Si dice che i proverbi siano la saggezza dei popoli. Da sempre sono memoria storica, via di accesso sicura alle tradizioni di una nazione, esperienza di vita che si traduce in una parola che dura da millenni. Persino il nostro grande amico Zingarelli – uno che nella vita deve molto a queste massime, anzi, ne fa, da tempo immemore, collezione, avendone rubacchiati a man bassa qua e là in giro per il mondo – usa un tono solenne quando ne parla: «I pro-verbi, dal punto di vista grammaticale, sono pro-parti del pro-discorso che pro-indicano pro-azioni eccetera eccetera. Dal punto di vista storico e lessicale, invece, i proverbi sono aforismi contenenti norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica e molto spesso in metafora, e che sono stati desunti dallesperienza comune. I primi proverbi sono stati profferiti nel Proterozoico, periodo preistorico (meglio, proistorico) che è durato circa mezzo miliardo di anni, caratterizzato dalla presenza dei prolissi, i primi organismi viventi loquaci comparsi sulla Terra dopo la creazione della donna e delle sue evoluzioni più ciarliere e pettegole, che sono arrivate fino ai nostri giorni, cioè la zitella e la portinaia. I proverbi, nel tempo, si sono propagati soprattutto per via orale (le cosiddette pillole di saggezza). Il periodo di massimo fulgore dei proverbi è stato raggiunto nellantica Grecia, al tempo dei Proci: 109 giovani nobili di Itaca che aspiravano al trono di Ulisse, contendendosi la mano di Penelope, sposa del re, a colpi di frasi a effetto, motti e facezie. A diventare proverbiale è stata la tecnica da loro utilizzata, per dieci ininterrotti anni, al fine di rimorchiare Penelope: mentre di giorno tesseva la tela, i Proci a turno cercavano di attaccar bottone, ma lei restava sempre molto abbottonata. Al ritorno del marito, i Proci continuarono con le loro arguzie, ma contro Ulisse – che se in altri campi era considerato un signor Nessuno, in fatto di battute spiritose assolutamente no – finirono vittime delle sue frecciate.

Insomma, al solo udir proverbio parla proprio come un libro stampato il nostro amico Zinga, soprannominato con molto affetto Mazinga, perché come il robot dei cartoni animati, risponde prontamente alle innumerevoli domande che gli rivolgiamo senza soluzione di continuità: Ma Zinga, cosè la malacia?… Ma Zinga, che diavolo è il litote?… Ma Zinga, ti dice qualcosa la zagaglia? Ma Zinga, perché non ci mostri la tua collezione di proverbi all over the world?. Tentenna, prima di dirci di sì, in genere non è molto geloso delle sue cose, malvolentieri però si presta a mostrare un così ricco assortimento di parole. Alla fine cede e ci regala un esempio ragionato di proverbio per ogni continente.

Asia. “Il fiore non ha né davanti, né didietro”. In Afghanistan questo proverbio è riferito alla pianta dell’oppio e nei mercati di Kabul la massima è accettata da tutti come un’incontrovertibile oppietà.

Africa. “Chi ha la diarrea non teme il buio”. Il proverbio è stato inventato in Congo, all’arrivo dei primi uomini bianchi, “colpevoli” di aver importato nel Paese africano i fagioli. In Congo nessuno, prima di allora, aveva mai avuto il coraggio di uscire di notte, rischiando così di essere sbranati dai leoni. Ma con la scoperta dei fagioli questi ardimentosi congolesi hanno tratto un evidente vantaggio: affrontavano il buio ben sapendo che erano, per il fiuto dei leoni, assolutamente inavvicinabili.

Sudamerica. “Se il lavoro fosse virtù, l’asino sarebbe carico di medaglie”. Questo proverbio del Venezuela pare sia stato coniato, per dileggiare il cugino equino, nientepopodimenochè da Francis il Mulo parlante.

Oceania. “Fardello appena preso in spalla, pesa poco!”. È il proverbio più citato dal ministro delle Finanze delle isole Samoa ogniqualvolta introduce una nuova imposta sui suoi concittadini.

Europa. “Non esistono donne brutte. Dipende solo da quanta vodka bevi”. Proverbio russo nato in una simpatica seduta di autocoscienza presso il circolo dell’Anonima Alcolisti di Bevosolovov.

Ma i proverbi della collezione dello Zinga che a noi sono piaciuti di più, sono quelli rivisitati dalle nuove generazioni, che sono col tempo diventati i cosiddetti “proverbi 2.0”. Ce n’è per tutti i gusti: dalla cocciutaggine di chi non si arrende alle ingiustizie, sapendo che prima o poi il bene prevarrà sul male (“Chi di spada ferisce si becca 14 anni senza condizionale”) a chi, all’opposto, vorrebbe applicata una rinnovata legge del taglione (“Occhio per occhio, occhio al quadrato”); da chi esalta il lavoro non più come esperienza del singolo (“Chi fa da sé fa più fatica”) a chi non pensa ai buoni auspici del domani, ma guarda al crudo realismo dell’oggi (“Rosso di sera, sta andando a fuoco una montagna”); da chi ammonisce da un’esasperata farmacodipendenza (“Chi dorme non piglia sonniferi”) a chi pensa all’ultimo viaggio (“Partire è un po’ morire, ma morire è partire un po’ troppo…”); da chi suggerisce una possibile soluzione ai problemi di sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale (“Se una mela al giorno toglie il medico di torno, una mela ogni otto ore ne toglie tre?”) a chi pervicacemente, instancabilmente, cocciutamente, vigorosamente, ininterrottamente, assiduamente, durevolmente, immutabilmente, incaponitamente, irriducibilmente… pensa solo a …quello! (“L’ormone fa la forza”).

P.S.: Non vorremmo che qualcuno pensi che lo Zinga certe cose non le sappia! Per cui: la malacia è una diminuzione di consistenza di organi o tessuti; il litote è una figura retorica; la zagaglia è un’arma assai simile alla lancia. “Saggio è l’uomo che crede al 10% di ciò che sente, a un quarto di ciò che legge e alla metà di ciò che vede”. Grande Zinga, ci hai regalato l’ennesima… proverbiale perla!