Gloria è una donna sola. Cinquantotto anni, divorziata da un marito che lha abbandonata giovane e con due figli da crescere. Figli che a loro volta si sono costruiti un futuro autonomo, lontano dal Cile, e dalla madre soprattutto. Gloria, anche se non lo da a vedere, e cerca di nasconderlo in ogni modo possibile, è terribilmente sola, abbandonata a quella vita che vorrebbe fosse nettamente migliore, ma che invece le riserba solo poco divertimento e tanta noia. Finchè, un giorno, non decide di varcare quella porta; lingresso di una discoteca per adulti single.

Proprio lì, Gloria inizierà a scoprire quel mondo di adulti bambini che affascina tanto, perché spensierato e, almeno pare, gioioso e pieno damore. Incontrerà un uomo nuovo, un compagno che la farà sentire amata, e al tempo stesso presa in giro. Si chiama Rodolfo, dice di volerle stare accanto il più possibile, ma alloccorrenza la abbandona per una fantomatica ex moglie disabile, che si rivelerà poi non essere né ex, né disabile.

La voglia di normalità, o semplicemente di non sentirsi nuovamente seconda a unaltra che si immagina essere molto meglio di lei, rovina il buon cuore che Gloria ha sempre avuto. Inizia a diventare fragile più che mai, diffidente nei confronti del prossimo. E, più di prima, si sottomette a Rodolfo cercando di trattenerlo con tutte le forze, e con tutte le carinerie possibili. E lui resta, per qualche giorno ancora. Viene presentato alla famiglia, e poi, prima che la cena si concluda, scompare, di nuovo e per sempre.

Un film apparentemente triste, che racconta una storia triste. Unica pecca la non capacità di sintesi che, però, mi permetto di non escludere sia voluta, affinchè il concetto di vita vissuta in modo giovanissimo – tra alcool, droga e balere – ma al tempo stesso lento e buio, sia più chiaro agli spettatori tutti. Una grandissima Paulina Garcìa, che vince meritatamente il premio Orso dArgento Migliore Attrice, e che interpreta nel migliore dei modi il quotidiano illusorio di chi con uno spinello, il gioco dazzardo e qualche goccio di vodka di troppo crede di poter rinascere, ringiovanire o semplicemente aspira a dimenticare i problemi, famigliari e non, che la realtà gli pone innanzi.

Decisa una volta per tutte a dimenticarsi il passato alle spalle, Gloria cede alla tentazione di un approccio sessuale con un uomo che non conosce. Sperando, finalmente, di trovar qualcuno che la ami per pochi minuti, ma che già dal principio questa cosa la dichiari senza fraintendimenti. Ma Gloria non sa, o forse non pensa, quanto questo incontro al buio possa farle del male. Si risveglia, infatti, sbigottita e dolorante, su di una spiaggia, in pieno giorno. Vestiti strappati, calze bucate. L’hanno violentata, e lei non se lo ricorda nemmeno.

Per la regia di Sebastìan Lelio, Gloria è uno di quei film che ti portano a parlare. Non a parlarne, (del film), ma a parlare. A parlare perché ti fa pensare, e riflettere. Un finale commovente, che esalta il racconto e lo porta a essere di una bellezza, umanità e gioia emozionante; Gloria, vittima di violenza, non sa come far ritorno a casa. Così chiama la vecchia e pazza colf, da sempre considerata una di quelle persone da allontanare, perché non sanno far altro che blaterare, e pulire casa. Ma, al contrario, sarà proprio lei a dimostrarsi vera amica, aiutandola nella riscoperta di sé.

E poi, infine, un ultimo ballo. Stavolta non con lo scopo di conquistare un compagno di letto per una notte, ma per rinascere. Un’ultima dance sulle note di “Gloria”, e un inno alla donna che Gloria ha finalmente imparato a essere. Una che si ama e si rispetta, prima di tutto.