Il regista spagnolo Juan Manuel Cotelo ha incontrato don Pablo Domìnguez nel febbraio 2009. Pochi giorni dopo, accendendo la televisione, ha scoperto che il sacerdote conosciuto da così poco tempo aveva perso la vita in un incidente durante una scalata in montagna. Subito gli è venuto il desiderio di conoscere più a fondo quell’uomo con cui aveva parlato solo per pochi minuti, e ha iniziato a intervistare tutti coloro che gli erano stati più vicini. Da qui è nato il documentario L’ultima cima (che sarà proiettato al Rosetum di Milano lunedì 15 aprile alle 21. Prenotazione consigliata: info@rosetum.it oppure tel. 02.48707203 per informazioni: www.rosetum.it. Nei prossimi giorni il film verrà inoltre proiettato a Montebelluna, Firenze, Pistoia e Vicenza). Ilsussidiario.net ha intervistato il regista Cotelo.
Come le è venuta l’idea di girare un film sulla vita di don Pablo Domìnguez?
Tutto è nato dal fatto che per tre mesi ho cercato in tutti i modi di evitare di incontrarmi con don Pablo. La mia idea era quella di non avere niente a che fare con lui. Un mio amico continuava a insistere dicendo che voleva presentarmelo, e io ogni volta gli rispondevo: “Grazie, ma non ho bisogno di incontrare nessun prete”. Alla fine ho accettato di vederlo, ma il mio unico obiettivo era di liberarmi al più presto di lui e dell’insistenza del mio amico.
Come è andato quell’incontro?
Quando sono arrivato, la mia idea era quella di dirgli soltanto “buongiorno e arrivederci”. Gli ho parlato per un minuto, e 12 giorni più tardi guardando la televisione ho scoperto che era morto su una montagna. Ho deciso di sapere qualcosa di più su di lui, è stato un impulso involontario. Più cose scoprivo e più desideravo conoscerlo, e questo con il tempo mi ha fatto cambiare radicalmente idea nei confronti dei preti.
Quindi è arrivato il film L’ultima cima…
Ho deciso di girare un film per raccontare che cosa sia un buon prete. Mi rendevo conto che conoscevo tantissime cose sui preti cattivi: chi sono, che cosa hanno fatto e dove vivono. Conoscevo però molto poco sui preti buoni. La mia idea quindi è stata quella di mettere la telecamera davanti a un esempio positivo di prete.
Era stato l’incontro con don Pablo a farle cambiare idea?
No, perché gli avevo parlato soltanto per un minuto. L’unica cosa che mi aveva detto era stata: “Fammi sapere se posso fare qualsiasi cosa per te”. Per me le cose hanno incominciato a cambiare quando ho sentito così tante persone parlarmi di quel prete. Inizialmente ho pensato che stessero mentendo o esagerando. La mia prima impressione era chiara: “Nessuno può essere così buono”. A poco a poco però ho capito che anch’io potevo essere così buono, il problema è che noi non vogliamo esserlo perché preferiamo rimanere persone mediocri.
Quindi che cosa è successo?
Conoscendo la vita di quel prete, ho iniziato a sentire il bisogno di diventare una persona migliore. E ho pensato che se questo era ciò che mi stava accadendo, probabilmente gli spettatori del film avrebbero reagito nello stesso modo. Il mio intento era quello di provocare chi avrebbe visto il mio film così come ero stato provocato io per primo.
Oggi pensa che don Pablo sia soltanto un’eccezione o ha cambiato idea anche nei confronti della Chiesa in generale?
Solo una persona stupida può pensare che la maggioranza dei preti sia cattiva, e che don Pablo sia un’eccezione. Io non mi ritengo uno stupido e non ho mai pensato questa cosa neanche prima di conoscere don Pablo. La mia posizione era piuttosto simile a quella di un malato che non è interessato a parlare con un dottore perché non ritiene che sia una cosa necessaria per lui. E quindi quando qualcuno insiste perché si faccia visitare, la risposta è: “Io sto bene, perché mai dovrei andare dal medico?”.
E’ quasi una citazione evangelica: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico”…
L’atteggiamento di numerose persone nei confronti della Chiesa è esattamente questo. La mia convinzione era che si trattasse di qualcosa che non faceva per me, io stavo bene con me stesso e non sentivo il bisogno di vedere un prete. Finché mi sono reso conto del fatto che le informazioni che avevo sui preti erano sbagliate o inadeguate.
Secondo lei da dove nasce questa disinformazione?
Oltre a lavorare come regista sono anche giornalista, e conosco bene i problemi del giornalismo. Se voglio conoscere la verità sulla medicina non mi rivolgo a un giornalista scientifico ma a un medico, e lo stesso per l’economia, lo sport e una serie innumerevole di altre questioni. A maggior ragione chi vuole conoscere la verità sulla Chiesa non deve prestare ascolto a quello che dicono i giornalisti, ma cercare di averne un’esperienza il più possibile diretta.
(Pietro Vernizzi)