Questione complessa giudicare un film (Re della terra selvaggia) di cui la critica mondiale si è unanimemente innamorata, acclamato ai festival di tutto il globo (più di sessanta i premi conquistati), uno di quei film di cui pare non si possa che parlare bene. Prima di vederlo sai che se non ti piacerà sarai probabilmente il solo e se ne sarai entusiasta sarà difficile aggiungere un contributo originale, che non suoni come uneco a quanto già ampiamente scritto e detto. Poi però le luci si spengono e dopo pochi minuti tutti i pensieri perdono di importanza, perché non ti trovi di fronte a un film da poter giudicare razionalmente, ma sei avvinto da un trascinante mix di musica folk, colori, sorrisi, dolore, speranza, poesia, natura, coraggio, una vera e propria esperienza più che un film, che alla fine ti lascia dentro la rarissima sensazione di aver viaggiato pur essendo rimasto seduto.
La piccola Hushpuppy vive con il papà Wink nella Grande Vasca, una zona paludosa della Louisiana flagellata da uragani e inondazioni, abitata da una sparuta comunità aborigena. Mentre la catastrofe naturale incombe, Wink scopre di aver contratto una grave infezione del sangue e decide di preparare la piccola, già senza mamma, a cavarsela da sola. Intanto la natura è sempre più fuori controllo, tanto che enormi creature preistoriche venute fuori dallo scioglimento dei ghiacciai, gli Aurochs, incombono minacciosamente.
Beasts of the Southern Wild (titolo originale della pellicola) colpisce sia gli occhi, offrendo uno spettacolo visivamente senza pari con la semplice forza della natura (effetti speciali al minimo), che il cuore, rapito in primo luogo da Hushpuppy, piccola eroina fragile e forte costretta a diventare grande allimprovviso, ma anche da tutta la comunità della Grande Vasca, capace di festeggiare anche nei momenti più tragici e sorprendente nel suo attaccamento a una terra così difficile in cui vivere. Un rapporto viscerale che mostra tutta la sua forza nel momento dellevacuazione forzata a opera delle autorità locali: gli abitanti della Grande Vasca trapiantati nella civiltà sono come bestie in gabbia e la piccola e selvaggia Hushpuppy, smarrita nel suo nuovo abitino da bambina di città, regala una delle scene più toccanti.
Il risultato finale è qualcosa di totalmente nuovo che metterà in crisi gli esperti del settore sempre alla ricerca di rimandi con il passato, proprio per il suo essere svincolato da punti di riferimento. Splendido racconto di formazione colmo di tematiche e spunti, il film mette anche in scena uno dei più bei rapporti padre-figlia mai visti sullo schermo. Al di là dellimpatto emotivo durante la visione, è il progetto nella sua interezza ad affascinare, voluto con forza da Benh Zeitlin, regista appena trentenne con laspetto da simpatico nerd, che ha accettato un budget minimo pur di non dover scendere a compromessi sulla sua visione del film.
Il regista ha voluto che tutti i ruoli fossero interpretati da veri abitanti del luogo con nessuna esperienza di recitazione, scelta che si è rivelata vincente. Zeitlin ha messo in questo film una combinazione di talento, tenacia e amore per la sua terra, e già il fatto che per realizzare le scene con gli Aurochs abbia addestrato dei maialini vietnamiti fin dalla nascita per poi mascherarli, gli attira tutta la simpatia possibile. Sforzi ampiamente ripagati dal clamore mondiale della pellicola, che ha Barack Obama come più illustre sostenitore, e dagli innumerevoli riconoscimenti di cui il più eclatante è la nomination agli Oscar come migliore attrice protagonista per Quvenzaneh Wallis, un minuscolo concentrato di energia e saggezza, rabbia e malinconia, nonché la più giovane candidata al premio della storia (aveva solo cinque anni durante le riprese).
Fiaba incantevole e insieme storia tremendamente reale che richiama le ferite ancora aperte lasciate dall’uragano Katrina, Re della terra selvaggia è anche un formidabile esempio di cinema a basso costo. Pochi soldi e tanta passione.