Educazione siberiana, nuova pellicola del premio oscar Gabriele Salvatores, è una di quelle produzioni cinematografiche che ti rimangono nel cuore, bellissima e semiperfetta, come solo Salvatores sa fare. Tratto dallomonimo romanzo firmato Nicolai Lilin, che leducazione siberiana lha sperimentata in prima persona poiché nato nel clan criminale più povero e temuto di tutta la Russia, questo lungometraggio sconvolge e coinvolge, grazie a una corrispondenza tra immagini e musica, con una sinfonia russa che riesce a emozionare il pubblico, portato a pensare che il cattivo, alla fin fine, cattivo non lo sia affatto.
«Ciò che da subito mi ha entusiasmato di tutta questa vicenda – racconta Salvatores – è come la figura paterna, intesa come guida, fosse fondamento di tutta la cultura siberiana a oggi conosciuta. Il fatto che io mi commuova sentendo pronunciare insegnamenti di vita da un nonno che, tuttavia, sappiamo essere uno spietato assassino, ci fa comprendere quale fascino possa concernere questo clan criminale che abbiamo cercato di raccontare. «Sono stato onorato di aver potuto partecipare attivamente alla sceneggiatura e alle riprese del film, spiega Nicolai Lilin. «E Gabriele ha ragione nel dire che vi è una forte opposizione di significati tra i personaggi che caratterizzano il clan, e gli importanti valori che loro stessi, seppure criminali, tramandano di generazione in generazione. Ciò che mio nonno ripeteva sempre, tentenna, emozionato, «è che gli uomini sono buoni e sono cattivi. Con questa mano oggi ti accarezzo, diceva mentre io gli sedevo sulle gambe, e domani uccido un uomo.
Perché il clan dei Siberiani ha delle regole precise, spesso molto condivisibili, e che, soprattutto, non prevedono dolore nei confronti di chi non lo merita. Noi ammazziamo solo chi ruba ai poveri dice nonno Kuzja, alias John Malkovich, capoclan delletnia siberiana nel sud della Russia, personaggio principale, insieme al nipote Kolima -un bellissimo Arnas Fedaravicius – di tutto il racconto. La storia, ambientata nel sud della Russia, abbraccia i movimentati anni che vanno dal 1985 alla caduta dellUnione Sovietica.
In questo spazio temporale si snoda la storia di Kolima, e del migliore amico-nemico Gagarin, legati reciprocamente da un’affezione fraterna sempre però ostacolata dai guai nei quali il biondo Gagarin incappa, volendo dimostrare, sempre e ovunque, che il più forte è lui. Amicizia che, raccontata dalla prima infanzia sino all’adolescenza, acquista diversi significati metaforici inevitabilmente fondamentali per rispondere alle grandi questioni che l’uomo da sempre si pone; chi sono, e da dove vengo? E ciò che Educazione siberiana porta a domandarti è proprio se tu sia un uomo buono oppure no.
E proprio decidendo di cogliere l’attimo, Gagarin, un energico Vilius Tumalavicius, senza ragionare a proposito di quanto grave fosse il gesto, abusa della “voluta dal Signore” Xenja, una giovane pazza, amore impossibile di Kolima, il quale la vendicherà con la morte del fautore di una violenza gratuita e brutale, perché “chi fa del male a un innocente, va punito con la morte”.
Educazione siberiana è un’ulteriore attestazione di bravura per Gabriele Salvatores, inevitabilmente da catalogare come uno dei registi più talentuosi degli ultimi tempi. “Preferisco armarlo, un bambino di dieci anni, piuttosto che lasciarlo tutto il giorno davanti alla tv. Un ragazzino ben educato, con un’arma sotto braccio, non mi fa paura. Ma un piccolo che spari a chiunque veda sullo schermo perché così ha imparato dal videogioco col quale passa le giornate, quello sì. Quello mi fa paura” conclude Nicolai Lilin, sorridendo.