La crisi, dipinta a tinte durissime, fa da sfondo, da preludio, a Silvio Berlusconi che sbarca alla trasmissione di Bruno Vespa, la cosiddetta terza camera, cioè Porta a Porta. Il Cavaliere commenta i numeri della disoccupazione, cioè ormai abbondantemente sopra al 10 percento. E attacca gli ultimi tredici mesi del governo dei tecnici di Mario Monti. L’Istat rivela l’ultimo dato sulla disoccupazione giovanile: 37 percento. L’esame di Berlusconi analitico, dettagliato, sulle situazione delle imprese, sulle tasse e sui ritardi nello Stato nel pagare le imprese. Un circolo vizioso che deprime l’economia italiana. E il governo dei tecnici? Lontanissimo dalla realtà, dice il Cavaliere. E aggiunge che occorre smontare tutta la politica che hanno fatto in questo anno. La partita della campagna elettorale arriva al cuore del problema: l’attacco alla politica del rigore, all’Europa a trazione tedesca che viene seguita passivamente dall’attuale governo. Poi Berlusconi attacca lo Stato pachidermico, la burocrazia elefantiaca. Vespa replica: perché lei non lo ha ridotto in questi anni? E’ lo stesso Vespa che anticipa l’elenco che Berlusconi ripete sempre come una giaculatoria. Berlusconi ammicca e dice: Con gli alleati che avevo non era possibile fare altro. Vespa fa il finto provocatore: scusi ma lei fa il gioco di Monti? E ricorda la questione della Lombardia che può mettere in forse la maggioranza del centrosinistra al Senato. Poi Vespa cerca di puntualizzare le dichiarazioni, o meglio il valzer delle dichiarazioni su Monti, alternate dal 24 ottobre a oggi fatte da Berlusconi. Si passa quindi all’alleanza con la Lega, giudicata onerosa da una domanda del direttore de Il Messaggero. E’ un Berlusconi che cerca di essere conciliante, persuasivo, districandosi tra numeri e stime di diverso tipo sulla percentuale delle tasse trattenute sul territorio. Arriva il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che tocca il tasto del crollo dei consumi: il 2012 risulta il peggiore del dopoguerra. E’ un terreno, quello della crisi, delle tasse, dell’Imu, dell’Iva, del crollo dei consumi, della disoccupazione, delle imprese in crisi, su cui il Cavaliere va a nozze. Poi si arriva al rapporto tra fisco e cittadini, l’introduzione del redditometro, un rapporto di terrore. Alla fine si arriva a una situazione di stato di polizia. Marcello Sorgi incalza sui costi dello Stato e l’accordo con la Lega. 

Il Cavaliere svicola ancora, vede congiure anche nell’agosto del 2011 con il ruolo della Banca centrale europea, allora ancora presieduta da Trichet. Poi il Cavaliere si scatena contro Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, con un attacco sul ruolo svolto in questi anni: da trent’anni fanno politica a spese nostre. C’è un giro d’orizzonte di carattere di interviste in diretta. Tutto sommato il Cavaliere se la cava ancora. Ma le interviste vengono prese in diretta in posti poco popolari, come Portofino o davanti alla Villa di Arcore. Berlusconi ripesca anche il vecchio “contratto con gli italiani” e cerca di spiegare quello che ha fatto. Si capisce che siamo appena entrati in campagna elettorale, non ci sono veri “colpi bassi” o domande “irriverenti”. Alla fine l’eloquio del Cavaliere riesce a sopravanzare su tutte le altre voci. Più che un dibattito elettorale, un confronto con i giornalisti, il tutto (magari sarà lo stesso anche per altri) rientra nei grandi “spottoni” piuttosto confusi. Alla fine arriva anche il sondaggista Renato Mannheimer, che decreta la rincorsa di Berlusconi continua: il Pdl è in crescita.