Lanno scorso The Avengers, se non ha raggiunto il vertice del cinema tratto dai fumetti supereroici, ha di sicuro settato uno standard di divertimento, spettacolo e personaggi con cui i film Marvel Studios devono confrontarsi dora in poi. Il primo a confrontarsi è di sicuro il supereroe più atteso tra quelli della scuderia, Iron Man, che nel terzo episodio della propria serie mantiene intatto lappiglio divistico di Robert Downey jr. ma cambia regista, lasciando al più frizzante Shane Black il compito di sollevare il livello dopo il secondo film più deludente.

Quando Tony Stark vede il suo mondo personale distrutto per mano del Mandarino, misterioso terrorista internazionale, intraprende una straziante missione alla ricerca dei responsabili. Si tratterà di unimpresa che metterà a dura prova il suo coraggio in ogni momento. Con le spalle al muro, Stark dovrà sopravvivere senza i dispositivi da lui creati, fidandosi solo del proprio ingegno e istinto per proteggere le persone che ama.

Scritto dallo stesso Black affiancato dal più esperto di cine-fumetti Drew Pearce, Iron Man 3 segue la scia che molti eroi contemporanei, da Batman a James Bond, hanno intrapreso – seppure qui con più sorrisi e meno crepuscolo: ossia la rinascita, la risurrezione delleroe attraverso un film dazione che mescola la fantascienza degli albi disegnati, la suspense di una action-comedy (di cui Black è maestro, da Arma letale a Lultimo boyscout fino a Kiss Kiss Bang Bang in cui conobbe Downey jr.) e lo spettacolo dei blockbuster made in Hollywood.

Il cuore del film, e anche il suo centro in senso narrativo, vede infatti Stark dover capire chi è, senza laiuto di unarmatura diventata più rifugio psicologico che aiuto concreto, in un contesto rurale e provinciale in cui Stark e un ragazzino sveglio riscrivono le regole della strana coppia, con tanto di indagine hard-boiled e sparatoria vecchio stile. Ma il personaggio di Stark, la sua sindrome post-traumatica, il suo essere reduce traghetta il film dentro un sotto-testo vagamente politico che lo lega al primo film e che racconta il rapporto degli Usa con i nemici, esterni ma soprattutto interni, con il proprio esercito via via sempre più privato e privatistico, con il patriottismo messo in discussione da colpi di Stato e attacchi alle istituzioni – come in molto cinema Usa contemporaneo. Stark è sempre stato personaggio vagamente reazionario, qui grazie al cielo il gioco della commedia stempera le asperità e riscrive le coordinate del filone.

Chiaro che i numerosi cambiamenti di lettera e spirito rispetto al fumetto di partenza possono far inorridire gli aficionados, soprattutto per la svolta del personaggio del Mandarino, ma è innegabile che Iron Man 3 funziona e convince proprio in virtù di questa autonomia che Black sa gestire ottimamente: come in un canovaccio di 007 (con un “Tony Stark tornerà” sul finale dei titoli di coda), ci sono viaggi, pericoli, catture e prigionie, fughe e sparatorie e nel finale esplode tutto con generosità di effetti speciali. Ma nel frattempo, Black ha saputo piazzare qualche zampata dei personaggi, tenere in piedi la tensione del racconto e divertire mentre eccita con prelibate sequenze d’azione, come la catena umana fuori da un aereo che precipita o i fuochi d’artificio del finale.

Forse le suggestioni dello script sono troppe e poco originali, tra Terminator e l’horror puro, ma l’ironia e lo humour che Black infonde bastano e avanzano a conquistare il pubblico, allettato poi da un cast impeccabile: oltre al mattatore Downey jr, l’affascinante Rebecca Hall che sfida l’algida (ma fino a un certo punto) Gwyneth Paltrow, Ben Kingsley che spiazza alle spalle di Guy Pearce, Don Cheadle spalla comica al pari dell’ex-regista Jon Favreau. Iron Man 3 non sbaglia un colpo. A patto di godersi la rinascita e la riscrittura di un’icona alla dura prova della fine di una trilogia.