L’età dell’innocenza. Ma per chi? Michele Santoro, nel suo cappello introduttivo a Servizio Pubblico di ieri sera 16 maggio, ha commentato i fatti di Brescia dello scorso sabato. Il tema centrale della questione rimane sempre la persona di Silvio Berlusconi con tutte le questioni giudiziarie che si porta appresso da vent’anni. Se tutto quanto successo al Presidente, fosse acceduto negli Stati Uniti, non saremmo giunti a questo punto. La vicenda che vide coinvolto Bill Clinton e Monica Lewinsky venne cassato da un’opinione pubblica che fece quadrato attorno a una visione morale univoca. Clinton dovette lasciare con il prestigio personale distrutto. Ma questo è accaduto in America. Da noi, ha proseguito Santoro, si arriva a invocare i diritti della persona, pur di scagionare i reati di un uomo sicuro di poter sistemare tutto con sontuosi bonifici bancari. Una parte di italiani è convinta che uno, a casa sua, possa sempre fare quello che vuole, se ne ha le facoltà. Allora, perché scandalizzarsi così tanto se ad Arcore si faceva il bunga bunga con delle minorenni e se un uomo di sessant’anni intratteneva rapporti sessuali con ragazze che potevano essere sue figlie quando non nipoti? Come fate a non capire? Gridavano i giovani ai vecchi, per le strade di Brescia mentre la protesta infuriava. Dopo quanto accaduto, l’incubo sembra sempre di più senza via d’uscita, quando in troppi ancora si barricano dietro il fantasma della libertà, dato che ormai così sembra essere. Meno male che Marina c’è! Ha affermato il conduttore riprendendo il refrain dell’inno del Pdl. Marina Berlusconi, nel nome del padre, si è trasformata in uno strenuo difensore dei diritti personali. Ma qual’è il nodo del problema? Semplice. Se Berlusconi dovesse cadere, cadrebbe l’intero partito che si fonda sulla sua persona. Fallirebbe un sistema che ha garantito e garantisce l’interesse privato. Le parole usate da Giuliano Ferrara per commentare la requisitoria di Ilda Boccassini hanno evidenziato il dramma della situazione. Il giornalista, intervistato fuori onda, ha definito i toni impiegati dalla Pm milanese, macchiati di invidia e sipirito voyeuristico. Secondo lui, è normale che chi socialmente non si può permettere gli svaghi sessuali di un uomo come Berlusconi provi del rancore. I regali che si vorrebbero ricevere, ma puntualmente finiscono ad altri, accendono rancori che sfociano nella vendetta ingiustificata. Poi c’è il problema della libertà, ha aggiunto Ferrara. Chi ama la vita e i piaceri come noi, ha proseguito, non può essere sottoposto al giudizio di una morale talebana fatta di divieti e proibizioni. La morale talebana è quella che sfoderano coloro che vivono da frustrati perché economicamente falliti. Se il processo di Milano dovesse finire con una condanna a danni di Berlusconi per istigazione alla prostituzione minorile e concussione, saremmo alla fine della democrazia e alla negazione dei diritti personali. Quanto la morale pesa nel giudizio che diamo su una persona? la domanda che Santoro ha rivolto ai due ospiti in studio, Marco Travaglio e Daniela Santanché, chiamati a un confronto testa a testa. Da parte mia non sono fermamente convinto della colpevolezza di Berlusconi tanto quanto la Santanché e Ferrara sono convinti della sua innocenza, ha esordito Travaglio puntualizzando la sua posizione. Saranno i giudici a fare il loro lavoro, dato che in quel mare di carte che è un processo, sanno muoversi con professionalità, ha aggiunto dimostrando fiducia in quella magistratura che, al contrario, molti vorrebbero demolire dopo avere delegittimato. La questione, come ha fatto intendere, che la persona alla sbarra per rispondere dei festini che organizzava come amante del burlesque e delle ragazze giovani, è lo stesso che nel 2001/2002 ha depenalizzato il reato di falso in bilancio definendolo una virtù piuttosto che un vizio. E poi, sempre Travaglio, non dimentichiamo che le leggi che hanno indurito le condanne nei confronti dei reati di prostituzione e annessi, sono state emanate dietro proposta di onorevoli appartenenti al Pdl come Prestigiacomo e Carfagna. I pacchetti sicurezza per rendere le città più sicure, sono un prodotto dei governi Berlusconi. Perché non si è garantito l’impunità, viste le sue abitudini sessuali, abbassando l’età maggioritaria sotto i diciotto anni per meglio fruire delle ragazze come voleva? Invece, il Presidente si è presentato a giudizio col muso duro. Col piglio del moralizzatore difensore delle famiglie e di quanto di più tradizionale. Ecco perché l’artefice del complotto che tanto viene sbandierato, non può altro essere che lui stesso, inguaiatosi da solo a causa di cene e dopo cena con giochi e lap dance. Conclusione dura quella di Travaglio anche se con un forte fondo giornalistico.
Daniela Santanché ha esordito ringraziando Michele Santoro per i servizi mandati in onda sui disordini di Brescia affermando che loro sono diversi quando manifestano perché non insultano, non picchiano e lanciano pietre, non bruciano le bandiere degli avversari politici. La loro differenza è questione di stile. Poi è passata al processo Ruby, come ormai viene chiamato domandando dove era la vittima di tutte quei presunti abusi. Per contrastare Travaglio, ha affermato che se lui come giornalista vive di certezze, lei è tormentata dai dubbi. Ma che non si sarebbe presentata davanti alle telecamere se non avesse avuto la certezza della pulizia e dell’innocenza del suo Presidente, colpevole di innocenti e di rispettosi affetti, piuttosto che latore di laide proposte. Nessuna delle ragazze che avrebbero subito violenza si è presentata in aula. Come andrà a finire?