Chi ha letto Hunger Games, il romanzo di Suzanne Collins, oppure ha visto la trasposizione cinematografica del 2012 diretta da Gary Ross, conosce già il mondo post-apocalittico di Panem, con la scintillante Capitol City e i distretti in cui gli abitanti sono costretti a vivere, sottomessi e in lotta per la sopravvivenza. Nel rispetto dei canoni del genere distopico, è una società dominata dalla follia e dallingiustizia dove ogni anno sono scelti due tributi per distretto (un ragazzo e una ragazza) che parteciperanno agli Hunger Games, dei giochi trasmessi in televisione e basati su una semplice regola: uccidi per sopravvivere.

Ricordate la leggenda del Minotauro? Per vendicare la morte del figlio, Minosse, re di Creta, aveva imposto agli ateniesi di inviare ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle da offrire in pasto al Minotauro. La Collins ha ripreso il mito per creare una trilogia fantascientifica che ha contribuito a riportare in auge il genere distopico, rendendolo appetibile al pubblico adolescente.

Il secondo capitolo, La ragazza di fuoco, è stato affidato a Francis Lawrence, che ha diretto un film ricco di tensione, azione ed effetti speciali, costruito intorno alla brava attrice Jennifer Lawrence, premio Oscar come migliore attrice per Il lato positivo. Grazie a lei, la protagonista Katniss Everdeen esprime unenergia e una forza di attrazione che da sole valgono il biglietto.

Vincitrice insieme a Peeta (Josh Hutcherson) dellultima edizione degli Hunger Games, Katniss torna a casa e riabbraccia la sorellina e il suo migliore amico, Gale (Liam Hemsworth), ma riprendere una vita normale è solo unillusione. ossessionata dai ricordi e si ritrova a pagare il prezzo della fama, che lha resa un idolo per qualcuno e un nemico pericoloso per altri. Temendo che la sua personalità controcorrente stimoli la ribellione nei distretti, i pezzi grossi di Capitol City fanno in modo che torni a gareggiare nelledizione speciale dei giochi, che vede la partecipazione dei vincitori delle passate edizioni.

Tornare ad affrontare un trauma non ancora superato è un colpo duro per chiunque, e la Lawrence riesce a trasmettere langoscia di Katniss ma anche la sua determinazione a non arrendersi. Deve lasciarsi alle spalle Gale e fingersi innamorata (ma è solo finzione?) di Peeta, il suo mite e generoso compagno Tributo, per salvare il quale è disposta a sacrificare se stessa. Il sospetto che esista un piano nascosto che la riguarda diventa sempre più forte nel corso della storia, mentre i concorrenti combattono contro le nebbie velenose, le scimmie assassine e le altre insidie della giungla.

Che Katniss diventi un simbolo, infiammando la volontà di ribellione nei distretti, è il rischio temuto dai Presidente Snow (Donald Sutherland), deciso a fermarla con qualunque mezzo. Ma la ghiandaia imitatrice appuntata sulla sua divisa, la Mockingjay, è ormai il marchio dei ribelli e la finzione spietata dei giochi mortali è destinata a esplodere.

Tralasciando il debole triangolo amoroso, l’idea interessante della storia risiede nella riflessione sulle derive della società morbosamente attaccata alla televisione, che trasmette la lotta tra i giovani costretti a uccidersi davanti alle telecamere. Sorteggiata per diventare una vittima, per essere guardata mentre è costretta a tornare alla legge della giungla, Katniss diventa il simbolo di una possibilità di salvezza: abile con l’arco e le frecce, coraggiosa e battagliera, non dimentica però il valore del sacrificio, l’autentica espressione dell’amore. Impara a dominare le regole dello spettacolo invece che a esserne dominata, fino a distruggere (in una delle migliori sequenze del film) la cupola artificiale in cui lei e i suoi compagni sono imprigionati.

Katniss non è un’eroina romantica, è una donna forte (sullo schermo appare più adulta di quanto non lo sia nei romanzi) che diventa suo malgrado prima la vittima, poi la salvatrice del mondo in cui vive. Si poteva però premere di più l’acceleratore sull’allegoria sociale e rendere la storia più adulta e sfaccettata, approfondendo gli elementi di originalità e gli spunti di riflessione: nella peggiore società possibile, la televisione diventa il mezzo per distrarre la gente da ciò che davvero conta nella vita, dai diritti e dai doveri degli esseri umani, per trasformarla in una massa di spettatori incantata dai lustrini e dall’eccitazione di vedere delle persone uccidersi tra loro.

La finzione deve essere rotta, la capacità di ribellarsi e di fare sentire la propria voce va recuperata. Ma per sapere se la nazione insorgerà, dobbiamo aspettare il prossimo capitolo di Hunger Games.