Nel 2005 usciva Prime, in cui una bella fotografa trentasettenne si innamorava di un pittore appena uscito dal college. Il tema dellamore (possibile o impossibile?) tra una donna matura e un ventenne torna nella commedia romantica 20 anni di meno, diretta da David Moreau, che confeziona in maniera impeccabile una storia a metà tra cinema francese e film hollywoodiano. La bella Virginie Efira interpreta Alice, 38 anni, una donna (e madre) in carriera parigina che lavora per una rivista di moda. Durante un volo turbolento dal Brasile a Parigi incontra Balthazar (Pierre Niney, già visto in Emotivi anonimi), uno studente ventenne che vive con il padre dongiovanni e che non resta indifferente al fascino della bionda seduta accanto a lui.
Alice non lo degnerebbe mai delle sue attenzioni, probabilmente, se non si trovasse nel bel mezzo di una crisi professionale: deve dimostrare al capo di essere ancora sulla cresta dellonda, e quale modo migliore di liberarsi dallimmagine della borghese complessata che frequentare un toy-boy? Complice una foto su Twitter che diffonde il pettegolezzo, in redazione si sparge la notizia di una relazione tra Alice e uno studente e il capo comincia a guardarla con occhi diversi. Non è più letà ad avere importanza: sono latteggiamento, il modo di vestire e di affrontare gli altri gli elementi che cambiano limmagine della donna nella società moderna.
Se lo sfondo richiama il glamour e i meccanismi de Il Diavolo veste Prada e la struttura è tipica della commedia romantica (un equivoco che mette a rischio la storia damore, risolto con una dichiarazione in grande stile), il film è tuttaltro che banale. Parigi, con il suo fascino elegante tra photo shooting e mostre darte, sostituisce il classico scenario newyorkese, mentre i protagonisti affascinano con la loro bravura. Imprigionati nelle convenzioni sociali e negli stereotipi di cui la gente si nutre, Alice e Balthazar scoprono di avere più cose in comune del previsto, a dispetto della differenza di età e di esperienza.
Grazie al ritmo veloce e alle battute calzanti, la commedia diverte e fa riflettere, sfoggiando un’ironia sottile e una costruzione attenta dei personaggi. Balthazar, incasinato, ingenuo e coraggioso, è coerente nel suo innamoramento e tenero nel suo tentativo di conquistare una donna inizialmente rigida e scontrosa. Alice, a sua volta, si scioglie in modo credibile, non forzato, arrivando a comprendere che la felicità e la libertà si conquistano grazie all’amore – e non importa se le premesse sono diverse da come ci si immaginava.
Spesso siamo noi a imporci delle costrizioni e dei ruoli, privandoci della possibilità di riscoprire noi stessi e le nostre potenzialità. È questo il messaggio del film, che prende come pretesto il tema attuale delle coppie con una cospicua differenza d’età per ragionare sull’importanza di essere spontanei, in un mondo dominato dall’ipocrisia e dall’omologazione. Balthazar non è diverso perché è giovane, ma perché è libero. Non gli interessa apparire “cool”, né finge di apprezzare le opere d’arte che considera ridicole. Dimostra una sensibilità e una correttezza che sembrano quasi antiche, e un’onestà rara che lo rende “strano” agli occhi delle coetanee smaliziate, ma affascinante a quelli di Alice.
Anche se alcuni snodi sono prevedibili, l’happy ending non è scontato. È difficile compiere delle scelte anticonvenzionali, intraprendere delle azioni controcorrente in grado però di rendere migliore la nostra esistenza. Qualcuno potrebbe obiettare che il modello americano prevale sulla sofisticata tradizione francese, ma nel vuoto cosmico delle commedie romantiche non banali, il film di Moreau rappresenta a mio parere una piacevole sorpresa.