Avere i numeri, dare i numeri, fare numero, comporre il numero, pescare un numero. Se non vi siete ancora accorti, la nostra vita è dominata dai numeri ben più di quanto possiate immaginare. Pensate a una qualsiasi giornata-tipo: sveglia alle 6.30; mai più di 400 calorie a colazione; 1 firma per presa visione in calce al 5 in matematica affibbiato a vostro figlio; di corsa fino alla fermata della 91 per arrivare alle 8 in punto in ufficio; alle 11, poi, 1 salto al bar per scommettere i soliti 10 euro sui 2 gol in trasferta – che valgono doppio – che segnerà la vostra squadra del cuore; alle 12,30 in mensa per buttar giù 2 spaghi; quindi 4 passi prima di rientrare in ufficio; alle 17,30 ancora di corsa fino alla 91; rientro a casa entro le 19

Insomma, ciascuno di noi ha una vita numerosa. Ma ben più difficile è accorgersi che a farla da padrone sono gli algoritmi. Gli algochè? Gli algoritmi. Non li conoscete? Certo, vivono in incognito, si nascondono in ogni cosa, fanno di tutto per non farsi rintracciare e hanno unidentità molto complessa. Per cominciare a familiarizzare con loro, vi basti ricordare la definizione che ne dà lo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché, senza star lì a fare troppi calcoli, le ha rubacchiate un po in giro per il mondo: Un algoritmo è un procedimento che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi. Non a caso i migliori risolutori di algoritmi sono i marciatori. Lalgoritmo più lungo sinora mai scoperto è stato infatti risolto, grazie alla passione per la marcia, da un matematico, rimasto sconosciuto, tifosissimo di Maurizio Damilano, ex campione olimpico sulla distanza dei 50 km. Se invece – tomaia in pelle per lui, strass con cinturino alla caviglia per lei – i passi di un algoritmo vengono condotti in locali stile latinoamericano, con salsa, merengue, rumba e paso doble, allora se habla de lAlgoritmo de la noche.

Fin qui lo Zingarelli. Ma sugli algoritmi cè molto altro da dire. Per esempio, quando un problema complesso è risolvibile mediante un algoritmo, si dice computabile, ma sono in aumento i problemi non computabili, soluzioni che formule semplificate (non parliamo certo di noi poveretti, usi alla calcolatrice sul cellulare) riescono a risolvere, grazie allaiuto dei moderni elaboratori di calcolo. La scienza moderna, nel suo linguaggio gergale, ormai da tempo è solita definire il problema non computabile col termine assai colorito di computtanata! (esempio: Questo calcolo è di una semplicità disarmante, è proprio una computtanata!).

La definizione di algoritmo deriva dalla trascrizione latina di al-Khwarizmi, nome del matematico persiano considerato uno dei primi autori ad aver fatto riferimento a questo concetto. Alcuni testi, scritti da storici di formazione europea, accuserebbero tuttavia al-Khwarizmi, soprannominato lo Scienziato dello Scià che scià tante cosce, di aver sottovalutato, se non del tutto trascurato, la complessità di questa nuova teoria matematica. Già di per sé un algoritmo è cervellotico, eppure si racconta che, per spiegarlo a un gruppo di mercanti veneziani analfabeti, al-Khwarizmi avrebbe trascritto appunti assai minuziosi e dettagliati e solo in dialetto arabo siro-qatarroico.

La scoperta di un algoritmo è solitamente affare assai complicato: un matematico, in effetti, si fa un fegato tanto. Ed è proprio a causa dei frequenti problemi epatici, che spesso attanagliano i fisici e i matematici, che è stato introdotto il concetto di “calcolabilità effettiva”. Fortuna ha voluto che, forse anche in soccorso alle vie biliari di cui sopra, sia stata messa a punto la cosiddetta “Formulation 1”, un metodo velocissimo per capire – fermandosi pochi secondi ai box – se un algoritmo può essere risolto oppure no.

