Lincipit onirico e altamente spiazzante potrebbe far temere una pellicola pretenziosa, di quelle che tengono alla larga lo spettatore non intellettuale. Invece, già dai primi minuti Il Ministro – lesercizio dello Stato di Pierre Schoeller si rivela un affresco acuto e nel complesso coinvolgente, accattivante perché narrato da un punto di vista assolutamente originale, che corre solo il rischio di stordire lo spettatore meno resistente con i suoi dialoghi serratissimi e a volte convulsi. Una telefonata nel cuore della notte avverte il ministro dei Trasporti Bertrand Saint-Jean di un grave incidente che ha coinvolto un pullman pieno di ragazzi. Larrivo delluomo sul posto fa intuire subito quale direzione prenderà il film: i fatti sono puramente strumentali, ciò che preme a Schoeller è raccontare cosa significhi essere un uomo di potere ad alti livelli, portando lo spettatore allinterno della sua quotidianità senza risparmiare alcun dettaglio. Per questo, ad esempio, una tragedia nazionale diventa unoccasione in cui è fondamentale dire le parole giuste e trasmettere unimmagine vincente, curata nei dettagli più insignificanti dalla rampante addetta alla comunicazione.
Per quasi due ore siamo catapultati dentro una girandola imprevedibile di alleanze e cospirazioni, scelte difficili, compromessi, equilibri sottilissimi, ribaltamenti improvvisi. Il mondo della politica viene setacciato per non lasciare trascurato alcun aspetto: avidità, contraddizioni, ipocrisia, ma anche tanta solitudine.
Seppur imprescindibile, il contesto politico è ridotto a sfondo, un elemento funzionale alla messa in scena, dal momento che lo scopo non è raccontare lattualità politica francese, quasi del tutto estranea al racconto (inutile infatti cercare richiami a personalità o partiti reali). Ciò che preme al regista è analizzare la pratica del potere, osservarne, per usare le sue parole, i riti, gli umori, la salute, il sangue, la libido, gli aspetti più umani e anche i più bassi. Questo non impedisce in ogni caso che alcuni elementi appaiano tremendamente attuali, primo fra tutti linsofferenza della popolazione nei confronti della classe politica.
Intorno al mastodontico personaggio di Saint-Jean si staglia una costellazione di personaggi fondamentali: il fidato capo di Gabinetto Gilles; lautista Kuypers, attraverso cui si percepisce il bisogno profondo del ministro di instaurare unamicizia autentica; la compagna di questultimo, che rappresenta la voce impietosa del popolo.
Il lavoro più impegnativo è affidato a Olivier Gourmet, già attore feticcio dei fratelli Dardenne, che si insinua superbamente nella pelle del protagonista e ne tira fuori debolezze e ambiguità ma anche lati positivi: un personaggio a tutto tondo lontanissimo dagli stereotipi, impossibile da collocare nei buoni o nei cattivi. Tra sbalzi di umore, momenti di depressione e punte di follia siamo di fronte a una prova veramente generosa.