Non lontano dalla vecchia Fiera di Milano, una fiumana di persone, incurante dellennesima serata piovosa, si accalca allingresso del Teatro Rosetum. Molti non riusciranno a entrare. Non si tratta di un evento legato al Salone Internazionale del Mobile che ha fatto da catalizzatore per tutta la settimana, ma della prima proiezione pubblica milanese del lungometraggio Lultima cima in presenza dello stesso regista spagnolo Juan Manuel Cotelo. Il soggetto del documentario è tale Don Pablo Domínguez: sacerdote cattolico, filosofo e teologo presso la Facoltà di Teologia di San Dámaso a Madrid.
La genesi del film è molto semplice. Il regista, sollecitato a più riprese da un amico ad assistere a una conferenza di Don Pablo, finalmente accetta e ha modo di conoscere velocemente il prete quarantaduenne con il proposito di rincontrarsi a breve. Questo secondo appuntamento non avrà mai luogo perché il 15 febbraio 2009, a pochi giorni di distanza dal primo e unico incontro tra i due, Cotelo apprende dal telegiornale della morte di Pablo accaduta mentre discendeva dal Moncayo, lultima cima spagnola che questo voleva conquistare.
Da quel giorno qualcosa lentamente cambia lanimo di Cotelo. Loccasione di lavorare sul filmato della conferenza, al fine di poter rendere a suo modo omaggio alla famiglia del sacerdote defunto, suscita in lui la curiosità e il desiderio di approfondire le frequentazioni e il mondo circostante di Pablo. A questo punto la miccia è accesa. Come dice il regista: Investigare su un prete è rischioso, perché dalla Chiesa arrivi a Dio e ti domandi cosa centri Dio con la tua vita. Da qui la necessità e lurgenza di comunicare la sua esperienza tramite un film, perché anche lo spettatore possa essere provocato dalla stessa domanda. Del resto Dio sorprende solo chi vuole farsi sorprendere. Juan Manuel Cotelo ha poi creato una casa di produzione (Infinito+Uno) con lo scopo di parlare di Dio e di guidare lo spettatore alla Verità, perché solo la Verità rende liberi.
Il pregiudizio diffuso nei confronti delloperato della Chiesa e sullagire dei preti, anche tra i credenti, è molto forte. Lobiettivo implicito del regista è quello di sfatare tutta una serie di luoghi comuni sui preti (basta solo verificare su Google quale esito dà la ricerca con le parole prete chiesa) svelandone invece il compito vero.
Nel film, grazie alle testimonianze di Cardinali, Vescovi, familiari e amici, il regista ricostruisce la figura e le vicende umane di Pablo, un prete che rendeva evidente agli altri il bello della Chiesa e il gusto dellessere cristiani.
Ma come ha fatto un documentario che parla di un semplice prete a riempire tutte le trecentocinquanta seggiole del Teatro Rosetum con il solo passaparola? Come dice lo stesso Cotelo nell’incipit del film, “a prima vista si potrebbe pensare che la vita di Pablo non sia adatta per farne un film: non è un pedofilo, non è un ladro, non è un esorcista e né un missionario nella giungla, non è il fondatore di una nuova istituzione ecclesiale. E non è nemmeno un parroco, eppure sono convinto che la sua vita meriti di essere conosciuta. Perché Pablo è semplicemente un buon prete!”. Un uomo allegro, divertente e generoso con la passione per la montagna.
Dopo l’anteprima nazionale di tre anni fa a Roma presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e il successivo silenzio, il film è ritornato oggi in Italia grazie all’entusiasmo e al cuore aperto di Francesco Travisi. Fiorentino e di madre colombiana, dopo essere entrato in contatto con il regista ed essersi occupato in prima persona dei sottotitoli in italiano, si sta ora occupando della diffusione della pellicola anche nel nostro Paese (per maggiori informazioni si può visitare il sito www.laultimacima.it). Gli “Amici di Zaccheo” hanno fatto il resto accettando la sfida e organizzando l’evento. La bomba è innescata: future proiezioni sono previste ancora a Milano (Rosetum, Lunedì 22/4) e Firenze e poi a Treviso, Vicenza e Pistoia.
Un successo clamoroso lo ha già raggiunto nella penisola iberica, poiché in maniera del tutto inaspettata e senza alcun budget pubblicitario, L’ultima cima è considerata un’opera cult ed è diventato il documentario spagnolo più visto nella storia. Previsto inizialmente in sole quattro sale, la distribuzione si è ampliata a macchia d’olio e in poche settimane sono diventati centosessantotto i cinema a ospitare il film.
Al termine della visione la sala è raccolta in una profonda commozione. Il documentario riassume in maniera perfetta la drammaticità dell’esistenza. Ma all’uscita si scorgono solo volti sereni, perché tutti abbiamo colto il messaggio che Pablo ha testimoniato con la propria vita: tutto è dato da Dio e tutto a Lui ritorna. E Pablo è stato proprio un uomo afferrato da Dio e innamorato della vita e degli uomini tutti. Un uomo che è stato usato da Dio perché, per chiunque esso incontrasse, fosse certa la Sua Presenza.
Infatti, lo stesso regista dice: “Un uomo da solo non può agire così”. Dopo questa testimonianza di vita ogni istante non può essere sprecato: Pablo ci ha confermato con la propria esistenza che la Santità è possibile anche per noi. Ma ora che abbiamo visto il film abbiamo un problema. Aveva ragione il regista. Siamo davvero nei guai. Sono nei guai. Ora quello che abbiamo visto e incontrato vogliamo raccontarlo. Il sentiero è tracciato, la cima più vicina.
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