già nelle sale il film 11 settembre 1683, una data poco conosciuta, ma fondamentale per la storia europea. Significativamente proprio l’11 settembre di alcuni secoli fa si svolse a Vienna la battaglia tra l’esercito musulmano capitanato da Karà Mustafà e la Lega Santa, la cui vera anima è stata quella di un frate italiano, Marco D’Aviano. Il film di Renzo Martinelli racconta la battaglia senza la quale si sarebbe potuta stravolgere per sempre l’Europa e sostituire la Bibbia con il Corano nella storia del Vecchio Continente. Da sempre impegnato in film che riflettono su fatti storici reali e controversi, Martinelli ci anticipa il prossimo film, che, come Piazza delle cinque lune col caso Moro, nasce da un lavoro investigativo sui reali documenti, legati questa volta alla tragedia di Ustica.
11 settembre 1683, insieme al suo film del 2006 Il mercante di pietre, racconta il conflitto tra Occidente e Islam. Quando è nata in lei l’esigenza di raccontare questo grande capitolo della Storia?
E’ un’esigenza nata 12 anni fa durante l’anteprima del mio film Vajont. Qui abbiamo saputo dell’esistenza di questo sacerdote cristiano che ha salvato l’Europa dall’islamizzazione più di 300 anni fa. Poi per realizzare il film ci sono voluti molti anni perchè è un progetto con un piano finanziario complesso. Ne Il mercante di pietre abbiamo cercato di analizzare il malessere oggi, del perchè questa cultura sia così incattivita verso l’Occidente. Con questo film andiamo alle origini del malessere, che affondano in questa data, 11 settembre 1683, che avrebbe potuto cambiare la storia dell’Europa se il mondo musulmano avesse vinto a Vienna e fosse arrivato a Roma.
Come è avvenuta la scelta dei ruoli principali del film?
Per Marco D’Aviano la scelta immediata è stata F. Murray Abraham, che oltre che un amico è un grande professionista e un premio Oscar; ha fatto con me 5 film e ci sembrava l’attore più adatto per rendere tutte le sfumature di questo personaggio. Per il ruolo di Karà Mustafa inizialmente era stato scelto un attore turco, ma quando la Turchia si è ritirata dal progetto abbiamo pensato a Enrico Lo Verso, che avevamo già contattato per interpretare un altro ruolo nel film, quello di Abu’l. Lui ha questi occhi straordinari, dei tratti arabeggianti, e ci siamo detti perchè no? Lui ha resistito un po’ perchè stava già lavorando sul personaggio di Abu’l ma poi ha ceduto, ed è stata secondo noi una scelta intelligente, perchè il ruolo di Karà Mustafà è davvero una grande interpretazione di Lo Verso. Per quanto riguarda i ruoli femminili, Federica Martinelli interpreta il personaggio di Lena, un ponte tra le due culture musulmana e cristiana, un grande talento che esce in modo evidente sullo schermo. Poi abbiamo Piotr Adamczyk, che aveva già intrepretato Giovanni Paolo II: è un grande attore polacco che nel film interpreta il ruolo di Leopoldo Primo d’Asburgo.
Un cast internazionale quindi.
Sicuramente! Abbiamo un grande cast che comprende attori provenienti da 12 paesi diversi. Abbiamo girato in lingua inglese per consentire al film di avere una distribuzione internazionale, e infatti è stato prevenduto in molte nazioni. Insomma, un’operazione di quelle che io faccio di solito: il tentativo di unire la spettacolarità e un contenuto a un valore epico.
Come pensa verrà ricevuto dalla critica questo film?
Noi ci aspettiamo come sempre molti veleni. In Italia c’è un atteggiamento molto prevenuto nei miei confronti e nei confronti dei miei film. Quello che io dico sempre è di vederlo e poi di giudicarlo; è un film a cui abbiamo lavorato per tre anni, una grande produzione internazionale con la Polonia. Molti purtroppo partono da un preconcetto, giudicando il film senza averlo visto e definendolo anti-islamico. Invece è intellettualmente molto onesto, che non prende parti ma racconta un fatto storico.
Qual’è il suo prossimo progetto in partenza?
Stiamo lavorando da molto tempo a un film sulla strage di Ustica. Il 27 giugno del 1980 è scomparso un DC9 con 81 persone a bordo senza che sia mai venuta a galla la verità. Tre le ipotesi che sono state fatte negli anni: un cedimento strutturale, una bomba nella toilette di coda e un missile terra-aria che colpisce per errore il DC9. Noi abbiamo lavorato molto a lungo sui documenti, e ne è emersa una quarta ipotesi mai considerata, un po’ il lavoro che abbiamo fatto per Piazza delle cinque lune con il caso Moro.
Su cosa vi siete basati per scrivere il film?
Abbiamo analizzato documenti, tracciati radar, intercettazioni e li abbiamo incrociati. Ciò che emerge è una quarta ipotesi, agghiacciante, ma che nessuno ha mai preso in considerazione. Il film si intitolerà “The missing paper”, Il foglio mancante, e farà riflettere su questa ipotesi insieme all’enormità di documenti e prove che portiamo a sostegno della nostra tesi. Il lavoro investigativo fatto è stato molto complesso e ha portato alla stesura della sceneggiatura.
Lei ha iniziato come regista di spot pubblicitari e videoclip per poi dedicarsi a tempo pieno al cinema impegnato. Dopo una carriera così ricca cosa consiglierebbe a un ragazzo di 20 anni che oggi vuole diventare regista?
Ai miei tempi si girava in 16 o 35 mm, oggi si può fare un film col telefonino. C’è stata un’evoluzione tecnologica incredibile: bastano una buona idea e una buona sceneggiatura e poi realizzarla è molto più semplice del passato, si è meno vincolati a una gavetta. In America l’hanno dimostrato: anche film fatti con un telefonino hanno una visibilità, l’importante è che l’idea sia forte, innovativa. Sicuramente è la creatività il punto di partenza, poi i mezzi oggi sono alla portata di tutti.
(Nicoletta Fusè)