Lo studio di Servizio pubblico accende i riflettori con grandi aspettative, soprattutto per la scaletta in cui spicca Paolo Becchi – docente di filosofia del diritto allUniversità di Genova e simpatizzante del Movimento 5 stelle -, finito al centro di numerose critiche a causa della dichiarazione rilasciata alla Zanzara, circa la nomina di un banchiere (Saccomanni) a ministro dellEconomia: «se poi qualcheduno – sto scherzando – prende i fucili, poi non lamentiamoci. Michele Santoro apre le porte ai telespettatori sulle note de Gli spari sopra di Vasco Rossi, ricordando il titolo del volantino apparso in Val di Susa che inneggia allattentato di Palazzo Chigi e incita ad altre violenze. Per Santoro, gli spari rivolti al nemico si ritorcono contro tutti, anche addosso a chi si professa innocente.

Dopo che il servizio dapertura ha mostrato tre spaccati del malcontento e del disagio del Paese, dalla retorica anticasta dei giovani fuori dal Parlamento al degrado sociale di Rosarno (paese di Preiti), dove alcuni condividono il gesto del criminale, fino a unagenzia interinale in cui un giovane cerca lavoro, la parola è del professor Becchi. Lex presunto ideologo del Movimento 5 stelle smussa gli angoli affilati della polemica che lha travolto, costringendo Grillo e i capigruppo del Movimento a scaricarlo: «Io stavo scherzando. Santoro incalza: «E dovè lo scherzo? «I giornali hanno riportato male, io volevo mettere in evidenza un pericolo; e certo chiedere perché scherzare sui fucili a pochi giorni da un attentato, nel clima di disagio che regna, avrebbe arricchito la spiegazione di Becchi.

Gli spari di Preiti restano il sottofondo incalzante di tutta la serata, anche quando tocca a Sallusti e Travaglio pronunciarsi in merito: il direttore del Giornale (che parlando praticamente sintetizza il pensiero di Vespa e di Alessandra Mussolini scambiato via twitter qualche giorno fa) dice che Preiti in un altro Paese sarebbe stato abbattuto e – forse – sarebbe stata la logica di reazione più comprensibile da parte dei carabinieri; subito dopo, Sallusti si scaglia contro Becchi, imputando al grillismo una retorica che incita i «cretini alla violenza. Invece, Travaglio cerca di inquadrare la necessità di offrire spazi di dissenso democratici, oltre a invitare la politica a una rinascita della legalità in paesi come Rosarno, che combatta il caporalato e il lavoro nero. E il sindaco della città calabrese, presente in studio, conferma la gravità della situazione presentata dal servizio, in un territorio vittima anche di pregiudizi. Dopo il sindaco di Rosarno è il turno di Sergio Cofferati, un ornamento depoca del Pd, che ispira lotte di classe di unepoca ormai passata; lex sindaco di Bologna, oltre a condannare con fermezza lattentato di Preiti, invita a non dimenticare il lavoro povero, la fascia di stipendiati che – seppure percepiscono una retribuzione – non riescono a superare la soglia di povertà.

Locchio di Servizio Pubblico si sposta per le strade romane, in particolare sulla Tiburtina, dove fabbriche dismesse hanno lasciato il posto a una Las Vegas del nostro Paese, tutta neon e slot machine, mentre centinaia di persone bruciano soldi nelle macchine infernali dei monopoli di Stato. Le persone intervistate sfogano la disperazione della dipendenza dal gioco dazzardo, «peggiore della droga, benché la richiesta di tutele e di interventi dello Stato conferma la strana convinzione per cui, a fronte del continuo discredito delle sorgenti di valori della nostra cultura, sinvoca invece un (super) ruolo delle istituzioni improprio e – anzi – potenzialmente pericoloso.

Il monologo di Travaglio traccia la cronaca dell’intesa fra centrodestra e centrosinistra, che secondo l’ossuto giornalista torinese sarebbe il frutto di un inciucio durato vent’anni, non come fra fascisti e anti-fascisti, dove i due schieramenti si sono contrapposti duramente. La cantilena del taccuino prosegue, ma con una nota stonata: il riferimento di Enrico Letta all’episodio di Davide e Golia è interpretato da Travaglio come la sfida destra-sinistra, mentre il neopresidente del Consiglio ha fatto riferimento alle grandi sfide che attendono l’Italia.

Quando l’Inquisitore della Mole ripone il taccuino di guerra, Sallusti può ricordargli che Dario Fo ed Eugenio Scalfari erano repubblichini poi convertiti all’antifascismo, un fatto che concede un punto a una tesi famosa di Churchill: «Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano». Il direttore del Giornale si prende qualche minuto anche per dire che accostare la nuova alleanza di governo solo all’inciucio, che evoca lo sporco da sottobanco della politica, porta una visione limitata.

Quando Sallusti termina il pensiero, Santoro lo stuzzica sul possibile “fold” del centrodestra se Berlusconi dovesse subire una condanna e, di fronte alla risposta affermativa del giornalista, anche Travaglio si lancia nella mischia insieme a Becchi sollevando gli scudi sulla Costituzione, «ridotta a uno straccio» secondo il professore, che tuttavia ha il merito di porre – seppure con tesi “particolari” di strapotere italiano in Europa – un nuovo piano di osservazione, ossia la discussione ai tavoli europei circa la crescita. E quando Travaglio si permette uno sbuffo nei confronti dell’euro, Santoro lo redarguisce, portando come esempio la volatilità dei mercati verso le affermazioni dubitative sulla moneta unica.

L’ultima parte della trasmissione è sempre dedicata all’attentato di Palazzo Chigi, nel tentativo di contrapposizione fra “vittime e carnefici”, come sottolinea Santoro («c’è quasi la convinzione che le forze dell’ordine non proteggano tutti, ma solo i privilegiati»), che in fondo si risolve sempre in una nuova avversione verso la “casta”. E anche Enzo, il disoccupato, e l’intervista all’ex moglie di Preiti, non fanno altro che alzare la caratura dell’attacco.

La puntata si conclude con la lista dei sottosegretari al governo appena nominati, con Travaglio che la scansiona per trovare tracce di avvisi di garanzia e parentele, mentre l’economista Dragoni boccia Becchi in economia: sbagliata la cifra annuale sul Fiscal compact (45 miliardi, non 100000) e sulla definizione della Banca d’Italia quale soggetto di diritto privato, mentre è di proprietà dello Stato.

Il bilancio del talk-show è in pari, poiché seppur i servizi rischiano di trasportare il telespettatore verso la monotona retorica anticasta, alcuni interventi in studio, anche dello stesso Santoro, riportano il pubblico verso le ragioni politiche della grande intesa. Un Travaglio spento e male abbinato esteticamente toglie sale alla puntata, mentre Sallusti predica nel deserto un po’ del senso dell’accordo fra i due partiti più votati.