Questa sera su Canale 5, alle 21.10, va in onda la seconda puntata de Il clan dei camorristi. Dopo il successo del primo appuntamento (quasi 5 milioni di spettatori e il 19% di share), c’è sicuramente attesa per scoprire come proseguiranno le indagini del giudice Andrea Esposito (Stefano Accorsi), che ancora non sa che suo fratello Marco è stato ucciso da Francesco Russo (Giuseppe Zeno), lo spietato camorrista sempre più intenzionato a conquistare potere. Dopo aver raccolto la voce del regista Alexis Sweet, oggi è proprio O’ Malese (ovvero Giuseppe Zeno) a rispondere alle domande de ilsussidiario.net e a fornire qualche piccola anticipazione su quello che vedremo (leggi qui le anticipazioni sulla seconda puntata).



Nella prima puntata abbiamo cominciato a conoscere Francesco Russo, O’ Malese, un personaggio che da piccolo criminale sembra pronto a tutto pur di ottenere il potere: ci può descrivere questo personaggio?

Già nella prima puntata il personaggio è stato presentato in maniera molto schietta e genuina in tutti i suoi aspetti negativi e in tutta la sua spietatezza. O’ Malese è un ottimo stratega che, nel corso dei vari episodi, riuscirà ad arrivare all’apice del potere fino a tessere la sua tela in tutti i campi, dalle istituzioni fino alla politica e all’imprenditoria del nostro Paese, superando anche i limiti di Napoli e della Campania per ramificare la propria azione in tutta Italia.



Il suo personaggio si ispira al noto criminale Francesco Schiavone, detto Sandokan: se il suo collega Accorsi è stato affiancato sul set dal giudice Raffaele Cantone, lei dove ha trovato ispirazione per questa interpretazione?

L’ispirazione è innanzitutto arrivata dai fatti di cronaca di cui tutti siamo a conoscenza. Fatti che riguardano la malavita organizzata e che inevitabilmente si vanno a fondere con la storia stessa dell’Italia. Inoltre, viste le mie origini napoletane, ho cercato di attingere, in particolare nella dialettica e nei modi di fare, da quelle peculiarità che in qualche modo mi appartengono. Però, pur appartenendo a quella grande fetta di cittadini che si ribellano quotidianamente alla criminalità organizzata, in questa occasione mi sono ritrovato dall’altra parte della barricata a dover interpretare il camorrista.



Lei aveva già ricoperto un ruolo da camorrista (Vito Portanova) in Squadra Antimafia 3. Come si è ritrovato nei panni del “cattivo” di turno?

Sono personaggi molto diversi. Quello di Squadra Antimafia era un ruolo al quale mi avvicinavo per la prima volta, all’interno di una serie già di grande successo, ben avviata e in un gruppo amalgamato. In quel caso ho cercato più che altro di esaltare l’aspetto “umano” del personaggio, un camorrista certamente assetato di potere, ma tutto sommato “perdente”, che usciva sconfitto dalle lotte interne fino a morire.

Come è invece il O’ Malese?

In questo caso ci troviamo di fronte a un personaggio scaltro, spietato, che non guarda in faccia a nessuno. Come sappiamo la Camorra, rispetto alle altre organizzazioni criminali, non ha una sua etica, un codice d’onore ben delineato, e i boss che ne emergono sono schegge impazzite che rischiano in ogni momento di mettersi uno contro l’altro.     

La settimana scorsa Alexis Sweet ci ha spiegato che questa fiction risulta “scomoda”, perché racconta i legami tra lo Stato e la Camorra. E già si sono sollevate delle polemiche contro la serie, rea di rischiare di “esaltare” i camorristi. Polemiche arrivate soprattutto dalla Campania. Da campano e da attore che interpreta l’antagonista principale di questa serie, cosa si sente di dire in proposito?

Da campano sono orgoglioso di aver fatto Il clan dei camorristi, proprio perché tratta temi di cui bisogna continuare a parlare. I mezzi di comunicazione sono cambiati e oggi una fiction può davvero rappresentare lo strumento adatto per raggiungere le persone e per metterle a conoscenza di alcuni fatti che non tutti conoscono. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia, sarebbe come negare l’Olocausto. E a chi ha sollevato queste polemiche rispondo con una semplice domanda: avete davvero guardato la prima puntata o vi siete fermati al titolo?

Come mai questa domanda?

Perché guardando anche solo la prima puntata ci si rende immediatamente conto che non si va assolutamente a esaltare i criminali, ma a raccontare dei fatti che sono accaduti e che continuano ad accadere. Ciò che invece vogliamo davvero esaltare è quel 99% di campani che rappresenta quella parte sana, onesta e sincera che si ribella con forza alla Camorra, spesso mettendo a rischio la propria vita.

Alla fine della prima puntata abbiamo visto Francesco sparare a Marco, il fratello del giudice Esposito, e lasciarlo a terra esangue. Il giudice capirà chi è stato a ucciderlo?

Attraverso le indagini e un fitto intreccio drammaturgico, certamente il giudice arriverà a scoprire la verità e a quel punto sarà inevitabile lo scontro tra i due, che si rivelerà anche abbastanza cruento.

I telespettatori devono stare concentrati sul “duello” tra Russo ed Esposito oppure devono fare attenzione a qualche personaggio “secondario” che sarà importante per lo sviluppo della trama?

Quando ci si trova di fronte a un progetto del genere ogni personaggio ha un peso notevole all’interno dello svolgimento degli eventi. Quello che mi sento di consigliare agli spettatori è di non soffermarsi sull’estetica della realizzazione del progetto, ma di cercare di andare nel profondo della drammaturgia, quindi sulla successione degli avvenimenti e su come certe cose avvengono, perché ogni evento è concatenato.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Attualmente sto girando Le mani dentro la città, una fiction ambientata a Milano che racconta la ramificazione della ‘Ndrangheta in questa città, altra realtà che, come sappiamo, è ben presente anche al Nord. Stavolta, però, sarò dalla parte dei “buoni”: interpreto un ispettore di polizia al fianco di Simona Cavallari. Contemporaneamente sono anche impegnato a teatro con due spettacoli che andranno in scena questa primavera: uno sulla figura di Baudelaire, bellissimo monologo per la regia di Bruno Garofalo, e l’altro con Marisa Laurito in uno spettacolo ispirato al film Angeli con la pistola.

 

(Claudio Perlini)