In attesa della programmazione invernale di La7, Enrico Mentana torna in prima serata con Bersaglio Mobile, nuova trasmissione di approfondimento politico e non solo. Nella puntata andata in onda ieri, 27 agosto 2012, sono stati affrontati molti temi ma in particolar modo la questione riguardante le intercettazioni del Capo dello Stato e la trattativa Stato-mafia. In studio erano presenti Antonio Di Pietro, leader dellItalia dei Valori, Marco Travaglio, vicedirettore del Fatto Quotidiano, Giuliano Ferrara, direttore del Foglio ed Emanuele Macaluso, ex direttore dell’Unità e del Riformista ed ex parlamentare. Il titolo della puntata, “La grande rissa”, si è in qualche modo rivelato profetico, dal momento che il dibattito ha rischiato in più di unoccasione di sfociare in una vera e propria scazzottata da bar. La tensione comincia a salire fin da subito, quando prende la parola, dalla festa del Pd, Francesco Boccia, il quale accusa Beppe Grillo di non rappresentare la sinistra, ma anzi di farsi portatore di tesi fasciste. Mentana chiede allora a Boccia se Di Pietro riesca, per lui, a rappresentare a dovere la sinistra, e anche in questa occasione la risposta è al vetriolo: secondo Boccia sono molti i punti sui quali i due partiti non si ritrovano, quindi sarà molto difficile, se non impossibile, realizzare un’alleanza. A quest’affermazione risponde lo stesso Di Pietro, il quale fa sapere che è prima necessario attendere la definizione della nuova legge elettorale, capace a suo giudizio di delineare eventuali future alleanze.



Si entra allora nel vivo della puntata quando a prendere la parola è Giuliano Ferrara sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia: Lestate fa caldo, – dice il direttore de Il Foglio – i magistrati vogliono fare carriera in politica, fondare partiti, ma lindagine non esiste e non sta in piedi. Non voglio citare Deaglio, esperto che ha scritto tanti libri; ma la realtà è che non cè nulla nellindagine. Tanto è vero che uno degli indagati, Mario Mori, ha poi arrestato Riina. E una puttanata inverosimile. Mentana cerca allora di interromperlo, ma Ferrara è un fiume in piena: Guardate che Ingroia ha già detto che andrà in Guatemala, e ha detto che se mettono il segreto di Stato a lui non dispiace. La verità è che lui voleva fare carriera, sulle orme di Di Pietro e De Magistris. I magistrati sono dei fottutissimi carrieristi, conclude Ferrara, con Di Pietro che intanto sottolinea che è proprio così che si diffamano le persone.



A questo punto è il momento di Marco Travaglio: Non esiste nessun garantismo e giustizialismo che si fronteggia in questa vicenda. Qui stiamo parlando della verità su quegli anni e di chi non vuole che venga alla luce. Lagenda rossa non è una bufala, e in questa vicenda sono in ballo luguaglianza dei cittadini, leterna sete di impunità delle classi dirigenti che non accettano che vengano portati alla sbarra esponenti delle istituzioni, ed è in gioco il bavaglio contro le intercettazioni e la loro pubblicazione. La trattativa cè stata perché lo dicono alcune sentenze definitive. Se poi sia un reato, lo devono decidere i giudici. Il procuratore capo di Palermo non doveva dare alcun assenso alle indagini, Ingroia non ha mai detto che il segreto di Stato lo renderebbe felice, ma ha detto diteci se è stata fatta secondo la ragion di Stato e noi non indaghiamo più, è un po diverso. Per quanto riguarda Ciancimino, è uno dei 12 imputati del processo sulla trattativa, ed è imputato per quello che ha detto di aver fatto per conto di suo padre. Ferrara pensa davvero che per fare carriera i magistrati devono inquisire i politici? Ma se li aggrediscono tutti.



Giuliano Ferrara interrompe il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano: Ma che dici? Di Pietro ha chiesto un prestito a tasso zero e ha avuto una Mercedes, ed è stato sempre assolto. Il leader Idv allora ricordando che lo stesso Ferrara gli ha pagato un risarcimento per quello che ha detto, ma il direttore de Il Foglio smentisce. Torna poi a parlare Travaglio, riferendosi ad alcune dichiarazioni su Napolitano da parte di Boccia che, secondo il vicedirettore del Fatto, avrebbe messo in fila non poche inesattezze, tra cui quella secondo cui il presidente della Repubblica non può essere intercettato se non per impeachment. Sbagliato, dice Travaglio, dal momento che l’articolo 90 dice tutt’altra cosa, e Napolitano sarebbe addirittura meno tutelato dei parlamentari. Inoltre, continua Travaglio, si è letto a firma di Macaluso, Scalfari ed altri ancora, che la procura di Palermo avrebbe dovuto mangiarsi il nastro e distruggere la telefonata senza neppure degnarsi di ascoltarla.

Per qualcuno però lintervento di Travaglio sta durando troppo, e quel qualcuno è proprio Giuliano Ferrara, che sbotta ancora una volta prendendosela anche con Mentana: Mi sono rotto i c di sentire i comizi di Travaglio, che c di conduttore sei Mentana!. E infatti Travaglio ha ragione: Ingroia ha fatto un golpe. Il sodale De Matteo dice che ci sono dei nastri con le conversazioni di Napolitano, questa è la repubblica del ricatto, di magistrati che fanno politica, buttano il sasso e nascondono la mano. Il programma si avvia quindi alla conclusione, dopo una prima puntata che di certo non ha annoiato, per la gioia di Mentana e del pubblico da casa.