsi il passato alle spalle. Famiglia compresa. Ritrovando, per un verso, i genitori, con cui aveva interrotto qualsiasi rapporto, unatmosfera apparentemente perfetta e benestante e il suo fidanzato dell’epoca, Jeremy, di cui crede di essere ancora innamorata.
Distanza e distacco. Ecco contro quali sentimenti si trova a dover combattere Leo. La distanza inevitabile di Paige e il distacco che piano piano apre un vuoto tra i due.
Ma il grande amore, l’unico vero e possibile, esiste per davvero. A quanto pare è in grado di guadagnarsi una seconda possibilità, contro ogni aspettativa. Tutto questo non grazie al destino, che si mette di traverso per poi aprire le porte alle circostanze inevitabili del grande amore. No, finalmente il destino per una volta non esiste. Al suo posto c’è la capacità di adattarsi al cambiamento. La flessibilità. La forza e la voglia di lottare per ciò che si ama e in cui si crede.
Tutto questo è Leo. Innamorato di sua moglie al punto da lottare con fatica contro il buio della sua memoria, la sua distanza, l’ostilità che talvolta Paige dimostra nei confronti di un volto non conosciuto. Contro la sensazione di vuoto che la ragazza prova di fronte a una vita che non le appartiene più e per superare la quale trova come unica soluzione quella di rifugiarsi nell’unico ambiente di cui abbia ancora sentore, la sua famiglia di origine.
Messo da parte il destino, perché un grande amore torni a vivere, non basta lo sforzo di uno dei due amanti. È necessario che, seppur nel cambiamento, tornino a vivere le condizioni che avevano reso quel sentimento un incastro perfetto. Paige trova conforto alla paura di un presente sconosciuto nel passato. Nella vita che i suoi genitori, in qualche modo, l’avevano portata a vivere. E da cui lei stessa era scappata per affermare la propria identità. Ecco cosa manca perchè Leo e Paige tornino insieme. Paige deve ricordarsi quale sia la sua vera natura.
In questo, forse, interviene il destino. Nella certezza che ciascuno di noi abbia una strada personale da vivere e percorrere. Intrapresa nella consapevole libertà di cui ci arricchisce il libero arbitrio. Indipendentemente dalla volontà, i sogni e le aspettative che gli altri rispecchiano su di noi.
La memoria del cuore racconta tutto questo. Lo fa con un ritmo narrativo interessante, sicuramente dolce e coinvolgente, seppur in un tono eccessivamente uniforme. Che commuove, ma non rapisce come avrebbe potuto, se solo si fosse concesso momenti di più profondo spessore drammatico.