Ieri sera a Servizio pubblico Santoro ha aperto la sua puntata Aspettando Grillò sulle note di Sfiorisci bel fiore di Jannacci, prima di lanciarsi contro i media e la rete che dicono tutto (invita Sgarbi per audience) e il contrario di tutto (con Sgarbi perde pubblico): «Non corrisponde alla mia idea di televisione e di vita che il Pdl, quasi un 30% del Paese, sia ignorato allinterno di uno studio televisivo e poi «in rete sembra tutto facile: a è a e b è b. Il percorso che conduce alla verità, per me, è un po più complicato.
Dopo le interviste del servizio di apertura a diversi esponenti del Parlamento, è giunto il turno degli ospiti in studio, interrogati sui messaggi incalzanti rivolti alla classe politica a non perdere tempo: Elisabetta Gualmini – presidente dellIstituto Cattaneo – ha offerto un focus sulla situazione del Pd, attaccando la strategia di Bersani di elemosinare «con il cappello in mano lalleanza di Grillo, che da subito aveva chiarito il divieto a qualsiasi alleanza; la conclusione dellintervento ha colpito tutti i partiti: «I cittadini non sopportano che i dirigenti non riescano a cogliere lesigenza di cambiamento e che sappiano solo rinchiudersi nei palasport a parlare agli anziani e ai loro uomini. Lintervista di Giulia Innocenzi a Paolo Becchi ha smorzato il ritmo dello studio, anche se il professore non è riuscito a navigare oltre linevitabile alleanza Pd-Pdl e un incarico al Movimento 5 Stelle nemmeno preso in considerazione da Napolitano.
Chiuso il servizio, la diretta è tornata in studio per sentire le opinioni degli ospiti su Grillo, per Daniela Santanchè «la persona più coerente che esista: rappresenta il voto di protesta, dunque non può che andare contro i partiti. E mentre è continuato il dibattito, sono emerse le prime divergenze sugli scenari futuri: se per Carlo Freccero lo stallo ha trascinato i grillini in un «cul de sac e la soluzione migliore per Grillo sarebbe lalleanza Pd-Pdl (così da poter tornare al muro contro muro), per Gualmini – se persiste la paralisi istituzionali – Grillo può crescere, ma se i partiti cambieranno davvero avrà vita dura. Alle considerazioni sullattualità si sono accompagnati i risultati di un sondaggio sugli elettori del Movimento 5 Stelle, dalla forte percentuale di voto di protesta a un 41% favorevole a un governo Bersani o di larghe intese, mentre lanalisi sul Movimento si è fatta spazio nella puntata anche grazie agli interventi di Freccero, che ha descritto Grillo come «il Berlusconi del web, il quale «ha portato sulla rete la tv generalista.
Il monologo di Travaglio non ha punto, forse addormentato dal tenore della puntata o dagli stessi saggi che il vicedirettore del Fatto sembrava gradire poco; nella solita salsa di parentele sgamate e avvisi di garanzia, non hanno trovato spazio idee nuove o le consuete ironie. Come sempre, allattacco sulla proposta di nominare i saggi, il giornalista non ha suggerito una possibile via duscita (un trucco che negli anni è fruttato una fortuna).
La puntata, oltre la prima metà, ha avvicinato sempre più Berlusconi e Grillo, e anche Daniela Santanché, urlando (come sempre) che «da noi i voti non li prende il Pdl, ma solo Silvio Berlusconi», ha fatto sì che le immagini dei due leader, seppur nitide e distinte, non facessero che sovrapporsi l’una sull’altra, in un gioco illusorio spento dai due contributi video tratti dal film “Tsunami Tour” di Francesco Raganato, dove un Grillo raffreddato parlava di energie rinnovabili e intelligenze che si connettono, riprendendo la giusta distanza dal Cavaliere di Arcore.
Nel teatro di Santoro hanno trovato spazio anche i virtuosismi costituzionali: Marco Travaglio continua a difendere una Costituzione ancora sconosciuta alla sincerità dei costituzionalisti, così da «trovare agghiacciante» che la crisi delle istituzioni abbia portato la carica del Presidente della Repubblica a espandersi tanto da (come ha detto la Santanchè) «far sembrare il nostro un semipresidenzialismo»; Travaglio s’è chiesto se la necessità di una torsione delle pose istituzionali sia data proprio dall’imperfezione della nostra carta costituzionale, ma sarebbe stata una risposta poco alla moda; mai però quanto la consigliera regionale di Bolzano chiamata da Santoro a parlare al pubblico in completo tirolese. Eva Klotz ha parlato del timore verso una possibile svolta autoritaria di Grillo (in paragone con Hitler) e della volontà del Sudtirol di staccarsi dall’Italia, attirando i malumori di tutti gli ospiti.
Forse nella pantomima di “Aspettando Godot” andata in onda ieri sera, in un clima di attesa da teatro dell’assurdo, il titolo della puntata c’entrava fin troppo con lo spettacolo che dai primi minuti ha preso vita nello studio. Forse anche da Santoro, aspettando che un Grillo getti la maschera – e quante risate vedremmo dietro a quei baffi bianchi – Vladimiro ed Estragone non fanno che litigare, tentare di separarsi, ma in fondo restano legati l’un l’altro, nel vortice che avvolge questo pazzo atto della politica italiana.