Anche questa settimana la puntata di Chi l’ha visto? si protrae più a lungo dando spazio al racconto di storie che hanno invaso la cronaca nera e che sono state da anni protagoniste della trasmissione. Ancora una volta al centro delle Storie di Chi l’ha visto? c’è il caso di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori con tutti i suoi clamorosi recenti sviluppi. Federica Sciarelli presenta ospiti in studio Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e la genetista dottoressa Marina Baldi consulente della famiglia per quanto riguarda l’analisi del flauto fatto ritrovare recentemente da Marco Accetti, losco e misterioso fotografo. Importante nella storia di quest’uomo è la condanna ricevuta per aver investito un bambino di dodici anni, Josè, che abitava all’EUR e fu ritrovato morto sulla strada che va a Ostia. Si pensa ci fosse un collegamento tra la morte di Josè e la sparizione di Emanuela e Mirella che avvenne nello stesso anno, il fatidico 1983. Certo è che la figura di quest’uomo risulta alquanto inquietante come fanno notare anche molti telespettatori che hanno analizzato i lavori dell’uomo presenti sl suo sito mettendo in evidenza alcune foto e alcuni spezzoni di suoi film davvero allarmanti con dei riferimenti strani alle storie raccontate. La morte del piccolo Josè viene descritta in un commovente servizio in cui è stata intervistata anche la mamma, che ora vive in Uruguay. Il bambino aveva dodici anni ed era qualche giorno prima di Natale quando decise di andarsi a tagliare i capelli per fare una sorpresa alla mamma. Qualche ora dopo è proprio la madre a essere avvisata del ritrovamento del cadavere del figlio a Ostia. Risulta ancora oggi inspiegabile come il ragazzino sia arrivato così distante da casa ed è forte la rabbia dei familiari e dell’ambasciatore che allora seguì il caso. Marco Accetti fu condannato per omicidio colposo, ma non per il rapimento di Josè, anche se fu arrestato sporco di sangue e sotto le unghie del bambino furono trovate tracce di sangue mai analizzate. All’epoca l’uomo nei tre gradi di giudizio aveva sempre negato di essere sceso dall’auto, ma invece oggi ai microfoni di Chi l’ha visto? ha dato un’altra versione dichiarando di aver toccato il bambino per constatare il decesso. Molte segnalazioni sull’uomo sono arrivate in trasmissione in merito alla sua abitudine di avvicinare le ragazzine per strada proponendo servizi fotografici. Viene mandata in onda la testimonianza di due donne, ragazzine all’epoca, che raccontano il comportamento dell’uomo. In studio la genetista chiarisce come è stato analizzato il flauto e nonostante le analisi non siano terminate indiscrezioni dicono che purtroppo non vi è stato trovato il DNA di Emanuela.Nel 1990 moriva don Amos Barigazzi, ucciso con un colpo di fucile nel garage della sua parrocchia. Qualche settimana fa la trasmissione si era occupata del suo caso, e Federica Sciarelli comunica che dopo allora è arrivata una lettera anonima in cui si specifica che il parroco aveva avvicinato dei ragazzini e per questo era stata fatta giustizia. Nel servizio del mese scorso la sua morte era stata messa in relazione con una storia d’amore nata in parrocchia tra una donna del paese e un ex detenuto che don Amos aveva accolto per la riabilitazione. Sembrava che il parroco avesse avuto una certa ossessione per quel ragazzo e si era opposto in tutti i modi al matrimonio tra i due. Invece dopo quella ricostruzione un anonimo in una lettera ha descritto una pista diversa, scrivendo al magistrato che si occupa del caso di andare a verificare il motivo per il quale il prete era stato trasferito dalla parrocchia precedente. Dopo varie indagini d un interrogatorio al vicario dell’epoca è saltato fuori che fu trasferito in seguito a una serie di lamentele e non per una sua richiesta.
Viene intervistato in merito anche un frate che da piccolo era stato portato da lui perché lo “guarisse” dalla malattia dell’omosessualità, ma che con lui ebbe invece un rapporto sessuale. Nella lettera anonima vengono indicati una serie di indizi ad avvalorare l’ipotesi che a uccidere don Amos sia stato il padre di qualche ragazzino molestato e che l’abbia fatto in perfetto stile meridionale con tanto di lupara a canne mozze. Certo la presunta omosessualità del parroco sembra evincersi chiaramente dalle pagine del suo diario, ma le sorelle che oggi chiedono giustizia le considerano solo accuse infamanti.