La definitiva prova, al di là della riuscita o meno del film stesso, che il fumetto e la sua versione cinematografica possono essere materiale per un grande romanzo. Un romanzo dickensiano, come ha detto qualcuno in America vedendo a ragione un parallelo tra Il cavaliere oscuro – Il ritorno e “Racconto di due città”. Il terzo tassello del trittico su Batman diretto da Christopher Nolan – e uno dei film più febbrilmente attesi degli ultimi anni – pecca per eccesso provando, e riuscendoci quasi del tutto, a strutturare intorno a una figura supereroica un grandioso romanzo apocalittico.
Dopo essersi assunto le responsabilità della morte del procuratore Harvey Dent, Batman si è visto costretto a una vita da fuggiasco. Otto anni dopo, la comparsa della misteriosa Selina Kyle innesca una catena di eventi culminante con larrivo di Bane, un terrorista che mira a distruggere Gotham City. E in gioco il destino della città, e per Batman giunge il momento di uscire dal suo esilio e misurarsi con il temibile avversario.
Scritto da Nolan col fratello Jonathan e David S. Goyer, Il cavaliere oscuro – Il ritorno è un clamoroso film dazione che diventa una parabola sulla fine del mondo e allo stesso tempo una riflessione metafisica sul bene e sul male in chiave semi-nichilista. Partendo dai concetti seminati in Batman Begins e germogliati ne Il Cavaliere oscuro, questo capitolo conclusivo mette in scena la disumanità del protagonista, ossia il dissidio tra luomo e leroe e descrive un mondo che forse merita di morire, dalla civiltà quasi azzerata o menzognera, in cui gli eroi non possono essere umani e sono costretti a diventare simboli, vivi o morti che siano.
Tutto centrato attorno alla dicotomia tra assoluto e necessario, più che tra bene e male, il film di Nolan prende Gotham come allegoria di un mondo che non è pronto per salvezze, redenzioni ed eroi, ma che non si può fare a meno di volere illuminare, il rapporto tra finanza e politico come attrazione di ogni male e Bane come simbolo di un populismo deflagrante ovunque, anche in Europa, anche in Italia, che si trasforma in nichilismo, distruzione di ogni tipo di ragione, fanatismo ideologico/religioso.
Politicamente spigoloso al limite del reazionario, Il cavaliere oscuro – Il ritorno ha comunque dalla sua il respiro e la vastità di ambizioni e narrazione tanto grandi da non riuscire a essere contenuto in un film – per quanto lungo 2 ore e 44 minuti – per questo il piano di Bane appare nebuloso, l’andamento a tratti si appesantisce e si ha la sensazione che non tutto sia cotto a puntino.
Ma Nolan, uno dei pochi registi contemporanei a trasmettere un senso di grandezza in quasi ogni sua inquadratura, sa come coniugare l’esagerazione del comic-book (l’inizio con l’aereo smantellato in volo) con la cura registica, la resa visiva, l’aura epica: a partire dal costante gioco di luci che si spengono e accendono che punteggia il film fino alla concretezza di identità che si mostrano attraverso le loro cicatrici, il film si nutre di un’eleganza cupa che si mostra anche nel variopinto cast.
Christian Bale è sempre più in parte (come il suo doppiatore Claudio Santamaria), Tom Hardy andrebbe giudicato in originale visto che Filippo Timi è del tutto inadatto al suo doppiaggio, Marion Cotillard incanta e Anne Hathaway è splendida e sincera, tanto da non far rimpiangere Michelle Pfeiffer come Donna Gatto. Ma tra un Gary Oldman solidissimo e un Morgan Freeman sornione, spunta la classe sopraffina di Michael Caine, commovente spalla pronta al “sacrificio” professionale pur di salvare il proprio mondo. E’ lui il barlume di umanità e luce che il film cerca per quasi tre ore.