Quarto Grado è tornato, nella puntata di ieri, venerdì 12 aprile 2013, a parlare di quello che è ormai comunemente noto come il delitto di Avetrana, uno dei casi che tengono lItalia con il fiato sospeso: una di quelle vicende di cronaca nera che si trascinano per anni ma la cui soluzione è ancora ben lontana. In attesa della fase finale del processo, prevista per la prossima settimana, gli avvocati di Sabrina Misseri, imputata insieme alla madre Cosima Serrano per lomicidio della cugina 15enne Sarah Scazzi, giocano le loro ultime carte. Adesso si è in attesa di verdetti, dopo le arringhe di rito sostenute da accusatori e difensori. Attesa per nuovi e importanti sviluppi nell’ambito di indagini lunghe e complesse. Il giallo di Avetrana accompagna le cronache dal 26 agosto del 2010, quando Sarah scomparve nel nulla e venne ritrovata cadavere in un pozzo un mese e mezzo dopo, e si è trasformato in un’estenuante romanzo popolare. Le accuse che sono state costruite non hanno risparmiato nessuno dei tre attori maggiormente coinvolti: gli zii Cosima e Michele e la cugina Sabrina.
Questultima viene scagionata prova per prova dai suoi difensori che rovesciano sulle spalle del padre Michele ogni responsabilità morale e materiale, contestando, addirittura, i sistemi adottati durante gli interrogatori da parte degli organi inquirenti. La trama si infittisce. Si ingarbuglia rischiando di consegnare il delitto di Sara a un groviglio senza soluzione alcuna e senza la rivelazione, soprattutto, di quella verità finale che tutti vorrebbero venisse fatta emergere e della quale tutti sono in attesa. Sergio Zeuli, magistrato, invitato in studio, ha cercato di spiegare quali sarebbero stati (secondo i legali di Sabrina Misseri) i metodi poco ortodossi impiegati dalle forze inquirenti, in particolare per il fatto che fossero stati interrogati più volte i testimoni. Tuttavia, su questo si è anche pronunciata la Corte Suprema di Cassazione, che ha ritenuto che il Tribunale di Taranto ha agito con motivazioni esenti da vizi logici e giuridici.
Un altro dei casi spesso analizzati dalla trasmissione di Salvo Sottile è stato quello di Renzo Dekleva, linformatore farmaceutico accusato di aver ucciso, a luglio del 2011, la moglie Lucia Manca e di averne occultato il cadavere. Luomo, che ha scelto il rito abbreviato, è stato ieri condannato a 20 anni e sei mesi di reclusione: diciotto anni per l’omicidio, due per la soppressione del cadavere e sei mesi per falso, più 386mila euro di rimborsi alla famiglia della vittima. Ma, se la giustizia ha fatto il suo corso, la domanda del perché un uomo apparentemente normale arrivi a sopprimere la propria consorte rimane. Le intercettazioni telefoniche sembrano testimoniare altro. I dialoghi serrati con l’amante rivelerebbero una forte resistenza, da parte dell’imputato, nel voler cadere verso la tragica soppressione della moglie. Regge il movente passionale oppure, come emergerebbe, dietro i sentimenti negati e traditi, si celerebbero problemi economici e bieca avidità di denaro? Renzo e Lucia. L’assassino e la vittima. Patrizia, l’amante che entra nella coppia gettandola nello scompiglio. Castelli di menzogne e sotterfugi. Promesse su promesse. Una relazione adulterina che viene vissuta alla luce del sole e senza troppo pudore, con la falsa sicurezza di un uomo che crede di avere vissuto abbastanza per destreggiarsi esperto nelle menzogne del tradimento. Invece, è bastato un telefonino lasciato con la comunicazione aperta per rivelare a Lucia, moglie e vittima, l’atroce verità. Miseria e disperazione. Superficialità e terribile approssimazione e poi le parole intercettate dove la richiesta di arrivare all’estremo dell’omicidio corrono tra le parole serrate di un dialogo tra amanti.
Yara Gambirasio. Un’altra vicenda umana e un’altra attesa, quella che il nome del suo assassino venga finalmente rivelato. Sospetti, troppi forse, ma che rimangono tali. E persone, tante, che vengono coinvolte in indagini che non risparmiano a nessuno lo stesso strazio, nell’attesa di rintracciare l’uomo cui appartiene il DNA trovato in gocce di sangue presenti sui leggins della vittima.
L’attesa segna in maniera forte anche le parole del super testimone Loris Gozi, l’unico a conoscere qualcosa di fondamentale in merito alla scomparsa e alla morte di Roberta Ragusa. Il suo appello disperato affinché anche altri testimoni vincano la paura e parlino, arriva dal profondo di mesi di indagini che procedono con lentezza. Cosa viene tenuto nascosto e perché? I sospetti, sempre numerosi, come hanno dimostrato gli interventi degli ospiti in studio attraverso la perizia delle loro osservazioni e puntualizzazioni, sono sempre fonte di inquietudine. L’inquietudine dell’attesa, appunto.