Passare le giornate ai funerali non è una bella abitudine, pensate se vi trovaste a farlo per 20 anni, o peggio, il vostro lavoro fosse accompagnare alla tomba dei perfetti sconosciuti. John May, protagonista di Still Life (film presentato a Venezia nella sezione Orizzonti, in cui ha vinto il premio per la migliore regia), si riduce a questo: dipendente comunale, deve tra le tante cose rintracciare i parenti del defunto. La vita gira dentro le chiese deserte, nellestremo saluto ai reietti della società, che hanno terminato la vita in solitudine.
La precisione di John è totale, come un orologio svizzero: entra nella casa del defunto, raccoglie gli effetti personali, li cataloga per donargli uneterna compostezza. Partecipa a funerali sempre uguali, privi di amici, di familiari, lui e il prete che si guardano sconsolati. Ma gli altri dove sono? Possibile non cè mai nessuno che abbia voglia di salutare queste persone?
Qualcosa deve cambiare. John è stufo: vedere la chiesa vuota, la disperazione del silenzio, lo esaspera. Decide che lultimo funerale organizzato sarà diverso, questa volta verranno parenti e amici, qualcuno piangerà, qualcun altro si abbraccerà, ci sarà unatmosfera commossa. Inizia il viaggio, alla ricerca della vita passata di Billy Stoke, lultimo caso che John avrà per le mani. Non sarà più una questione di sensibilità, John farà di tutto per convincere le persone che sì, vale la pena salutare per lultima volta Billy, anche se non era uno stinco di santo. Malgrado abbia concluso i giorni da alcolizzato, in passato aveva condotto un esistenza piena di soddisfazioni.
Basta ascoltare i racconti degli amici: lex collega della fabbrica alimentare ricorda la voglia di vita, che era travolgente; il veterano di guerra rivela che Billy Stroke partecipò alle difesa delle Falkland e gli salvò la vita. Un chiaroscuro che rappresenta un uomo dotato di grandi slanci ma anche di demoni interiori, che lo portarono allindigenza, poi dentro il vortice dellalcol. Il punto più alto è quando John incontra Kelly, la figlia di Billy, che questultimo aveva abbandonato da piccola e con cui non aveva avuto più rapporti. Tra il funzionario comunale e la donna nasce un attrazione, quasi che il dolore di una vita incomprensibile li abbia conficcati luno sullaltra.
Parlando si scoprono, trovandosi nella solitudine, fin troppo vicini, simili nella voglia di fuggire dalla realtà. John, nascondendosi nellordine meticoloso, continuava a chiudersi allamore; Kelly, cullandosi nella compagnia degli animali, suppliva la mancanza di affetto paterno. Liberarsi dalle abitudini che hanno imprigionato lesistenza, per John, è un passo decisivo, ecco trovarlo dentro un pub a sorseggiare una birra, cambiare modo di vestire, gustare una tazza di cioccolata.
Il destino però non aspetta il tempo della rinascita, sa essere crudele. Il finale rivelerà un aspetto tragico insieme a un elemento sacro. Billy Stroke sarà onorato in funerale, la chiesa gremita da tutti quelli che gli hanno voluto bene, ma a mancare sarà John, che seguirà un iter identico a chi ha accompagnato in questi venti anni: una chiesa vuota, il funerale deserto.
Il regista, Uberto Pasolini, vuole suggerire un dato essenziale della storia, a prescindere dall’aspetto commovente: il senso di giustizia, il riscatto dei buoni, avverrà solo in un’altra vita, nella realtà divina, non in quella degli uomini. Francamente sono rimasto spiazzato dal finale: osservare per la durata della storia la disperazione, la solitudine dei protagonisti, lascia un senso di smarrimento; coloro che riconoscono una Presenza nella vita sanno che le cose non sono descritte come in Still Life; al contrario, nessuno è mai solo, nessuno deve sentirsi solo.
L’epilogo voluto dal regista, l’entrare nel mondo del sacro, con le anime in attesa della resurrezione di John, è consolatorio. Concentrarsi solo sulla giustizia “che non è di questa terra”, fa sì che non si accolga il Mistero nel corso della vita. La prospettiva potrebbe cambiare: non esiste solitudine, non esiste vita incompiuta. Perché dobbiamo considerare il “successo” nella vita (inteso come dare e ricevere affetto) proporzionale al numero di presenze a un funerale?