La storia è interessante, la narrazione un po meno. Stiamo parlando di Something Good, nuovo film diretto da Luca Barbareschi, tornato al cinema non solo come regista ma anche come personaggio principale del lungometraggio. Ambientato a Hong Kong, racconta della giovane Xiwen (Zhang Jingchu), che brutalmente si avvicina alla realtà del cibo contraffatto e mal conservato a causa della precoce scomparsa del figlio, Shitou, avvelenato da un alimento adulterato ingerito. Lo stesso che il losco Matteo (Luca Barbareschi) esporta in tutto il mondo, lavorando per la multinazionale cinese Feng.
Una volta scoperto il traffico alimentare, e ricercato dalla Polizia, sarà lo stesso Matteo a fuggire dallItalia, immigrando a Hong Kong, dove il capo della sua azienda, il signor Feng in persona, lo vede capace e determinato, promuovendolo così a Responsabile del Traffico Nazionale degli Alimenti. Un incontro, uno scontro di vite e destini quello che, da lì in poi, vedrà coinvolti Matteo e laffascinante Xiwen, che ancora sta cercando una risposta e, perché no, una pacifica vendetta, alla morte del suo bambino.
Sicuramente interessante dal punto di vista della location, quasi interamente girato in Cina, Something Good vede il racconto di un cattivo diverso dal diverso. Non i visi gialli, ma litaliano che poi si redime, quasi a testimoniare che lodio razziale nei confronti di chi si dice ci rubi il lavoro, i cinesi in questo caso, non è altro che un errore. Perché come racconta questa produzione cinematografica, siamo spesso noi a dar loro lavoro, mettendo risparmio e guadagno in cima a ogni altra priorità. Oltre ai soldi, però, cè molto di più.
Liberamente ispirato allopera letteraria Mi fido di te, di Francesco Abate e Massimo Carlotto, Something good è la dimostrazione di come chi voglia far troppo fatichi a riuscir bene in tutto. Unica punta di (quasi) diamante, Gary Lewis, che dona un tocco di interesse al cast artistico, altrimenti piuttosto povero.
Se in fatto di recitazione a Barbareschi non si può dir nulla, perché – tanto di cappello – è davvero bravo sia sul palco che sullo schermo, dimostrando di essere un poliglotta dello spettacolo, in fatto di regia ha invece da migliorare.
I primi minuti di lungometraggio, infatti, sono eccezionali. Incollano allo schermo lo spettatore, che inizia a essere preso tanto dalla vicenda quanto dalle emozioni. Lo svolgimento però lascia un poco a desiderare, rischiando di trasformare quello che avrebbe potuto essere un bellissimo prodotto filmico in un cinema internazionale non ben riuscito, troppo tendente a quei classici thriller che oramai poco vanno di moda e difficilmente interessano il pubblico.
Something good ha la spiccata intenzione di conquistare più l’estero che la Patria, Italia in cui forse un film giallo o quasi d’inchiesta come quello che ci viene presentato è troppo spesso sottovalutato o non voluto. Produzione mediocre, successo incerto. A ogni modo, l’augurio è sempre quello; pochi pregiudizi, tanti prosegui. Luca, io sono italiana e tifo per te. Noi, promesso, andiamo al cinema!