Leone dArgento a Venezia, il film di Alexandros Avranas, che uscirà nelle sale il 31 ottobre, ha stupito il pubblico. Miss Violence racconta una storia di violenza tra le mura domestiche, un tema di scottante e drammatica attualità che diventa il fulcro della pellicola, una tragedia senza possibilità di redenzione. Lattore di teatro Themis Panou interpreta un mostro nascosto sotto una maschera di mitezza e rispettabilità, luomo a capo di una famiglia allargata che comprende la moglie, le figlie e i nipoti. Un padre collettivo, nel senso letterale della parola. Un padrone che gestisce il peggiore degli sfruttamenti, basato sullincesto e sulla violenza sessuale.

Che qualcosa non vada è chiaro fin dallo scioccante inizio, quando la piccola Angeliki si butta dalla finestra mentre la famiglia festeggia il suo undicesimo compleanno. Il gesto scatena la reazione dei parenti, meno disperata però di quanto ci si aspetterebbe, e le perplessità degli assistenti sociali, che cominciano a indagare sulla situazione. Dopo pochi giorni levento sembra cancellato. Nessuno ne parla, la camera della ragazzina è svuotata.

Lentamente, la regia attenta e studiata ci conduce in un mondo sempre più angosciante, dove non esistono i confini: il nonno/padre decide per tutti, invadendo spazi che dovrebbero restare privati. La moglie e la figlia maggiore, a sua volta madre, sono completamente succubi e non osano ribellarsi alle richieste del pater familias. Si intuisce la natura dellorribile segreto custodito dentro le mura attraverso gli sguardi delle ragazzine e latteggiamento trattenuto, o rassegnato, di Eleni (Eleni Roussinou) e della madre, il cui corpo è coperto di lividi che tutti fingono di ignorare. In una delle poche scene davvero esplicite del film, che arriva allo spettatore come un pugno nello stomaco, abbiamo la prova di una verità già intuita: per guadagnare denaro in un periodo di crisi, luomo costringe le figlie alla prostituzione. Con il suo gesto, la piccola Angeliki ha scelto la via più tragica per liberarsi da questo destino.

E la madre? Come può restare in silenzio e accettare ciò che accade intorno a lei? Qual è la responsabilità di una vittima che, incapace di reagire, lascia che i figli subiscano la stessa sorte? Sottostare ad atti così gravi annienta la personalità, ma davvero non rimane listinto di protezione, di ribellione, che spinge a rischiare tutto per salvare linnocenza e lamore?

Ogni dettaglio diventa importante nella pellicola, che sviluppa una trama scarna, ma attribuisce un’enorme rilevanza alle espressioni e ai movimenti degli attori, tutti bravissimi. La macchina da presa segue i protagonisti, fredda e silenziosa, insinuandosi oltre le porte ed evidenziando le abitudini quotidiane, i piccoli rituali destinati a perpetrare una normalità che maschera lo sfruttamento. Avranas ha dichiarato di aver cercato di ritrarre la situazione europea e di essersi ispirato a un evento realmente accaduto in Germania, ma di non avere voluto rappresentare in modo esagerato la violenza per evitare di allontanare lo spettatore.

Il risultato è un film che sconvolge, sorprende e fa pensare, spalancando un vaso di Pandora sui rapporti familiari e sull’intera società, che non riesce a proteggere la vita e, insieme a essa, la dignità umana.