Dopo una settimana di pausa, a causa della presenza del Festival di Sanremo, torna questa sera la nuova attesa puntata (la quarta – leggi qui le anticipazioni) de “Il clan dei camorristi” (leggi qui l’intervista a Francesco Di Leva). Un appuntamento imperdibile (cui seguirà la quinta puntata martedì prossimo) in cui potremo finalmente tornare ad assistere agli sviluppi delle indagini del giudice Andrea Esposito (Stefano Accorsi) e dei vari ostacoli che O’ Malese (Giuseppe Zeno, leggi qui la sua intervista) sta incontrando lungo la strada che porta al vertice dell’organizzazione criminale. Il boss, che dovrà fare i conti con una partita di droga tagliata male e un inganno da parte di un camorrista rivale, sarà ovviamente affiancato dalla moglie, Rosa Russo, interpretata da Claudia Potenza. L’attrice racconta la propria esperienza a IlSussidiario.net.
Come ti sei trovata sul set di questa fiction?
Le riprese sono andate benissimo, sia nel rapporto con gli altri protagonisti che nel vestire i panni di Rosa, un personaggio certamente molto interessante.
Sotto quali aspetti in particolare?
Rosa non è una moglie “invisibile”, ma è una donna che partecipa attivamente alla vita del clan e che, con lo svilupparsi della trama, farà sempre più parte nella vita del Malese, per le scelte che dovrà prendere. E già l’avete vista alle prese con la latitanza e il primo processo del marito.
In che modo il tuo personaggio si porrà di fronte alla vita criminale del Malese?
Già dalla prima puntata, in due momenti particolari, si capisce che Rosa ha scelto di rimanere al fianco del marito: innanzitutto il giorno del matrimonio, quando anche in un’occasione così importante rimane da sola e sa bene che lo stesso accadrà molte altre volte in futuro. Poi, in un secondo momento, quando gli sottrae la pistola poco prima che venga portato in casema. Anche in quel caso, infatti, Rosa prende coscienza del fatto che inevitabilmente quella sarà la sua vita e accetta di farne parte.
Cosa puoi dirci delle prossime puntate?
Dopo l’uccisione di Vescia e di Ruggero, il Malese è pronto ormai a diventare il boss, avvicinandosi ancor di più verso il vertice camorristico, con tutto ciò che questo implica: dovrà quindi fare i conti con una giustizia ancora più pressante e con nuove ostilità provenienti dagli altri boss rivali che difficilmente accetteranno l’ascesa di questa nuova figura. E Rosa, come dicevo, lo accompagnerà in questo delicato percorso, come poi credo sia stato anche nella realtà.
Quanto credi sia importante la figura femminile all’interno di un’organizzazione criminale?
Ci sono donne che partecipano in parte e donne che invece partecipano in pieno. Nonostante le diverse personalità, però, tutte in un modo o nell’altro partecipano alla vita criminale. Nella realtà anche la moglie (Giuseppina Nappa, ndr) di Sandokan (Francesco Schiavone, ndr), a cui si ispira il personaggio del Malese, si è fatta anni e anni di galera, quindi è chiaro che non si è tenuta in disparte.
Quali sono, secondo te, i motivi del successo della fiction?
Il primo credo sia proprio la verità che viene raccontata, anche nel suo lato più cruento. Non è comune assistere a storie di questo tipo in televisione, soprattutto in modo tanto realistico, quindi credo sia proprio questo l’aspetto che più attira e che inevitabilmente fa parte della storia italiana.
Abbiamo visto Accorsi essere affiancato sul set dal giudice Raffaele Cantone. Tu dove hai trovato invece ispirazione per questa interpretazione?
Ho analizzato innanzitutto la figura di Giuseppina Nappa in tutte le sue sfaccettature, oltre a leggere e studiare documenti, articoli e video sulla sua vita, la storia del clan e quella di tante altre donne. Ho osservato con attenzione il ruolo della sorella di Raffaele Cutolo, da cui ho preso spunto per diversi atteggiamenti che poi vedrete nelle prossime puntate.
Dopo l’esperienza de “Il clan dei camorristi” dove ti vedremo?
Mi vedrete al cinema con due film: il primo è in uscita il 28 marzo, intitolato Outing, mentre il secondo, in uscita in autunno, è l’opera seconda di Rocco Papaleo, intitolato Una piccola impresa meridionale.
(Claudio Perlini)