stata certamente più incalzante la trasmissione di Michele Santoro Servizio pubblico. come se anche nei talk show, che sono sempre stati trendy e divulgatori di un mondo immaginario, si riscoprisse non sola la realtà del Paese, ma anche la drammaticità della situazione politica italiana. Beppe Grillo ha vinto e stravinto e anche la scarsa simpatia, gli screzi dell’ultimo periodo che si sono manifestati tra l’ex comico genovese e Sevizio pubblico sembrano andati in soffitta. Anche Santoro ritorna a corteggiare, con molta discrezione s’intende, il leader del Movimento 5 Stelle. Certo, lo fa con molta accortezza, con molta discrezione.
In studio c’è l’agguerrita Mara Carfagna del Pdl, c’è l’ex leader della Cgil, Sergio Cofferati e in collegamento c’è Massimo Cacciari, che da destra o da sinistra non sono mai stati teneri né con la politica del Pd, né aperti verso Beppe Grillo. Poi c’è Marco Travaglio, in collegamento questa volta da Torino, che distilla un editoriale dove Pier Luigi Bersani appare come un perdente nato e Grillo un leader che ha sempre cercato un colloquio con la sinistra. Alla fine, Grillo sembra come un profeta non ascoltato e una vittima dell’ottusità della sinistra o del centrosinistra. In sostanza un colpo alla botte e una al cerchio.
In effetti, la sostanza di tutto il fumo che esce dal dibattito è che anche Servizio pubblico cerca di spingere verso una trattativa tra il centrosinistra e i grillini, anche se il leader del Movimento 5 Stelle ritiene l’apertura di Bersani una proposta indecente. Si può dire che la sponsorizzazione di Dario Fo, a una sorta di accordo tra il vincitore (Grillo) e il mancato vincitore (Bersani), sia il nocciolo del problema intorno a cui si muove la linea della trasmissione di Santoro, il messaggio più importante, quasi da porre come una priorità. Del resto, Dario Fo è categorico: Non si può fare di nuovo una grande coalizione, sarebbe come decretare la fine della sinistra. Forse il grande premio Nobel poteva dedicare un pensiero anche alla governabilità dell’Italia. Se è difficile la situazione politica italiana, diventa difficile anche la linea editoriale di Servizio pubblico.
Si sottolinea che anche Silvio Berlusconi e il centrodestra hanno perso tanto, tantissimo, ma è abbastanza strano che i candidati più “cari” a “Servizio pubblico” (c’era anche un famoso giornalista della trasmissione che si è candidato in lista), cioè gli Ingroia, i Di Pietro, i De Magistris non siano riusciti neppure a prendere il quorum. Ma deve essere stata solo una dimenticanza. La sostanza vera è che i conti con la “crisi di sistema” italiana, che tutti abbiamo sotto gli occhi, non ha una fuoriuscita a sinistra, tanto meno una spinta più a sinistra. Il tirare la giacca alla sinistra, per cercare di essere ancora più a sinistra, non ha pagato.
Il leader del Movimento 5 Stelle, interprete di una protesta trasversale, di una protesta radicale, ha spiazzato tutti, persino l’informazione televisiva schierata. E con questo dovranno fare senza altro i partiti, ma anche i grandi media che in questi anni hanno alimentato più confusione che informazione.