Il sistema è stato inventato da Emil Post, uno scienziato meticoloso, e perciò abituato a prendere appunti in maniera continua, quasi ossessiva, su fogli tanto piccoli quanto numerosi, tutti della stessa identica misura, riempiti con la sua microscopica scrittura davanti e dietro, custoditi gelosamente e tenuti segretati persino a moglie e figli. Solo alla sua morte, la vedova ha potuto svelare il mistero di quelle annotazioni. Ma le pagine sono ingiallite col tempo e la scrittura tanto consunta da risultare illeggibile. Morale? Per la scienza matematica, Post sarà ricordato come “uno dei tanti che hanno provato a risolvere algoritmi”, ma per i suoi discendenti, che hanno prima brevettato e poi spopolato con i Post-it, lo “zio Emil” sarà sempre ricordato come “il gran benefattore”, se non dell’umanità, perlomeno della loro stirpe!

Tra gli altri algoritmi famosi si segnala la cosiddetta “Macchina di Alan Turing”, che consente di calcolare l’esatto percorso (tempo e distanza) necessario per visitare le zone turistiche dei centri urbani delle capitali europee. In Italia la “Macchina di Turing” ha riscosso immediatamente un grande successo: a tutt’oggi lo storico e celeberrimo “Turing Club Italiano” continua ad attrarre soci (nonchè turisti occasionali e non). Per rendere più accessibile al grande pubblico l’uso degli algoritmi la Arbre Magique ha deciso di produrne una serie al profumo di radice quadrata di mughetto, subito imitata dalla Perfetti, produttrice del chewingum Vigorsol, che ha dato avvio alla produzione in serie di algoritmi al gusto di menta al cubo. Ma che funzione hanno gli algoritmi nella nostra vita quotidiana? In pratica servono a tutto.

L’alluce algo, per esempio, l’unico algoritmo al mondo fatto con e per i piedi, individua il tipo di calzatura adatto, evitando nel contempo la formazione di calli, duroni, verruche e occhi di pernice. L’algaritmo, invece, calcola il tempo di digestione di una pepata di cozze, presente la suocera tra i commensali, consumata immediatamente prima di ricevere la notizia dell’inaspettato arrivo di un bebè da parte della propria figlia, rimasta incinta da Gianni il Druido, cugino di quell’anonimo (almeno fino a un momento prima) marcantonio che proprio due giorni orsono aveva bucato due gomme del fuoristrada con un chiodo da carpentiere, per puro atto di vandalismo; a rendere ancora più drammatica la situazione, dapprima lo 0 a 2 con il quale la squadra del cuore sta perdendo in casa contro la quintultima in classifica, e immediatamente dopo la telefonata del “capo”, che con ringhio ferino snocciola una repentina serie di ordini, da eseguirsi immediatamente in ufficio (anche se è domenica) per sistemare i documenti necessari alla spedizione di una partita di piadine con squacquerone, wurstel, crauti e patate a una pizzeria/kebab di Malles, in Alto Adige. Con gargarismo, poi, si intende il calcolo della quantità di colluttorio da far gorgogliare nel gargarozzo, allo scopo di medicare le mucose del cavo orale e della gola, esercitando di volta in volta un’azione astringente, decongestionante, disinfettante o anestetica locale.

Esistono algoritmi non ancora risolti? Ovviamente sì. Per esempio, un cospicuo numero di matematici è da anni al lavoro nel tentativo di dare un’approssimazione convincente al quoziente d’intelligenza di Valeria Marini (è stato per loro più facile scoprire l’algoritmo che misura la circonferenza del seno) e un altro stuolo di scienziati sta disperatamente cercando di risolvere quello che è già stato definito come “l’enigma della Rosy Bindi”: trovare l’algoritmo del coseno (sul seno gli studiosi hanno gettato subito la spugna) relativo alla sua collocazione politica all’interno del Partito Democratico dopo il risultato delle ultime elezioni.