Dopo il successo trionfale al botteghino francese, dove ha totalizzato oltre un milione di spettatori, è arrivata anche in Italia la commedia Molière in bicicletta, firmata Philippe Le Guay, storico regista de Le donne del 6 piano. La sceneggiatura è certo interessante, il divertimento non manca. Serge (Fabrice Luchini), infatti, abbandonata la carriera dattore, si ritira in una confortevole abitazione nella caratteristica le de Ré, per ricominciare da capo una vita tutta nuova, quasi da eremita. A interrompere il suo brusco isolamento arriva però Gauthier, amico da tanto e professionista di spicco, che con affetto gli propone un nuovo progetto insieme: a teatro con Il misantropo, di Molière.

Serge, dapprima scettico, non impiega poi molto a convincersi, e così, in compagnia del ritrovato collega studia copione e personaggi, immedesimandosi al meglio nelle vesti di Alceste, il protagonista. Unamicizia ritrovata, la poesia di Molière e lincontro inaspettato con una donna italiana, Francesca, sembrano restituire a Serge la gioia di vivere. Ma quale divertimento senza un pizzico di sano e imprevisto subbuglio? I rapporti, infatti, si allargano a tre, rivelandosi molto meno facili del previsto.

Presentato alla 31esima edizione del Torino Film Festival, nella sezione Festa mobile/EuroPop, Molière in bicicletta, dopo aver riscontrato un inaudito successo in patria, riceve unimmane quantità di critiche, tutte positive (o quasi), anche in Italia. Un cast artistico davvero ben preparato vede intrecciarsi le vite di un simpatico trio di attori; Fabrice Luchini nei panni dello sconsolato Serge, Lambert Wilson in Gauthier, e Maya Sansa, la bellissima Francesca.

Un film abile che con astuzia e capacità intreccia, in modo semplice e interessante, la Vita e lArte – forse davvero inseparabili nella quotidianità di ognuno. Un gioco di specchi raffinato, a tratti esilarante. Un omaggio al teatro, una sottolineatura delicata a quanto il palcoscenico possa essere affascinante e altresì fragile al tempo stesso.

Il personaggio di Serge Tanneur, ci racconta Le Guay, il regista, si ispira davvero a Fabrice, che ama i testi, e tende alla misantropia. Capita spesso tra noi nascano discussioni infinite sulle persone che incontriamo ogni giorno, e primancora su di noi stessi. Perché Fabrice è pragmatico, mentre io sono indulgente. Al contrario, infatti, i panni che indossa Lambert Wilson rappresentano il mio punto di vista. Gauthier è una star televisiva, convinta di dover essere accondiscendente con le persone, a ogni costo. Proprio per questo vuole interpretare Alceste: sente qualcosa, dentro, nel profondo. Qualcosa che vuole difendere e portar avanti.

Simpatica anche la figura di Zoe (Laurie Bordesoules), giovane bellissima attrice di film porno, che quasi per scherzo viene messa alla prova nella recita di un copione importante come quello di Molière. “E proprio qui sta la beffa!”, continua Le Guay. “Volevo inserire un divertente termine di paragone con quello che tutti consideriamo il grado zero in ambito di cinema e recitazione”. Perché Zoe, inaspettatamente, è brava per davvero, e si conquista la parte (a teatro con Il misantropo, e non nel film in questione, sia ben chiaro) senza vendere il corpo, come invece è solita fare.

Un film che, nonostante sorrisi e comicità, richiama alla libertà prima che a ogni altra cosa. Alla libertà dell’attore, sul palcoscenico di un teatro o proiettato sul grande schermo di un cinematografo che sia. La stessa libertà che anche noi spettatori percepiamo, e che quasi commuove. Non solo l’imprevisto cavalca abilmente le nostre emozioni, ma, soprattutto, ci fa intuire in modo semplice come i due protagonisti, alla fin fine, non facciano altro che il bene dell’altro, l’un l’altro.

Un bel film, un simpatico cast.