La televisione di Stato, in versione Ballarò, fotografa la crisi politica tra i lazzi e i frizzi di Maurizio Crozza. Battute azzeccate, soprattutto per gli iniziati. Poi parte il tormentone televisivo serale sulla formazione del governo che, ormai, è in tempo reale, come la grande e vecchia trasmissione radiofonica Tutto il calcio, minuto per minuto. Ma ci si diverte veramente molto, ma molto meno. In platea ci sono nomi di buon livello: Luigi Zanda, capo dei senatori del Pd, Maurizio Lupi del Pdl, Massimo Giannini di Repubblica, Paolo Mieli in collegamento. Poi ci sono il viceministro Michel Martone, che sembra un sopravvissuto dopo la vicenda dei marò italiani, una economista molto apprezzata dal Movimento 5 Stelle, Lidia Undiemi, e un grande economista colmo di onori e di cariche internazionali, Dominick Salvatore.

Il dibattito sembra un colloquio furioso tra sordi. Tutti sentono lesigenza del governo, di formare un governo. Da questa constatazione generale riprende il solito scontro tra Partito democratico e Popolo della libertà. I commentatori che partecipano alla trasmissione sembrano gli ingredienti di un minestrone indigesto. Si sprecano le nuove teorie sul doppio binario, altre frasi conturbanti che evocano i tempi (migliori) della prima repubblica. Ma il risultato finale non cambia mai. Lultima domanda resta sempre quella: ci sono o non ci sono i numeri per la maggioranza al Senato? Risposta unanime: no. Breve sintesi: sembra il mondo dellincomunicabilità descritta tempo fa dal regista Michelangelo Antonioni. E Ballarò sembra la parodia di questo mondo dellincomunicabilità.

Leconomista Salvatore spiega che non si capisce perché in questo momento in Italia si continui con questa politica di austerità, dopo avere raggiunto tra laltro un rapporto deficit/Pil molto più virtuoso di molti altri paesi. Non è di certo una novità, ma il dibattito si accende sempre su questo punto. E via di seguito si riparla del novembre del 2011, quando lItalia era sullorlo del fallimento, secondo Zanda, ma non secondo Lupi. Per cui si arriva al governo dei tecnici, alloperato di Mario Monti, che in tutti i casi non gode più di grande popolarità. Ma è come rimpallarsi una serie di colpe e di colpi, mentre il problema di fondo sta sempre lì davanti: come si può arrivare la formazione di nuovo governo dopo lo choc del risultato elettorale di fine febbraio?

Le posizioni sono e rimangono perfettamente contrapposte nella soluzione: il governo istituzionale, da parte del Partito democratico, non si può assolutamente fare. Quindi arriva la variante del “Movimento 5 Stelle”, dei “grillini”, che continuano a dire “no” a qualsiasi fiducia di governo, alla loro particolarità di essere presenti in “perfetta solitudine”. Di fronte a una simile situazione diventa veramente difficile fare della buona informazione.

Forse può essere un merito di Floris riuscire ugualmente a tirare avanti un dibattito su questa urgenza di fare un dibattito, ricordando però che questa “urgenza” si trascina da un mese. Se la ricerca del governo dovesse durare ancora tanto, c’è il rischio che alla fine si accascino tutti davanti al teleschermo.

Non mancano alla fine di Ballarò anche i sondaggi. Sostanzialmente non cambia nulla. Conviene parafrasare le grandi frasi di Churchill: l’Italia è un rebus, avvolto in un mistero dentro a un enigma.