Il cinema ama la letteratura. I libri sono una fonte inesauribile di storie che si possono adattare al grande schermo e, a volte, sono gli stessi scrittori a diventare i protagonisti di un lungometraggio, come accade nel film di John Krokidas, Giovani ribelli – Kill Your Darlings. La storia si concentra sulla giovinezza di Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe, ormai lontano da Harry Potter), il poeta americano che, con Jack Kerouac e William Burroughs, ha dato vita negli anni Cinquanta alla Beat Generation, un movimento letterario che puntava sullinnovazione e sulla sperimentazione stilistica, rifiutando le regole, la metrica e il perbenismo.
Ambientato nel mondo della Columbia University, dove Ginsberg (figlio di un poeta e di una donna affetta da disturbi mentali) entra grazie a una borsa di studio, il film mostra il percorso dello studente che si avvicina a un nuovo modo di pensare, anticonformista e affascinante, ma allo stesso tempo pericoloso. A introdurlo è Lucien Carr (Dane DeHaan), biondo, bello e benestante, che frequenta il più maturo David e il gruppo bohémien formato dagli scrittori ribelli Kerouac (Jack Houston) e Burroughs (Ben Foster). Ragazzi dotati di una mente creativa le cui vite vanno alla deriva, tra droga e gelosie, rapporti omosessuali e difficoltà a relazionarsi con i genitori e gli insegnanti.
Lou era il collante, dirà Ginsberg. Bello, con scarso talento ma quellattitudine tormentata di chi ha già dei fantasmi nel proprio passato, Lucien ha permesso la nascita del gruppo, rivelandosi il fulcro intorno al quale ruotano le scelte degli altri. Tentati dal fascino della libertà creativa e della trasgressione, sempre sul confine tra il sogno e la realtà, i giovani artisti finiranno per rendersi complici di un crimine che disgregherà il gruppo, spingendo ognuno ad affrontare la propria coscienza e a prendere la sua strada. A unirli resterà la passione per la parola, che sfocerà nelle opere diventate il simbolo di unepoca: On the road di Kerouac e Howl and Other Poems di Ginsberg, in cui il poeta rivive senza filtri le sue esperienze, dal ricovero in un ospedale psichiatrico alla droga.
Ricco di riferimenti alla cultura americana, Giovani Ribelli non è un film facile, anche perché la natura rivoluzionaria e amorale della Beat Generation non si presta in modo naturale alla trasposizione cinematografica. Il regista, però, sceglie con intelligenza di isolare il momento che precede la nascita del movimento letterario e racconta una storia collettiva, mettendo in scena un episodio (l’omicidio finale) rimasto a lungo segreto.
Il risultato ha un’aura di cupezza che trasmette una certa angoscia, piuttosto che l’euforia che accompagna la nascita di una nuova corrente artistica. L’unico personaggio ad avere in sé una carica autentica di inquietudine e follia è Lucien, mentre gli altri non riescono a trasmettere la forza di chi rompe gli schemi e si butta in qualcosa di nuovo. O forse era quello l’intento del regista, rappresentare l’attimo in cui ci si trova in bilico tra il passato e il futuro, tra l’eredità dei padri e la tentazione del nuovo e del proibito, cercando faticosamente la propria identità e rischiando di perdersi.