O la piazza o il re. Un titolo di tutto rispetto per la puntata di Servizio Pubblico del 25 aprile. Rispetto per il popolo che reclama quella democrazia nella quale ha dimostrato di sapere ancora credere dopo le violente proteste di sabato scorso, davanti a Palazzo Chigi. La piazza è quella che ha fatto ricordare che il 25 aprile, anniversario della Liberazione, non è morto nella memoria di parecchi italiani, come vorrebbe Beppe Grillo. Un velo di coscienza democratica sopravvive ancora nonostante gli attentati che le istituzioni nate dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale hanno subito da parte di una classe politica che non rappresenta più i cittadini elettori. Questo emerge, secondo la lettura dei fatti proposta da Michele Santoro nel cappello introduttivo. Per rendere ancora meglio l’idea, ha raccontato un episodio risalente ormai a venticinque anni fa. Un episodio raccontato in una puntata della vecchia “Samarcanda”. A Torino, gli abitanti del quartiere le Vallette scesero in piazza per protestare contro la chiusura di una scuola materna. La maggior parte di quelle persone erano iscritte e votavano per il centrosinistra. Malgrado la dichiarata appartenenza politica, il loro dissenso imputava ai partiti che avevano sostenuto con il favore delle urne la dura verità di non rappresentarli più. Era il 1992. Un quarto di secolo. Da allora tutto è precipitato, il popolo è stato privato dalla possibilità di scegliere coloro che lo dovrebbero rappresentare. Ogni legame con il territorio è stato reciso e con questo le idee e i bisogni dei cittadini. Un quarto di secolo e tutto è peggiorato, ha sottolineato il conduttore. Alle Vallette di Torino molti hanno continuato a votare la sinistra. Altri hanno preferito le illusioni di un magnate. Altri ancora si sono lasciati irretire dalle visioni di un comico. Il risultato di questo tradimento è la piazza di sabato scorso che protestava contro un pauroso immobilismo che altro non ha prodotto se non i privilegi d’oro di una casta che non vuol mollare.



Il discorso tenuto dal rieletto Presidente della Repubblica davanti alle Camere congiunte, è stato duro e non ha risparmiato di accusare le parti politiche di gravissime responsabilità. Cambierà qualcosa? Secondo il pensiero elaborato da Santoro, la richiesta di consegnare nelle mani di un grande risolutore le necessità della nazione farebbero scivolare la democrazia nelle mani di un presidenzialismo forte inadatto per l’idea di democrazia che è nata proprio dal 25 aprile. Il potere va riconsegnato al popolo attraverso un sistema democratico limpido e snello, ma sopratutto rappresentato da persone consapevoli degli impegni assunti. La designazione di Enrico Letta come Presidente del Consiglio incaricato, secondo Santoro apre su una fase nuova. Letta è giovane, rappresenta un cambio generazionale. Parla e ragiona con chiarezza e dimostra una volontà di lavorare libera da tutti quei pregiudizi ideologici e quelle inadeguatezze che il Pd con Bersani non è riuscito a superare. L’espressione del premier che ha maggiormente manifestato i suoi propositi è quella indirizzata agli eletti del M5S: “Bisogna che voi vi sciogliate!” Queste poche parole aprirebbero a una nuova possibilità di dialogo dove viene richiesto ai “grillini” di cominciare a prendere decisioni rinunciando al dogmatismo che li ha trincerati sulle posizioni di chiusura fino a questo momento assunte.



Massimo Cacciari, ospite fisso nelle ultime puntate, ha ripreso il filo conduttore delle sue riflessioni dimostrando di saper analizzare criticamente i fatti che hanno segnato la cronaca della vita politica fino a oggi. Ha definito deciso l’intervento di Napolitano e apprezzato la franchezza dimostrata mettendo le parti politiche davanti a condizioni irrevocabili: o il governo o le mie dimissioni, basta con tutte quelle manovre che altro non hanno prodotto se non la rabbia degli elettori. Sul versante partiti, vincitori e vinti, altro non hanno fatto che ribadire quanto previsto. La situazione attuale rispecchia piani che hanno visto le scelte del Pdl e di M5S adeguate alla situazione. Berlusconi ha ottenuto la parte che si era prefissata: avere un peso nel governo che si andrà a formare. Grillo, invece, si è garantito la presenza politica per i prossimi due anni consapevole del fatto che i suoi deputati dovranno scendere in campo cominciando a lavorare politicamente e che con la squadra messa in parlamento mai avrebbe potuto governare. Il risultato? La confusione del Pd. In studio, Stefano Fassina, deputato Pd, con il suo intervento in risposta alle domande del conduttore oltre che sollecitato dal pubblico, non ha potuto fare altro che ammettere il momento di stallo che il suo partito sta attraversando, ma rigettando ogni accusa di incoerenza in merito al programma presentato agli elettori e per il quale hanno ottenuto i voti.



Marco Travaglio ha attaccato Fassina su questo versante accusando il Pd di avere intessuto ormai da vent’anni un “inciucio” continuo con il centro-destra, dall’epoca della Bicamerale, il 1996. Le dichiarazioni rilasciate da troppi esponenti autorevoli del Pd ancora settimana scorsa, erano di un totale rigetto di ogni ipotesi relativa a un governo politico con il Pdl quando oggi si è arrivati a un accordo che vede prossima la fiducia a un patto che gli elettori non vogliono e non hanno voluto.Maurizio Landini, segretario generale FIOM, ha riportato l’attenzione sulla piazza sostenendo quanto è importante ascoltare la voce di chi protesta chiedendo un cambiamento radicale, alternativa che non ci sarebbe stata se, come ha sostenuto il giornalista Mario Giordano, la scelta di Napolitano fosse ricaduta su un uomo della prima repubblica come Giuliano Amato. Chiude la puntata Roberto Saviano che si chiede “se mi trovo nel paese che avevano immaginato i resistenti” (il video alla pagina seguente).