Giorni dozio e di ombrellone, notti da cuba libre e zampirone. Oppure, scegliete voi, da boschi e scarponi, genepì e strudel. Eppure è già tempo di non dormire sugli allori: essendo foglie che si usano in cucina, note per la loro fragranza aromatica, rischiate di finire in padella. E allora, se non volete andare a farvi friggere, preparatevi a lanciarvi in nuove avventure; siate allaltezza del vostro compito; portate sulle vostre spalle ciò che ritenete indispensabile; non rimanete lì sui due piedi, con le mani in mano, cogliete lopportunità di un lavoro nuovo, diverso, e dal fascino innegabile, al rientro nelle vostre dimore (non manca molto).
La cronaca ci segnala la nascita di nuove professioni volanti: in America i paracadusti-pompieri, a Sanremo i paracadutisti-bagnini. E allora, in questi tempi in cui tante cose dalla politica alla finanza sembrano solo precipitare, la professione che può fare per voi è proprio il paracadutista. A questo proposito, non possiamo non ascoltare i saggi consigli del nostro amico Zingarelli, uno che sa tante cose, e si è pure premurato di scriverle, perché ha girato il mondo, rubacchiando un po qua e un po là informazioni, ragguagli, notizie su tutto quello che cè da sapere. Lo Zingarelli definisce il paracadutista come «signore (non nel senso di tante donne, sapete bene che è una professione perlopiù maschile, sebbene il vocabolo paracadutista finisca per a, come mamma, che è femminile), che ama cadere dallalto, ma molto dallalto, cercando di non farsi del male. Più in alto si va, più divertente è. Il divertimento massimo è quando si apre il paracadute. Se non si apre il paracadute, addio divertimento. In una parola sola: addio.
Essendo un mestiere molto specializzato, non esiste una sola specie di paracadutista. Ci sono addirittura professioni che sembrano somigliare a questa, ma sono ingannevoli. Un esempio per tutti, il portiere. un paracadutista mancato: per parare, para, è vero, ma non sa bene cosa. Il portiere di una squadra di calcio, para la palla, ovvio. Ma il portiere di uno stabile, cosa para? E il portiere che si mette davanti alla porta dellhotel in cui lavora, cosa fa, respinge i clienti, cioè, fa una cosa che va contro i suoi interessi precipui?
Se vogliamo andare sul sicuro, parliamo di quella categoria di paracadutisti comunemente definiti “paracarri”. Ce ne sono di due tipi: il primo, riguarda quei paracadutisti, militari di carriera, addestrati per missioni speciali, che si lanciano portando sulle spalle un carro armato; il loro compito, anche a costo della vita, è quello di attenuare – quindi, appunto, parare -, con il loro corpo la caduta dei carri ed eventualmente, ma solo in un secondo tempo, anche la loro; il secondo tipo di paracarro, invece, è il tipico paracadutista pigro, indolente, spossato, infiacchito, che ha paura di volare e preferisce stare con i piedi per terra. Le mansioni che gli vengono affidate sono di routine: di solito sorveglia, in postazione fissa, rigorosamente ai lati della strada, il traffico automobilistico ed è riconoscibile non tanto dalla mimetica color kaki e dal basco amaranto in testa, quanto per i colori della sua divisa (ehm, chiamiamola così), bianchi e neri, sulla quale spicca il caratteristico catarifrangente, solitamente di colore rosso.
In ambito civile, invece, si segnalano innanzitutto i paranormali. Sono dei paracadutisti normalissimi (come dice il nome) e fanno, in via del tutto normale, esattamente tutto quello che di solito viene fatto, in via del tutto eccezionale, dai paracadutisti.
Comunemente si pensa al paracadutismo come a una pratica avventurosa, affascinante, emozionante. Ma non è per tutti così. In alcuni casi, infatti, il mestiere di paracadutista si rivela di una noia mortale: il paracadutista in questione cade in uno stato di profonda prostrazione, che può sfociare addirittura in tendenze maniacali, e in questo caso prende il nome di paranoico.
L’attività del paracadutista si è aperta, da tempo, anche all’universo femminile. Le donne in questione, dopo una dura selezione che comprende una preparazione specifica, teorica e pratica, devono mostrarsi di sana e robusta costituzione, ed è ritenuta indispensabile all’attività un’ampia – chiamiamola così – circonferenza toracica. Questa forma di paracadutismo rosa prende il nome di parapetto.
Per alcuni c’è anche la possibilità di dedicarsi al paracadutismo dopo aver intrapreso, pur non avendolo portato a termine, il corso di laurea in medicina: per le competenze in ogni caso acquisite, e che possono sempre tornare utili, hanno assunto comunemente il nome di paramedici.
Generalmente i paracadutisti sono persone dotate di un buon self control. Tuttavia può accadere che il paracadutista, col tempo, lo stress e le continue sollecitazioni fisiche che quotidianamente lo mettono alla prova, diventi un soggetto irascibile, attaccabrighe, dal caratteraccio rissoso e poco malleabile. Diventa così preda di se stesso, avvezzo alle risse e alle scazzottate: paracadutisti di questo tipo, nel gergo proprio dell’ambiente in cui operano, vengono chiamati parapiglia.
L’ultima specie di paracadutista di cui è giusto parlarvi è il parastinco, così denominato per una ben precisa e pronunciata caratteristica fisica riconducibile alla zona in cui si compie l’articolazione tra coscia e gamba. Fanno parte di questa specie: a) il parastinco di santo, paracadutista così bravo, ma così bravo, che quando scende, durante l’atterraggio, fa miracoli; b) il parastinco di maiale, paracadutista che si butta a capofitto, spesso senza paracadute, su tutte le donne che gli passino a tiro.
Requisiti fisici e morali per fare il paracadutista? Primo, non essere miopi: in questo caso, infatti, la terra vi apparirà sempre lontana e quando aprirete il paracadute sarà sempre troppo tardi. Secondo, frequentare assiduamente il catechismo, fin da piccoli, perché, qualora il paracadute non si aprisse, occorrerà saper recitare a memoria tutte le preghiere possibili prima di toccare terra. Terzo, aver lavorato in una qualche fabbrica di sciacquoni del water, in modo da prendere subito dimestichezza con le corde da tirare.
Non esistono professioni consigliate prima del paracadutista. Dopo, invece, è caldeggiata l’attività di musicista. Nei circoli paracadustici – sono vecchi aerei di linea revisionati e recuperati al volo, ristrutturati all’interno per renderli simili ai comuni bar, dove i veterani del mestiere, con la scusa di ritrovarsi a bere un cicchetto e fare quattro chiacchiere, possono ancora provare l’ebbrezza di un lancio (non prima, comunque, di avere pagato la consumazione, non si sa mai…) – il vecchio ritmo del “parapaponzi ponzi pà”, suonato da orchestrine di reduci, funziona ancora molto bene.
Un fitto e tremendo mistero avvolge la vita del paracadutista. Essendo, proprio per la particolarità della professione, un single, e svolgendo la sua attività lontano da casa, perciò impossibilitato a beneficiare delle attenzioni della propria mamma, la domanda sorge spontanea: ma chi lava, stira e piega per bene il suo paracadute?