Ci sono nella nostra storia dei momenti in cui la notizia di un fatto grande o decisivo diventa in pochissimo tempo nota a tutti e sembra colpire il cuore di ciascuno con una forza e una verità strana. come se improvvisamente, nel flusso opaco della nostra quotidianità, un lampo squarciasse la nebbia che ci avvolge. La nebbia, diceva Pascoli, nasconde le cose lontane, cioè quelle grandi, e ci fa vedere solo le piccole che abbiamo intorno (“ch’io veda qui solo quest’orto, cui presso sonnecchia il mio cane”). Ma sempre Pascoli ha detto anche che urge in noi un “desiderio che non ha parole”.



In questi momenti vibra qualcosa dentro perché sentiamo che si può, si deve vivere in un altro modo da quello a cui il diavolo ci ha costretto, noi complici. Ora, limpreparazione con cui queste notizie ci colgono è un buon segno. Significa che non tutto è previsto, non tutto accade secondo i piani. E siccome la maggioranza delle pianificazioni sono fatte di potere, denaro e sesso, è davvero un bello scossone.



Gli uomini dei media son colti impreparati. Noi siamo impreparati. E quando questi fatti accadono non per una forza cattiva della natura, come uno tsunami, né per una malvagità assurda, come un aereo contro un grattacielo, ma per la scelta di un uomo, magnificamente libera, davvero è un altro mondo che fa capolino in questo.

Dunque, qual è la notizia? Ratzinger ha deciso di dimettersi. Per decidere ci vogliono dei criteri. Oggi il Papa dimostra che si può decidere una cosa così importante con criteri diversi da quelli di tutti. Col criterio della fede! Ma poche ore dopo lannuncio del Papa, poco dopo il cazzotto alla bocca dello stomaco, i media si sono ripresi il loro spazio. Sono iniziati commenti e analisi. Reazioni e retroscena. Una fiera ridicola. Alcuni a dire che lo sapevano. Un autonominatosi “guru” della comunicazione spiega che è finito il papato. Un tizio famoso sospetta sia una manovra elettorale. Impazza il toto-papa. Il commento, lanalisi, la spiegazione sono il nostro anestetico. Ci tranquillizzano rispetto allimprevisto della vita. 



Diceva Baumann che quando muore qualcuno, anche fosse per una malattia, i media subito cercano il colpevole, in modo che non ci si soffermi troppo a pensare che quello è morto davvero. Io credo che un inizio di moralità sarebbe stare di fronte ai fatti senza scappar via. Accusare il colpo. Guardare.

Gli strumenti di comunicazione che innervano capillarmente le nostre vite, hanno una doppia faccia. La prima, meravigliosa, ci sintonizza col mondo intero, così che la frustata di un evento o di una novità possa raggiungere all’istante anche la più distratta periferia. Ma la seconda ha un potenziale tossico. Coltiva non l’osservazione, ma l’interpretazione.

È ovvio che la riflessione, se non è gossip, è utile e importante. Ma talvolta il chiacchiericcio genera una tempesta di sabbia più dinamica della nostra solita e stanziale nebbia padana, ma con lo stesso potere oscurante. Ci vuole molta perizia per attraversare indenni queste perturbazioni di parole. Per non perdersi occorrono guide salde. Incominciare a capire la portata di un gesto così grande come quello del Papa e la logica che lo sottende, così diversa da quella dominante, non sarebbe poi difficile, se non ci fosse tutto questo rumore di fondo.

Gli stessi media che ci portano all’istante una grande notizia, subito la digeriscono e passano via. Forse giustamente, non hanno tempo di soffermarsi troppo. C’è Sanremo, la campagna elettorale, le lotte in Vaticano, il bilancio europeo. Però, come è vero quello sbigottimento iniziale, che ci lascia attoniti!