Mercoledì scorso, presso il complesso UCI Cinemas del Parco Leonardo a Fiumicino, si è tenuta una proiezione della pellicola di Ettore Scola dedicata a Federico Fellini intitolata Che strano chiamarsi Federico, preceduta da una performance del Maestro Stelvio Cipriani, famoso autore di colonne sonore, che ha ripercorso i brani più famosi di un suo collega, Nino Rota, autore delle indimenticabili musiche che hanno accompagnato le pellicole del Maestro.
Confesso che era molto tempo che un film non riusciva a emozionarmi così tanto, perché la pellicola di Scola, amicissimo di Fellini, è un qualcosa che non può non arrivare direttamente al cuore anche di chi Federico non lha amato. Il film ripercorre, alternando il bianco e nero al colore, le tappe della loro amicizia iniziata negli anni 40 con larrivo a Roma del maestro romagnolo e la sua assunzione presso il giornale satirico MarcAurelio che poco dopo, con una straordinaria coincidenza, vide larrivo di Scola in un giornale non propriamente favorevole al regime, che però lo tollerava fingendo di non capire certe sue allusioni. Forse anche per un sapiente filtro promosso dal suo direttore, che cercava di bollare gli spiriti ben poco convenzionali di una redazione che, oltre ai due collaboratori citati, poteva contare sulla presenza anche di Steno. Insomma, linizio di un sodalizio che avrebbe in futuro fornito il la al cinema italiano.
A questi ricordi, che vedono come trait dunion un personaggio che abbiamo già incontrato, nelle stesse vesti di narratore, proprio in Amarcord, si susseguono frammenti e momenti ricostruiti a Cinecittà alternati a materiali di repertorio scelti negli archivi delle teche Rai e dellIstituto Luce. Il racconto è pura poesia e descrive magnificamente la figura felliniana restituendoci un personaggio che amava scorrazzare nelle vie di Roma di notte proprio in compagnia di Scola a parlare con la gente comune, incontrare personaggi fuori dal comune eppure tanto normali e geniali nella loro essenza che il Maestro riminese sapeva cogliere.
Ma questa era lItalia dei nostri tempi, tanto diversa dallattuale, piena di solidarietà, osmosi e sopratutto una dignità scomparsa ai giorni nostri. Ecco, se proprio volessi dare un significato alle emozioni provate durante la proiezione, esse risiedono in un personale Amarcord che credo investa moltissimi spettatori e ci porti alla riflessione che leterna favola felliniana era in realtà più reale e concreta di tanti racconti attuali. Unemozione quindi, una pellicola da consigliare caldamente a tutti.
Ma a farmi ricadere nella piatta attualità ci hanno pensato tre cose che sono figlie di questa Italia, purtroppo: la scarsa affluenza di pubblico, con una sala a metà della sua capienza, la mancanza di un seppur misero applauso e, infine, la notizia più brutta, quella che la casa dove il Maestro soleva soggiornare nella sua amata Fregene è stata demolita per far posto a un gruppo di anonime villette. In un Paese che si ritiene anche moderatamente civile uno scempio del genere non accadrebbe, ma nell’Italia dei giorni nostri la storia è un lusso che non abbiamo il tempo di vivere affinché la sua lezione ci serva a migliorare qualcosa di noi.
Altra “perla” della serata è stata la fuga delle autorità presenti dalla sala poco prima dell’inizio della proiezione: grazie Federico, grazie Ettore per avermi fatto dimenticare per un’ora abbondante lo squallore di cui siamo circondati.