Si salvi chi può!: Michele Santoro, aprendo la puntata di Servizio Pubblico di ieri sera, ha esordito con questo grido. La nave sta affondando e senza un capitano. Tutti corrono alle scialuppe. il caos. Lo sfascio del Pd ha condotto la nazione alla catastrofe. La nave che Bersani avrebbe voluto pilotare in porto non era altro che una carabattola costruita con le spoglie di precedenti naufragi. E la sua ciurma? Figli dei peggiori compromessi, marinai dacqua dolce preoccupati per la loro pelle. Mai e poi mai una banda come quella che ha tentato il tutto per tutto per far eleggere Presidente della Repubblica Franco Marini, tornando a inguaiarsi con inciuci da prima repubblica, sarebbe riuscita a smacchiare il giaguaro. E poi quali giaguari? Gattopardi, al massimo. Accorti nel tessere trame perché tutto cambi senza cambiare nulla. Il fatto è che i conti, questa volta, sono stati fatti male, così Bersani non riuscirà a pagare nemmeno lultimo giro allosteria.
Intanto il naufragio continua e nel marasma della disperazione, Beppe Grillo ne esce rafforzato e sempre maggiormente calato nella parte dellaccorto statista, del veggente con locchio lungo perché, a quanto pare, lui e il Movimento, si presentano come gli unici a sostenere una linea politica costruita sulla coerenza. Le inadeguatezze e le incapacità degli schieramenti si stanno mostrando tutti e i tentativi di mascherarli sotto infelici maquillage sono risultati inutili. Santoro ha ammesso che per il bene della nazione non avrebbe mai dovuto offrire spazio a Berlusconi favorendo la sua risurrezione per concederlo a Matteo Renzi, come non ha fatto. E ora? Mentre le tessere del Pd vengono bruciate, la seconda giornata di votazioni si profila funesta.
Il popolo è stanco. Il servizio raccolto tra i manifestanti che hanno presidiato Montecitorio, restituisce un momento sempre più difficile. La gente è allo stremo. La nazione necessita di misure urgenti per arginare la macelleria sociale in corso. Ecco perché le parole di uno Stefano Fassina assediato dalle persone, non convincono più anzi irritano. Irritano e spingono alla disperazione, quella di una giovane che definisce tutto quanto è accaduto ieri allinterno del Pd un tradimento giocato su accordi biechi che la costringeranno a lasciare il suo Paese.
In studio, le riflessioni sono state aperte da un lucido intervento di Gino Strada, fondatore di Emergency. Il suo ragionamento, pacato e oggettivo, si è fondato su tre cifre: ogni giorno in Italia 2500 persone perdono il lavoro, 600 cittadini scendono sotto la soglia della povertà e il 15% della popolazione non riesce più a permettersi le cure mediche non potendo accedere al Servizio Sanitario Nazionale. Una situazione preoccupante e che avvisa del baratro ormai inevitabile. Emergency, sulla base di questi rilievi, ha deciso di aprire un nuovo fronte di crisi proprio sul territorio nazionale dove già era presente con alcuni centri. A questo siamo giunti, ma il bisogno di poter ricevere cure mediche gratis supera ogni barriera. Gino Strada si è detto più volte stupito dallatteggiamento lontano dei nostri politici. Gli ha fatto specie vedere come al nome di Stefano Rodotà, persona degna e onesta, fine intellettuale, siano stati preferiti i soliti brogli, le assurde magagne per cui è meglio preferire il garante dello stallo che va bene a tutti piuttosto che luomo del cambiamento. Lo hanno sdegnato i giochetti delle schede bianche, i mercanteggi, le alleanze di corridoio. Ha definito queste trame indegne, ma lemblema di una classe dirigente che ha smarrito ogni contatto con la realtà.
Massimo Cacciari, ospite fisso delle ultime puntate, in collegamento da Venezia offre la sua personale riflessione dopo le parole di Gino Strada. Se il Pd non si metterà a ragionare mettendo un minimo di logica nelle fondamentali scelte da compiere nellarco di pochissime ore, consegnerà la nazione a Berlusconi decretando la riuscita del suicidio perfetto. Bersani non è riuscito a compattare una formazione politica che mai ha dimostrato unità. I prodromi di una possibile rinascita si ebbero nel lontano 2008, con Veltroni, poi venne la sconfitta alle urne. Da allora niente se non un fallimento successivo allaltro. Lunica possibilità da giocare oggi rimane la definizione di un nome condivisibile da unampia maggioranza ed è quello di Stefano Rodotà. Gli altri, Prodi, Amato, DAlema, rappresentano un passato dal quale prendere le distanze senza troppi rimpianti. Il problema è che la logica sembra mancare nei cervelli di una dirigenza di partito che non ha saputo fare nulla di credibile e concreto fino a questo punto.
Lucia Annunziata, giornalista di La7, per rispondere agli interventi che hanno preceduto il suo, ha cercato di evidenziare la lotta interna che ha condotto alla spaccatura del Pd. Secondo la sua visione, il duello in atto da anni è quello tra Prodi e D’Alema, tra la Margherita e i DS. Un scontro che Bersani avrebbe cercato di evitare compiendo mosse da tutti giudicate assurde, come quella di trovare un candidato condiviso nel nome di Franco Marini, nome gradito anche al Pdl. Così ragionando, saremmo di fronte a un’antica faida di partito dove la guerra tra due fazioni antagoniste, due anime diverse, sarebbe la causa del fallimento in corso. Una difesa in extremis di Bersani?
Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere della Sera e autore del libro “La Casta”, e Elisabetta Gualmini, dell’Istituto Carlo Cattaneo, hanno approfondito ulteriormente le analisi degli ospiti intervenuti prima di loro con un particolare riguardo dedicato a Gino Strada, l’unico ad aver impiegato un linguaggio diretto e comprensibile rinunciando al solito gergo del politichese.
Da segnalare la telefonata in diretta di Adriano Celentano nel corso della trasmissione (il video alla pagina successiva). Il “molleggiato” ha detto che Bersani non può rifiutare l’offerta di Beppe Grillo di votare Rodotà, anche perché questo aprirebbe la possibilità di un governo sostenuto da Pd-Sel-M5S. In caso contrario si prenderà una grossa responsabilità nei confronti del Paese.