Il grande successo incontrato negli ultimi anni dalla letteratura thriller svedese, complice in gran parte la saga Millennium di Stieg Larsson, non poteva lasciare indifferente la settima arte. Anche il best-seller del 2009 di Lars Kepler Lipnotista è stato dunque trasformato prontamente in un lungometraggio. Grazie a questa operazione, il regista svedese trapiantato a Hollywood Lasse Hallström torna in patria dopo venticinque anni e per la prima volta si concede unincursione nel thriller, deviando momentaneamente dai drammoni sentimentali che lo hanno reso famoso, da Le regole della casa del sidro a Chocolat e Hachiko.

La glaciale Stoccolma fa da sfondo alle indagini dellispettore Joona Linna, impegnato nel caso di unintera famiglia sterminata atrocemente. Lunico superstite, il figlio adolescente Josef, è anche il solo testimone dellomicidio, ma le sue condizioni disperate rendono impossibile interrogarlo. Linna decide allora di rivolgersi a Erik Bark, un uomo capace di entrare nella psiche altrui e scavare nei ricordi attraverso lipnosi. La strada scelta è però insidiosa e metterà in pericolo anche la famiglia dello stesso Bark.

Le suggestioni offerte sia dal soggetto che dallambientazione, oltre alla presenza di un regista solido in un contesto meno patinato di quello usuale, facevano ben sperare. Emerge presto però la poca dimestichezza di Hallström con il genere, con laggravante di una sceneggiatura che non decolla mai, anzi gira confusamente su se stessa. La scelta di seguire parallelamente lo sviluppo delle indagini e le dinamiche familiari dellipnotista poteva essere vincente sulla carta, ma non viene portata avanti in maniera incisiva su nessun fronte, lasciando lo spettatore piuttosto estraneo ai fatti e mai veramente partecipe.

Si potrebbe sostenere che la cinematografia scandinava ha un linguaggio distante da quello a cui siamo abituati, ma, per fare un esempio recente, Tomas Alfredson era riuscito a coniugare splendidamente atmosfere glaciali e approccio feroce ai personaggi nel suo Lasciami entrare. Si passerebbe tranquillamente sopra alla risoluzione del giallo da telefilm poliziesco del sabato sera televisivo, se ciò fosse compensato da un lavoro convincente sulla psicologia dei personaggi, che è però presente solo nelle intenzioni. Anche i momenti dellipnosi, potenzialmente i più carichi di suggestione, risultano sprecati, arrivando in alcuni momenti a sfiorare il ridicolo. Resta comunque apprezzabile la scelta di non sfociare nel paranormale per delimitare il discorso ai lati oscuri della psiche umana.

Un altro limite è dato dal non riuscire a suscitare alcuna empatia per i personaggi, al limite un po’ di solidarietà per l’ipnotista, vessato da una moglie insopportabilmente lagnosa (Lena Olin). È proprio la crisi familiare della famiglia Bark che dovrebbe regalare i momenti emotivamente più intensi, ma anche questo proposito è rovinato da dialoghi che scadono più volte nel patetico.

Mentre si attende la reazione del pubblico, è già in cantiere l’opera tratta dal secondo romanzo della serie, L’esecutore, per la quale si prevede un cambio di regista.