Il cacciatore di giganti è uno di quei film in cui il genere epico si unisce al fantasy e alla fiaba, dando vita a un prodotto con caratteristiche ben precise: la storia si presta a diventare una saga e abbraccia dei temi universali, rappresentando il classico scontro tra Bene e Male. Il conflitto al centro della vicenda è di solito giocato su due piani, fisico e morale, preparando il terreno per epiche battaglie (rese più spettacolari dalla tecnologia 3D) e scelte difficili, contrasti familiari e tradizioni antiche. Il cacciatore di giganti può contare su un ritmo sostenuto, dei paesaggi suggestivi, un buon cast e un modello classico (la fiaba di Jack e il fagiolo magico), eppure negli Stati Uniti non ha avuto il successo sperato e, in effetti, non siamo di fronte a un film memorabile.
Al centro della storia troviamo luomo comune che diventa un eroe: Jack (Nicholas Hoult, reduce dal successo di Warm Bodies) è un giovane sognatore, orfano e squattrinato, che sceglie di difendere una principessa ribelle, Isabelle (Eleanor Tomlinson, nel cast di Educazione Siberiana), trovandosi coinvolto in unavventura inaspettata. Quando gli capitano tra le mani i fagioli magici, in realtà reliquie speciali di molto tempo fa, Jack vede crescere una pianta che si innalza verso le nuvole. Qui si trova la leggendaria Terra dei Giganti, sospesa tra il cielo e la terra, patria di un popolo crudele che assomiglia vagamente agli orchi di tolkeniana memoria.
Il rapporto tra Jack e Isabelle, che ricorda la protagonista di Brave, è giocato sulla dolcezza e sullironia: se Jack è il ragazzo destinato a diventare un eroe, Isabelle è la giovane assetata di avventure che rifiuta la vita decisa dal padre per lei e sceglie di fuggire, finendo nei guai. Lopposizione del re (Ian McShane) non è certo lunico ostacolo al lieto fine: i giganti, guidati dal mostruoso generale Fallon, sono decisi a vendicarsi contro gli uomini che, in passato, li hanno imprigionati tra i due universi. Le battaglie ricche di azione e di effetti speciali si alternano alle scene più intime, i momenti di pace in cui leroe raccoglie le forze, riflette sulla sua missione e si avvicina alla principessa che gli ha rubato il cuore. E man mano che cresce la minaccia dei giganti, si prepara lo scontro finale dai toni accesi, potenziati dal 3D.
Unendo il plot romantico, lo scontro tra stirpi diverse e la storia di formazione, il regista Bryan Singer (X-Men) sfrutta i classici espedienti del viaggio dell’eroe, che trova la sua strada e conquista l’amore affrontando con coraggio le prove sul suo cammino. I personaggi sono brillanti ed è apprezzabile la commistione di tono epico e comicità, ma il risultato finale non riesce mai a toccare la profondità de Lo Hobbit.
Pur partendo da una fiaba, Il cacciatore di giganti è esplicitamente rivolto a un pubblico adulto e punta sul richiamo dell’action e sulla costruzione visiva, tra scenari medievali e paesaggi maestosi insanguinati dalla violenza dei mostri. E si tratta di cattivi a tutto tondo, senza sfumature, né possibilità di cambiamento.
Un commento va speso per Lord Roderick, il personaggio interpretato da Stanley Tucci: poteva essere semplicemente il villain perfido e prevedibile, invece si dimostra una figura ricca di sfumature che riesce a sorprendere lo spettatore. Il finale, giocato sul sottile confine tra realtà e leggenda, rischia di deludere chi preferisce immergersi nel mondo straordinario senza rompere l’incantesimo.