Sinossi semplice, sceneggiatura un po meno. Per niente banale e, nonostante largomento piuttosto tecnico – parliamo di barca a vela -, la strabiliante capacità registica di non escludere lo spettatore nella sua ignoranza da non frequentatore di Oceani. In Solitario è il nuovo capolavoro di Christophe Offeinstein che, alla prima esperienza registica, riesce a far emozionare con il solo ausilio di 20 metri quadri di set. Sì, perché il film è ambientato e girato in mare aperto, precisamente su di un veliero. Unavventura durata ben due anni che, però, sembra non lasci dubbi sul fatto che ne sia assolutamente valsa la pena.

Un cast artistico interessante vede principale protagonista François Cluzet, il paraplegico di Quasi Amici, che stavolta di disabile non ha proprio nulla e che, bravissimo, mostra qui tutta la sua arte dattore e, non meno importante, datleta. Perché i panni – o i costumi – che stavolta veste, sono quelli – bagnati e complessi – di Yann Kermadec, un velista 57enne che vede realizzarsi il suo sogno quando lamico Franck Devil, impersonato da Guillaume Canet, poco prima che la Vendée Globe -un giro del mondo in barca a vela – abbia inizio, si infortuna dovendo rinunciare a parteciparvi e vedendosi costretto a cedere il posto al secondo dopo di lui.

Sarà proprio questimprevisto a permettere a Yann di partire per un viaggio in barca a vela, in solitario, come il regolamento di gara prescrive, senza lausilio di una persona a bordo che lo possa aiutare o che, semplicemente, gli tenga compagnia. Ma il caso, che proprio non esiste, vuole che sulla barca di Yann salga inaspettatamente un giovane delle Canarie che, vista la bandiera francese issata, si nasconde nel fondo del veliero per qualche settimana, desideroso di approdare in Francia per farsi curare i problemi cardiaci che nel suo Paese non sanno come diagnosticare, inconsapevole del fatto, però, che quella sulla quale è approdato è una barca a vela che sta per fare il giro del mondo, e che in Francia ci arriverà soltanto di lì a un bel po.

Un finale per nulla banale, allo stesso tempo commovente. Un film che davvero è alla portata di tutti, nonostante la difficoltà e lintreccio di sceneggiatura. Un prodotto che anche dal punto di vista tecnico è assolutamente ben fatto, interamente caratterizzato dalle onde dellOceano che si infrangono contro le telecamere, senza tuttavia far soffrire chi, come me, la steadycam solitamente proprio non riesce a sopportarla.

Quasi una magia quella compiuta dal regista Offeinstein nel girare un intero lungometraggio in uno spazio così piccolo. Magia che, peraltro, riesce benissimo nell’intento di rapire lo spettatore rendendolo a sua volta un esperto di barche, un avventuriero che difficilmente non riesce a immedesimarsi, quasi come se durante il film intero con il protagonista principale ci fossimo a bordo anche noi.

In Solitario è la dimostrazione che talvolta valga davvero la pena di sperimentare perché, come in questo caso, il “rischio” è che il diverso – un film ambientato in uno dei set più ristretti della storia del cinema – non spaventi ma al contrario conquisti. Solo applausi allora, a tutto il cast. Tecnico e artistico. Bravi francesi!