Cè grande fermento tra le Province italiane. Tutto è nato dopo la riunione del Consiglio dei ministri, lo scorso 20 luglio. In quella data, il premier Monti ha fatto approvare dal Governo un decreto che prevede il taglio, o meglio il riordino, delle Province italiane. Come avverrà la razionalizzazione? Le province potranno sopravvivere solo se rispetteranno due criteri: dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. In base a questa revisione, secondo i calcoli del ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi  che si è fatto aiutare da Archimede, gestore della trattoria trasteverina La Tavola Pitagorica, dove in questi tempi abbacchiati si mangia il miglior abbacchio di tutto il Lazio: Archimede è bravo a cucinare, ma ancor di più a far di conto con carta e penna, senza usare il registratore di cassa , ne dovrebbero rimanere solo 40, mentre le altre 70 sono destinate a sparire. Così almeno sulla carta, perché nella realtà le province ricordiamolo, uninvenzione dei Romani per indicare i territori di conquista, furono poi imposte dai Savoia  hanno deciso di vendere cara la loro pelle.

Intanto si è saputo che, in gran segreto, lo stesso ministro Patroni Griffi ha incontrato i 110 presidenti raccolti nellUnione Province Italiane. Tutti e 110 gli hanno rivolto la stessa domanda: perché volete tagliare le province? Patroni Griffi, con pazienza, li ha ascoltati uno per uno; anzi, ogni volta che un presidente prendeva la parola, il ministro, assorto e compunto, prendeva diligentemente nota. Alla fine, dopo lultimo intervento (per la cronaca, il presidente della provincia di Viterbo, visto che si seguiva lordine alfabetico), Patroni Griffi ha risposto serafico alla platea: Mi chiedete perché si tagliano le Province? Semplice: perché così lItalia sarà meno provinciale!. La spiegazione, però, non ha convinto affatto i partecipanti alla riunione. A tal punto che da quel giorno è stato tutto un fiorire di iniziative per cercare di salvare le province in odore di soppressione.

Per guadagnare subito un ulteriore margine di sicurezza in termini di estensione in chilometri quadrati e in numero di residenti, la prima provincia a muoversi è stata Trento, che ha proposto di fondersi con quella di Belluno. Lobiettivo? Come ha dichiarato il suo presidente, visto che abbiamo fatto Trento, ora cerchiamo di fare Trentuno!. Alla Provincia di Arezzo, una volta saputo che servirebbero meno di 500 abitanti per scampare alla cancellazione (basterebbe cioè annettere un minuscolo Comune limitrofo della provincia di Siena o di Perugia), il Consiglio provinciale, allunanimità, ha deciso di dirottare nella piana di Anghiari tutti i vigili urbani del territorio in assetto anti-sommossa e di inviare due messi comunali nel piccolo borgo di Paciano, in provincia di Perugia, per dichiarare guerra ai suoi paciosi abitanti al fine di sconfiggerli e poi annetterli. La mossa ha scatenato la reazione dei senesi, contro i quali sono scesi in campo i grossetani, che per loccasione si sono alleati con i livornesi, i quali, già pronti a uscir di casa per menar le mani ai carraresi, hanno trovato sulluscio i pisani e subito ne è nata una scazzottata generale a cui non hanno affatto esitato a partecipare anche lucchesi, fiorentini e pistoiesi. Alla fine, tra feriti e contusi, sono dovuti intervenire i medici (qualcuno dice addirittura i Medici) per rimettere le cose al loro posto. E gli abitanti di Paciano? Hanno atteso invano per due giorni nella piana di Anghiari, tra grigliate, sagre a base di trota del Trasimeno e feste della caciotta, poi sono paciosamente tornati al loro borgo natìo. 

A Lecce, invece, il Consiglio provinciale si è riunito in seduta straordinaria e ha emanato un “decreto Lecce” che, all’articolo 1, recita: “La Lecce (nel senso di Provincia) è uguale per tutti”. E all’articolo 2, a testimonianza della coriacea resistenza dei salentini, è stato approvato il motto: “A chi taglia la nostra provincia verrà applicata la Lecce del taglione: occhio per occhio, dente per dente, forbice per forbice, roncola per roncola”.

Singolare il caso di Enna, che nel giro di pochi giorni ha tentato enne volte di trovare una soluzione per non finire sotto la tagliola del Governo. Prima ha proposto una fusione con Caltanissetta, per formare la nuova provincia di Ennetta, ma il diminutivo è stato fatale: il ministro Patroni Griffi ha stroncato l’iniziativa sul nascere, perché con l’unione “si veniva a creare, come dice il nome stesso, un soggetto amministrativo ancora più piccolo”. Con la stessa motivazione è stato bocciato l’accorpamento con Messina, che avrebbe dato vita alla provincia di Ennina. Allora ci si è rivolti a Palermo, ma la dizione Enpal è stata scambiata per l’acronimo di Ente nazionale previdenza amministratori locali, così il ministro Elsa Fornero ha avuto buon gioco nel porre il veto all’iniziativa, nel timore che in quella nuova provincia “potessero accalcarsi tutti quei presidenti e consiglieri provinciali che, in vista dei previsti tagli, avrebbero voluto andare anticipatamente in pensione, mettendo a repentaglio la sostenibilità del sistema previdenziale italiano”. Quindi non se ne è fatto nulla. Ma il presidente della Provincia di Enna non si è arreso e ha già promesso ai suoi cittadini che proverà con “l’ennesimo tentativo”.

Le province di Crotone, Pordenone e Frosinone, forti dei loro accrescitivi, hanno fatto la voce grossa: “Noi siamo già grandi per definizione, che il governo se la prenda con Torino, Avellino, Urbino e diminutivi vari”.

Siracusa, Ragusa, Lampedusa e la Val di Susa hanno chiesto alle otto province della Sardegna di unirsi, a tutta birra, in una nuova entità territoriale, che si chiamerà Ichnusa, così da poter dar vita alla macro-provincia denominata Alla Rinfusa, proprio perché è stata pensata e disegnata in maniera un po’ confusa.

Chi invece è indecisa sul da farsi è la provincia di Macerata, che continua infatti a macerarsi nel dubbio: stiamo con Ancona oppure ci muoviamo verso Fermo? Ci alleiamo con Pesaro o con Ascoli? Ci trasferiamo in Toscana o proviamo a gemellarci con Cosenza? E se poi restiamo senza?

Controcorrente, infine, si è mosso Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, che (suo malgrado) ha scavalcato tutti a sinistra. A un incontro di presidenti provinciali del Lazio, Storace ha chiuso il suo intervento con questo proclama: “E’ il momento di fare di tutte le erbe un fascio: Roma unica provincia d’Italia, anzi, d’Europa, ma che dico: dell’Impero!”. Applauso generale e tutti pronti a marciare su Roma. In testa al corteo, ovviamente, si era già posto il leader frusinate del partito, Decimo Mas (diminutivo di Massimo) Meridio. Soprannominato “il Gladiatore” in virtù della sua passione nel raccogliere gladioli, Decimo Mas è diventato famoso in questi giorni di afa e siccità perché, dopo aver sparso per tutto l’Agro Pontino, i Colli Albani e la Ciociaria migliaia di impianti per l’innevamento artificiale, avrebbe alla fine esclamato, rivolto ai suoi sostenitori pronti a caricare i cannoni sparaneve: “Al mio segnale, scatenate l’inverno!”.