Ormai per molti big della musica italiana, i duetti ad Amici, il programma di Maria De Filippi arrivato alla dodicesima edizione, sono diventati una piacevole consuetudine. Tra coloro che hanno deciso di aderire all’invito, va rimarcata la presenza di un vero mostro sacro come Gino Paoli, una delle voci più belle e particolari del panorama artistico tricolore. Una bella responsabilità per i giovani aspiranti artisti, considerata la statura del cantante di Monfalcone, ormai sulle scene dagli anni Sessanta e capace di comporre e cantare alcuni dei motivi più popolari della storia della musica italiana.



Nato nel 1934, Gino Paoli ha legato il suo nome a Genova, città nella quale si è trasferito con la propria famiglia da bambino e nella quale ha iniziato la sua formazione artistica. Tanto da essere considerato una delle colonne della cosiddetta scuola genovese, nella quale sono annoverati altri artisti del calibro di Fabrizio De Andrè, Bruno Lauzi, Joe Sentieri e Umberto Bindi. La sua carriera è iniziata nel 1959, sotto l’egida della Ricordi, con un esordio non proprio felice, una serie di 45 giri passati praticamente inosservati. Quando però il giovane cantante affida a Mina un suo pezzo, “Il cielo in una stanza”, il successo arriva fragoroso e non lo abbandonerà più. Andandosi a intrecciare con una serie di vicende sentimentali e private che hanno fatto molto scalpore, a partire dal legame con Stefania Sandrelli, iniziato nel 1962 e contrastato con grande forza dall’opinione pubblica per la minore età dell’attrice, oltre che per il precedente matrimonio di Paoli.



L’anno successivo è un anno che lo vede all’apice dal punto di vista commerciale, con il grande successo di “Sapore di sale”, ma anche caratterizzato dal suo tentativo di suicidio, spia di un malessere che non lo abbandonerà per molto tempo. Negli anni a seguire, il suo successo scema sino ad annullarsi del tutto e le difficoltà che si sommano, lo spingono a una dipendenza da droga e alcool da cui faticherà a riprendersi. Paradossalmente, il periodo di scarsa fortuna diventa una fortuna per lui, in quanto ricomincia a suonare in piccoli locali e a cercare di perfezionare il suo modo di cantare, facendolo diventare del tutto personale. Anche la sua produzione artistica si fa più matura, anche se non riesce a incontrare i favori di un pubblico che sembra avergli voltato le spalle in maniera pressoché definitiva.



Come se n’è andato, però, il grande successo torna all’improvviso, nel corso del 1984, quando “Una lunga storia d’amore”, composta per il film “Una donna allo specchio” in cui recita Stefania Sandrelli, lo riporta alla ribalta. Nel 1985 dà vita a una tournèe con Ornella Vanoni, sua vecchia fiamma degli anni d’oro, dalla quale viene tratto l’album “Insieme”, che scala le classifiche di vendita. Il successo viene ulteriormente rinvigorito da brani come “Cosa farò da grande” e “Questione di sopravvivenza”, scritti tra il 1986 e il 1988.

La fine degli anni ’80 è anche caratterizzata dal suo impegno in politica, nelle file del PCI, partito cui è sempre stato idealmente vicino e con il quale viene eletto in Parlamento, anche se poi si iscrive al Gruppo degli Indipendenti di Sinistra. Impegno che viene confermato con l’incarico ricoperto presso il comune di Arenzano, come Assessore alla Cultura, che lo vede anche impegnato in furibonde battaglie con un consigliere della Lega Nord, Enrico Zerbo.

Nel 1991 il suo nuovo momento magico viene confermato da “Matto come un gatto”, album che viene letteralmente trascinato in alto da “Quattro amici al bar”, che vince l’edizione annuale del Festivalbar. Proprio questo può essere considerato l’apice della sua lunghissima carriera, che negli anni successivi osserva una nuova fase di stasi tra alti e bassi. Nel corso dei quali, riesce però a tornare a Sanremo, nella edizione del 2002, quando con il brano “Un altro amore”, conferma la sua statura di assoluto fuoriclasse, arrivando al terzo posto finale e vincendo il premio della critica specializzata per il miglior testo.

Nel panorama artistico italiano, Gino Paoli può essere considerato un vero e proprio caso a parte. Il suo modo di cantare e di comporre, infatti, ha rappresentato all’inizio degli anni ’60 una vera e propria rottura con la tradizione melodica che in quegli anni era il timbro di fabbrica della produzione tricolore. In linea appunto con quanto portato avanti in quel periodo dalla scuola genovese, ma non solo. Oltre alle canzoni da lui interpretate, vanno ricordate le tante scritte per artisti del calibro di Mina, Ornella Vanoni, Luigi Tenco, Gianni Morandi, Franco Battiato, Patty Pravo e Marco Masini.

Una attività artistica che si è intrecciata con vicende di carattere personale spesso clamorose e che hanno profondamente segnato la sua vita, se solo si pensa che Gino Paoli vive ormai dal 1963 con un proiettile nel pericardio, ricordo del tentativo di suicidio di cui è stato protagonista. Vicende che non gli hanno comunque impedito di proporsi come uno dei migliori interpreti nella storia della musica d’autore del nostro Paese.