Di film sulla mafia se ne sono fatti tanti, ma forse è proprio vero, come canta anche la bella Emma Marrone, che la storia non è la memoria, ma la parola. Non nel senso più negativo del termine come alcuni hanno capito, ma dalla parte più positivistica del concetto, semplice: la memoria non basta affatto, soprattutto perché negli anni svanisce. Occorre raccontare e aiutare nella ricerca alla verità anche i più piccoli, o chiunque da solo non si renda conto che la mafia esiste. Per davvero.
Lo racconta con unabilità commovente Pif, in scena Arturo, col suo nuovo La Mafia uccide solo destate. Dal trailer può forse esser scambiato per un film solo ironico, poco rispettoso di chi per combattere lo schifo della malavita ha fatto di tutto. Al contrario, è un prodotto cinematografico davvero fantastico.
Pif racconta infatti come la sua vita, quella di piccolo parlemitano prima e giornalista in erba poi, sia sempre stata condizionata da due protagonisti: la mafia e Giulio Andreotti che, abilissimi, gli rendono sempre più difficile la conquista della bellissima Flora (Cristiana Capotondi), che sin dai tempi delle elementari aveva attratto lattenzione di Arturo e compagni per la sua naturale bellezza e intelligenza.
Una storia che davvero fa ridere, e altresì fa piangere. Un racconto che danza abilmente tra la serietà e quella invece che io chiamerei ironia, ma che forse è meglio definir simpatia, o emozionalità, oppure, ancora, sentimento. Sì, perché uno dei successi più grandi del film in questione sta proprio nel sentimento che inevitabilmente lo spettatore prova nei confronti di Pif e cast. Non solo per labilità con cui largomento è trattato, ma soprattutto per limmedesimazione che imprevedibilmente conquista ogni singolo e che è impossibile lasci indifferenti anche i più amici degli amici (mafiosi).
Divertente la scena in cui il macellaio palermitano insegna allArturo ancora bambino che la mafia esiste per colpa dei film, che ci romanzano troppo con sceneggiature e storie damore. Altresì di vero onore, e pieno rispetto, il ricordo delle vittime tra le più importanti in Italia, uccise da uomini di Governo e da criminali che, nonostante si dichiarino onorevoli, sono tutto tranne che dignitosi. E poi una brillante prima esperienza registica, quella che Pif mette sul grande schermo stavolta. Un bel film, un interessante promemoria per i più grandi e un fondamentale insegnamento per i più piccoli.
“Com’è possibile che a Palermo (e non solo, ndr) la mafia entri così prepotentemente nella vita delle persone e in pochi dicano qualcosa?”, chiede Pif. E poi, lo stesso ci risponde: “Perché è faticoso uscire dal coro. Perché per quanto amaro possa essere, sul momento si vive meglio abbassando la testa, e poi si vedrà. Allora essere un bambino a volte conviene. Imiti i tuoi modelli e se non ci sono problemi per loro, non ci sono neanche per te”.
E così il piccolo Arturo imita Giulio Andreotti, ma poi cresce e capisce. D’altronde, “i problemi arrivano quando un giorno capisci che la mafia non uccide affatto solo d’estate”. Anzi.