Una nuova puntata di Servizio pubblico è andata in onda ieri, giovedì 31 gennaio, su La 7: il tema sono gli ultimi risvolti del panorama politico italiano e le ricette che i vari ospiti in studio hanno intenzione di dare allItalia per poter finalmente uscire dal tunnel della crisi economica e finanziaria nel quale è piombata ormai da un paio di anni a questa parte. In studio sono presenti il leader dellItalia dei Valori,Antonio Di Pietro, leconomista del Partito Democratico Stefano Fassina e il leader del neonato partito Lista Lavoro e Libertà, Giulio Tremonti. Come consuetudine la trasmissione incomincia con la disamina proposta da Michele Santoro che ha come oggetto il caso della banca Monte dei Paschi di Siena, etichettandola come la crisi del capitalismo e ricordando come in tempi non sospetti, ossia almeno due anni fa, erano stati lanciati allarmi anche dalla sua trasmissione per luso sconsiderato ed eccessivo dei cosiddetti derivati finanziari. Parla quindi di Beppe Grillo, nella cui dialettica ha notato un certo cambiamento e in particolare non dice più rivolgendosi ai partiti di essere tutti morti, segno evidente, secondo lo stesso Santoro, che sia piuttosto preoccupato per lesito delle elezioni politiche. 



La primissima parte della trasmissione ha come oggetto il livello di tassazione eccessivamente elevata portata dal Governo di Mario Monti. Tremonti sottolinea come questa stagnazione delleconomia giunta ormai in piena recessione, è dovuta ad alcune tasse troppo gravose e in particolare allImu. Poi sottolinea come ormai ci sia una difficoltà che si sta trascinando da almeno sei anni e quindi occorre fare qualcosa che possa rilanciare il tutto e a tal proposito Tremonti ammette di star pensando allutilità di inserire il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) direttamente nella busta paga dei lavoratori dipendenti. Pronta la replica affidata a Stefano Fassina che rimarca come lipotesi Tfr in busta paga sia qualcosa che non lo convinca, anche perché si tratta di denaro che andrà comunque al lavoratore che li ha a disposizione in qualsiasi momento ne abbia bisogno. Inoltre, essendo una sorta di risparmio, a maggior ragione non ha senso darlo ai lavoratori. Fassina attacca poi Tremonti ricordandogli come sia stato il suo Governo a firmare la promessa di raggiungere il pareggio di bilancio nel corso del 2013 costringendo lItalia a dover tirare la cinghia e fare enormi sacrifici per mettere riparo ad una gestione sconsiderata fatta in precedenza.



Si passa quindi a parlare del caso  Monte Paschi di Siena. Di Pietro punta il dito contro Bankitalia che non è stata in grado di controllare e probabilmente ha fatto dei favori alle lobby. Inoltre, sottolinea come sia evidente che la colpa non possa ricadere interamente sullex presidente Mussari, ma che certamente ci sono tantissime altre persone implicate. Di Pietro rimarca inoltre come sarebbe opportuno fare in modo in questa fase che non possano essere inquinate prove che attestino eventuali responsabili di quanto accaduto. Tremonti invece se la prende con Mario Monti che ha cercato in questi giorni di sminuire il problema Monte dei Paschi di Siena mentre invece sia un qualcosa di davvero tremendo. 



Fassina invece trova che sia impossibile stabilire se ci sono documenti che attestino responsabilità e quindi è inopportuno gettare discredito sulla Banca DItalia. Inoltre, ricorda come il prestito di 4 miliardi di euro che lo Stato si accinge a dare a Monte dei Paschi serve per mantenere sotto controllo la situazione, soprattutto per quanto concerne eventuali tensioni sui mercati finanziari evitando così ulteriori svalutazioni e perdite di capitali. Fassina poi cerca di chiarire che il Partito democratico, anche a livello locale, non ha nessuna responsabilità in quanto accaduto; anzi il sindaco di Siena, Ceccuzzi, ha dato le proprie dimissioni circa un anno fa proprio per motivi legati al consiglio di amministrazione della Mps, il cui operato evidentemente era già stato valutato come deleterio o quanto meno sconsiderato. Infine, Fassina spera che si faccia chiarezza quanto prima su questa questione.

Tremonti, quasi a voler assolvere il ruolo della politica in questo genere di problematiche, ricorda come spetti alla Banca d’Italia a vigilare sull’operato delle banche e non ai governi. Dopo l’intervento di Travaglio che ovviamente è critico nei confronti di quei politici che diventano banchieri e viceversa, arriva il momento di Dragoni, che oltre a mostrare i dati secondo cui negli ultimi 5 anni il valore delle azioni delle tre maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena sono è terribilmente sceso, chiede con tono polemico a Tremonti come mai durante gli otto anni in cui è stato al Governo non si sia reso conto della pericolosità dei derivati. Tremonti si giustifica dicendo che i derivati teoricamente sono stati ideati per avere uno scopo molto differente da quello speculativo.

Viene quindi mandato in onda un servizio in cui si evidenzia come a Parma, che come noto è governata da un sindaco del Movimento Cinque Stelle, il primo cittadino si sia reso conto in questi mesi di esperienza amministrativa di essere stato costretto ad aumentare le tasse perché quello che andava predicando insieme a Grillo, ossia rinegoziare il debito, nella pratica delle cose è praticamente impossibile. Nell’ultimissima parte della trasmissione, c’è un accesso dibattito tra Fassina e Di Pietro e in particolare sul supporto dato al Governo Monti, mentre per Tremonti una possibile soluzione ai problemi delle casse pubbliche sarebbe quella che gli stessi italiani comprino i titoli del debito italiano.